Linea d'ombra - anno VII - n. 36 - marzo 1989

LA PREDICAZIONE DI DON MILANI Temi e problemi di un'esperienza religiosa del nostro tempo Michele Ranchetti Desidero esporre alcune tesi. Esse sono formulate sullabase della lettura di testi di don Milani. Non intendo valermi, almeno in modo diretto, della memoria di alcune conversazioni che ho avuto con lui. Queste tesi, nel senso medioevaledel termine - cioè di asserzionida discutere, offerte alla discussioneperché se ne provi la verità o l'errore - non hannoqui un riferimentopreciso alla pagina che le ha suggerite: non sono, quindi, frasi tolte da un contesto o immediatamente riferibili a un passo dei suoi scritti: sono, piuttosto,asserzioni che mi sembra si possanoriconoscerepresenti,alcune inmodoesplicito,altre comeconseguenze di asserzioniprecedenti nel corso delpensiero e dell' esperienza religiosadi LorenzoMilani. La formaespositiva-di tesi, appunto - ne accentua il carattere assertorio,ma non è questo carattere che io vorrei suggerire per esse: a me sembrano,al contrario dell'apparente apoditticità, momenti teorici presenti, e quindi riconoscibili, nell'opera,di Milani e soprattutto nell'opera scritta. Desidero distinguere, nell'esposizione, tesi vere e proprie e conseguenze.Una terza serieconterrà, in formaun poco piùespositiva, alcuni corollari,sorta di osservazionidi caratteremenoassertorio. A) I) IlpropriodellapredicazionediMilanista nel nonpresupporre ed anzi nell'escludere qualsiasi "mediazione".Fra chi parla (e quindi fra Milani) e chi lo ascoltava (e ora lo legge) non vi è al- . cun elementoche possa o debba "mediare" la sua parola o il suo scritto.Non ha particolare rilevanza vederequali, per solito, sianoopossanoesserele"mediazioni", seculturali,storiche,religiose, o d'altro ordine: sta di fatto che, per lui, nulla si frapponefra chi parla e chi ascolta. Unesempiodiquesto- machepuòrivestireanch'esso la forma di una tesi - è che in Milani non vi sono "citazioni" o "riferimenti"; non vi è alcun uso di fonti o di "auctoritates": Milani parla e scrive"come se" egli fosse autorizzatoa parlare, indipendentementedall'uso di fonti o di auctoritates,buone e certe, come se non avesse rilievo alcuno, anzi non avesse sensoalcuno, il riferirsi al pensierodi questo o quell'autore, sacro o profano.Fra Milani e il suo dire, non vi è dunque la mediazione di autori che hanno pensato e detto in precedenza; egli non fa i conti con filosofi od esegeti: "il pensiero di" - e può essere anche il pensiero di un interprete, non solo di un cosiddetto "pensatore originale"-, per lui è come se non esistesse.Questo naturalmentenon si deve confonderecon sprezzo di cultura, o assenza di informazione storicaoesegetica:è, al contrario, il caratteredellasuascrittura. Ma è uncaratterecosì evidente da passare inosservato,mentre, secondome, si deve anche a questocarattere della sua parola la sua forza liberante. II)L'autorizzazione a parlarederivainMilanidalla"vocazione" e solo da essa. Solo chi è "vocatus" riceve la parola. Di conseguenza, egli non parla di qualcosa e di qualcuno e neppure"in nome di", inmodoesplicito,ma sempre,sia che lo voglia siache, per assurdo,nonvoglia,parla "in nomedellachiamata"che loautorizza a parlare, per la quale egli ha avuto il dono della parola. sa La chiesa di Sant'Andrea di Barbiana. Egli è divenuto,così, letteralmente,profeta, di qualsiasicosaegli parlaeproprioper non invocarenessunaauctoritasa confermadel suo dire. • III) Ma la parolache egli ha ricevutoè solo, e nonpuò nonessere la Parola.E questa parola si è fatta scrittura, che è anch'essa solamenteScrittura.Fra Parola e Scrittura non v'è differentia. Infatti, la Rivelazioneriguarda, per Milani, direi meglio occupa tutta la parola, ogni singola parola, perché la incarnazione del Verbo non è relativa ma assoluta, IV) Se questoè vero, per Milani non vi è alcuna esegesi specifica (nel sensodi interpretazionedi testi sacri) così comenonvi è alcunaspecificaermeneutica:ma,sipotrebbedire, "esegesie ermeneutica"sonoriconoscibili,megliosono iscritte indissolubilmente nella lingua - come tale -, cioè nella parola-scrittura o Parola-Scritturache egli è stato chiamato a diffondere. V) Conseguenzadi questo, l'istruzione linguistica cheMilani riterrà suo compito precipuo non distinguerà entro di sé un'esegesi da una grammatica (una lingua sacra da una lingua profana). VI) Infatti, il sapere - come si esprime nella lingua - è un sapere "unitario" ed è, esso tutto, sapere di Dio, cioè che appartiene a Dio.Non quindi, un saperecome, quando Dio sia. ma nel senso dell'attributo che non può non essere che di quel soggetto unico e che di per sé non ha alcun significato.Fuori del saperedi Dio (parola-scrittura)non vi è sapere;oppure, che è lo stesso,non vi è altro sapere così come non vi è sapere d'altro da Dio. VII) Tutto questo è implicito, in Milani, ma può esserneuna confermae silentio,che egli nonparli mai di Dio, che non vi siano abbozzi,in lui, di "discipline sacre", neppuredi parti delle tradizionalidistinzionidel discorso teologico.Che non vi sia, a me

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