È TANTO TEMPO FernandoMarchiori Il cielo è il cielo alto e lungo dell'estate che arriva, ma qui l'azzurro non è mai sfacciato. Certe ore pare uno sfondo del Giorgione, a Castelfranco, o di Cima da Conegliano. Fortuna che non piove. La casa di Giulio è più inoltrata di quanto immaginavo, è lunga, bianca, un po' scrostata, e il resto è tutto verde, tranne il tetto. E lacanèva, anche. Giulio mi ha già visto, non ho cambiato macchina; tiene il cane con un braccio e mi saluta con l'altro. È tanto tempo. Quando mi guarda è forse un po' ingrassato, o invecchiato, non so, sono le cose che si dicono. Magari lui è ringiovanito a starsene qui. - Piano - dice portandomi di sopra, - occhio ai gradini, la scala è ballerina. Sai, il vecchio ormai ci veniva solo per le folaghe. Mi ha preparato un letto grande grande, con la testiera intarsiata e il peretto di porcellana. Passo la mano sopra il marmo rosa del comò e non mi pare vero. I muri bianchi di calce. Alla fmestra si allunga il tramonto. - Ti dovrai adattare, - mi dice. - I materassi sono di gregna. - Oh, andrà benissimo, non preoccuparti - lo rassicuro raggiungendolo al balcone. - Vedi? -Mi indica fuori verso il rosso. - Lì c'erano i salici, lungo tutto il fosso. Se venivi una settimana fa li ·vedevi ancora. Ci avevano impiccato mio zio, il fratello di mio padre, e altri due. - Partigiani? -Quei due sì. Mio zio li aveva nascosti nel granaio. Seguo il fosso fmo a dove curva. C'è un pioppeto sulla destra e poi campi. Verde chiaro a perdita d'occhio. - E perché li hai tagliati? - domando risalendo il fosso. -Erano marci, tutti mangiati dalle bestie. Rischiavano di cadere. - Mi guarda, - Ma tu preparati, adesso, io cucino qualcosa, avrai fame. - Sì - ammetto sorridendogli. E mentre lui scende io guardo l' acqua ferma, le sei scarpe nere in fila, i salici, la scia dell'aereo che passa un palmo sopra il ramo più alto. Quando la scia si è dissolta del tutto è già scuro, tiro le cortine, scendo giù. Seguo i percorsi di tutti quelli prima di me, camminando dove il cotto è più consumato, come tra la credenza e la tavola, davanti alla stufa di ghisa, specie dove c'è il cerchio più grande, e dalle porte alle finestre, attorno alla tavola. Bianca la maglia, bianca la tovaglia. Quando rompo l'uovo appena un po' indurito sopra le punte ancora verdognole degli asparagi, c'è mia madre nel vapore. La cera cola piano lungo i bracci del candelabro. Il cane non abbaia più. - Un brindisi ai tuoi pensieri! - La voce di Giulio è calma, come i suoi gesti mentre mi versa da bere. - Eh, quelli sono molto più agri del tuo vino -confesso alzando il calice. - Pensavo al silenzio, e che per fortuna ci sei tu a coltivarlo ancora. La gente ne ha paura. - Già, c'è sempre qualcosa in agguato, nel silenzio, non è facile affrontarlo. - Riprende a inzuppare la mollica. - O forse no, forse non ci sono agguati, e non c'è nulla da affrontare. Certe cose vengono loro a noi e si può anche lasciarle entrare, semplicemente, si può ascoltare ... Ascolto.L'orologio a muro, la brezza nel pioppeto, Clara che ride, che parla. Il fuoco mangia lo stoppino. Una macchina da arare, lontano. Assurdo lavorare la terra di notte, coi fari. Come dièeva sempre un vecchio al mio paese: - Qui si va avanti vangando - dichiaro, e poi sorrido. - Come? - dice Giulio sorpreso. - Sì, chi vanga la terra va avanti andando indietro, e volta le spalle alla meta e gira e rompe quel che ha sotto i piedi. · - Bella questa! Ma non eri uscito dall'incubo della storia? - La storia, la storia ... Il passato, il mio, il tuo, non è la storia. Ce lo portiamo dentro, e tu lo sai. - Mah, io non so più niente, altro che. - Beh, neanch'io, se è per questo. Però non posso smettere di scavare ... - Di vangare! - mi corregge sorridendo. - Già, di vangare - e ridiamo insieme. - Toh, tieni, bevi un'altra ombra e poi dormiamoci sopra. Il giorno dopo facciamo un bel giro in bicicletta. Pedaliamo su stradine di ghlaia che schizza da sotto le ruote, su argini di fossi scuri, pigri. -Guarda là, in fondo ai salgàri - mi dice Giulio. Un uomo curvo, cappello di paglia e· bastone, cammina sotto i salici. - Quello è Bisiolo - mi spiega. - Andrà a funghi. - Lo conosci? -Bisiolo? E chi non lo conosce! È un personaggio, qui. Pensa che una volta erano otto fratelli e lavoravano tutta la terra dal ponte di ferro fin quasi al paese. Più di quaranta campi. E lui è andato per vent'anni, ogni anno, dalla Madonna del Caravaggio, col cavallo, per ringraziarla di averli liberati da una disgrazia, ché un~ vecchi:i. aveva stregato la casa e trovavano sempre le cose spostate, anche i mobili, e il grano in cucina, e le sedie in granaio, e non sapevano come. - E era vero? - domando incredulo. - Cosa vuoi che ti dica? - mi risponde aprendo le braccia. - Per loro era vero, solo questo conta. Una nuvola si contorce sopra le nostre teste, grigia, pesante. Torniamo in fretta ché comincia a piovere. - Prendiamo la scorciatoia - grida Giulio che pedala davanti. Andiamo più forte, il manubrio vibra tra le mani. Piova, piova vien, che te vojo tanto ben. Si alza l'odore della terra bagnata, si mescola a quello dell'erba falciata. Il sentiero corre diritto, perpendicolare ai filari delle vigne. - Te ne vai già via? - mi chiede Giulio quando sono a metà scala, sul pianerottolo, con la borsa in mano. - Pensavo che restassi ancora qualche giorno. -Scusami, Giulio - gli dico piano mentre scendo l'altra rampa delle scale, - lo pensavo anch'io, ma devo andarmene. - Cosa succede? Cosa succede?Io che sono qui, mi sento che tutto pende, intorno, succede che tutto crolla, giù, giù, dei muri bianchi vedo solo la muffa sugli angoli, le giornate che si allungano, come si fa?Tutto pulsa, abbaia, il cane abbaia, pulsa nelle tempie, come faccio? - Cosa credevi di trovare qui? Cos'è che cerchi sempre? Pensi ancora che c'è un posto, da qualche parte, dove vanno a finire i giorni che passano? - No, certo, lo so ... l'ho capita anch'io ... -E allora? - Allora ... niente. È che devo andare, sento che mi stanno aspettando. - E se invece quando arrivi non c'è nessuno che ti aspetta? - Aspetterò io. -Sei sempre lo stesso! Ti muovi solo per rincorrere e ti fermi sempre ad aspettare. Il passato, il futuro ... Ma non capisci che la vita è questa che vivi? Non cc n'è altre. - Sì, dev'essere così. Adesso però devo proprio andare, mi aspettano ... - E mentre lo abbraccio mi accorgo allo specchio che potrei, se solo lo volessi, pugnalarlo alla schiena. 103
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