pii ben presto. Tu che non eri capace di rivoltare la manica del tuo giubbetto, non volevi prospettarti la possibilità di riuscire in una simile impresa. Quando te ne parlavo, reagivi con un moto istintivo di ripudio e lasciavi cadere il libro che poco prima abbrancavi con le tue mani: "Non sono capace, non ci riesco''; sibilavi, tirandoti indietro. Forse pensavi, che se imparavi a leggere, non avresti più disposto così a buon mercato di un lettore, di un adulto, cioè, che ti tenesse al fianco e scambiasse con te non solo parole, ma sentimenti, sogni ed emozioni. Non avresti cioè potuto godere né giustificare la presenza di un adulto che ti guardasse negli occhi e ti regalasse, senza ricatti, un po' del suo tempo e della sua vita. Perciò non mi sorprese la tua risposta, quando ti domandai se non fosse più conveniente per te imparare a leggere, per goderti i libri e le storie anche quando non ci sarei più stato io a raccontartele. Mi dicesti tutto serio: "Ma tu non morirai mica tanto presto!" A sei anni ragionavi già i'n termini di morte e J,JOn lasciavi scampo a chi ti stava ad ascoltare. • Ti risposi che avevi ragione, che certo non sarei morto tanto presto, e che potevi contare ancora a lungo sulle mie letture e sui Foto di Uliano Lucas(Grazia Neri). STORIE/PIETROSI NO viaggi oltre la vita con me partecipe e vicino. Ogni venerdì insaccavi a profusione libri e giornalini nella tua cartella, priva peraltro d'ogni altro attrezzo o parvenza da scolaro. E tuo padre, regolarmente, tentava di svuotartèla. "Signor maestro, è inutile. Tanto non sa leggere e strappa le pagine". "E lei gliele lasci strappare. Ho molto nastro adesivo in classe. Perché non prova a leggergliela lei qualche pagina?" "Non ho il tempo, si figuri. E poi non sta attento. Vuole solo giocare". Io però non mi riprendevo indietro nemmeno uno dei libri che inzeppavano la tua cartella. Ti aiutavo anzi a richiuderla per bene e gliela caricavo sul braccio di tuo padre, che mi guardava sconcertato e mi assecondava, soltanto perché ero il tuo maestro e confidava che ti avrei "svegliato", insegnandoti prima o poi a conoscere le letterine e a decifrare. Sapevo che quei libri sarebbero rimasti nella tua cartella il sabato e la domenica e che me li avresti riconsegnati il lunedì mattina, impregnati di stantìo e dei lievi effluvi delle tue merendine. II messaggio di fine settimana era cioè stato vano, dimenticato nel chiuso come una invocazione inascoltata. Lo riprendevo io, regolarmente, e per qualche giorno lo sfogliavamo insieme: quanto bastava per tenere desta la speranza di fine settimana e la voglia 101
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