struite comode rappresentazioniretoriche "post mortem": è proprio veroche finoali' etàdi 24 anni era analfabeta(quando è morto, ne aveva 44); è vero che restava legatoal faticoso lavoromanualedella sua gente; è veroche conducevauna vita di totalepovertà, abitandounabaracca sppglia, quantodi più lontano si possa immaginaredaglialberghie dai palazziche frequentavadurante i suoi viaggi nelle capitali dell'emisfero industrializzato,dove inchiodava con successobanchieri, scienziatie ministri alle loro responsabilità nella distruzione dell'ecosistema. Sarebbe complicatoaddentrarci qui alle radici della sua formazione culturale, cui hanno contribuito in egual misura un ex militareiscrittoal partito comunistaclandestino,approdatochissà come a Xapuri (è lui che gli ha insegnatoa leggere e a scrivere), e un sacerdote italiano fra i primi a rifiutare la vecchia logica coloniale dei missionari.Forse in futuro potremo farlo. Ma un'altra è la considerazionechemi preme,riguardoal nostrorapportocon il Suddel mondo.AppenasonoarrivatoinAcre, padre Andrea,unprete italiano,mi ha apostrofatopiù o menocosi: "Voialtri siete interessatialla salvaguardiadella forestaamazzonica solo perché è il polmone del pianeta, perché avete paura che il vostroemisferoindustrializzatoe avvelenatofiniscaper restare senza ossigeno.Ve ne importa assai menodel fatto che esiste un popolo della foresta in lotta per la sua sopravvivenza.Che qui i grandi proprietaricaccianodalla terragli uominiper metterci le vacche che mangerete." Padre Andreanonha torto, anche se la pauradell'emisfero industrializzatoche non vuole morire soffocatodall'anidride carbonica, rappresentacomunquegià un passo avanti rispetto all'ignoranza del problema. Anoi egoistidelNorddelmondo, la lottadiquestopopolodella foresta rivela quantosia falso il luogocomune secondocui l' ecologiaè solo un lussoche possono permettersii paesi ricchi,dopocheormaihannosoddisfattoibisogniprimaridei lorocittadini. Altro che un lusso.Per i poveri dell'Amazzonia, la difesadell'ecosistema è unbisognoprimario. È terrenodi scontroquotidiano con un pugno di latifondisti che ammazzae brucia. Una lotta originariamentesindacale e difensiva, rinvigorita dalla capacità di Chico Mendes di infondervi respiro ambientalista e sovranazionale. Sicché questa lotta oggi può anche esprimere quadri di grandeculturae valore,militantiche unonon siaspetterebbe mai di incontrare in luoghicosì "tagliati fuori".Ciò che induce a non disperare sul futurodel movimento dei seringueiros,pur in questa situazione difficilissima. All'inizio, da partedi ChicoMendes,ci sarà stata forseanche della classica furbizia contadina: vistoche fra i ricchi va tantodi moda l'ecologia, perché non tirare in ballo il WWF e gli Amici dellaTerra statunitensi?E visto che il Brasileè il paese più indebitato del mondo, perché non lavorare ai fianchi il governo, sollecitando la Bancamondialea non finanziareprogetti distruttivi per l'ambiente? Ma questa abilità tattica si è innestata su una visione complessiva del problema Amazzonia e su un tale amore per la propriaforestae il proprio lavoro,da aprirlenuoveprospettive. Certo, vi è un dato di eccezionalità, legatoalla grandezzamorale del suo leader: un uomo che ha saputo sfuggire alle insidie dellacorruzione(cosldiffusa da queste parti anchenel movimento sindacale),e che soprattuttoha lavorato serenamentenegli ultimi suoi anni pur sapendobenissimo (e dichiarandolo)che presto lo avrebberoammazzato.Fra i seringueirosdell'Acre, questo è considerato quasi un segno di santità, per cui è ovvio che Chico Mendes diventi anche un mito. Non c'è dubbio che un movimentoecologista italianoed euIL CONTHTO ropeo degno di questo nome, non possa prescindere nella sua azione futura da un rapporto sempre più stretto con il Sud del mondo, e in particolare con i primi, fragilimovimenti che vi sono sorti.Non è retoricoaffermarlo: seunmiserabilefazendeirodi nome Darli Alves da Silva si è potuto permettere di ammazzare una personalità prestigiosa come Chico Mendes, è anche colpa della nostra ignoranza, del nostro disinteresse. Vi è un'altra considerazione,più ottimistica, che la storiae la personalitàdi ChicoMendesmi hannosollecitato.Forseabbiamo sottovalutato,condizionati dai suoiesiticontraddittoriin casanostra, l'utilità e laportata internazionaledel Sessantotto. La suacapacità postuma di contagio fin nelle "periferie" del mondo. Sono di fattomilitanti del Sessantottoi preti, le suore e i volontari (molti dei quali italiani) legati alla Teologia della liberazione che contribuisconodecisivamente all'organizzazione del movimentodel popolodella foresta. Sonosessantottini gli avvocati che gli fornisconosupporto legale. È unamilitantedellanuova sinistra brasiliana degli anni Settanta quella Mari Allegretti che, approdatapercaso inAcredovendoserivere la suatesidi laurea inantropologia,ha fatto da tramitefraChicoMendesegliecologisti statunitensie tedeschi, contribuendo in maniera decisiva alla sua formazione culturale, all'invenzione di nuove forme di lotta, alla diffusionedelle idee del movimento. Una volta tanto,possiamo complimentarci:ben scavato,vecchia talpa. Cari Lettori, finalmente Vonnegut! la fotografiaalle pagine 54e 55 diquestonumerohaper noi qualcosadi simbolicoe commovente,perché- grazie al chiaro obbiettivodi una grande ritrattista, Jill Krementz - unisce nella stessa immagine due dei nostri autori più amati: Kurt Vonnegut e Heinrich Bl>ll.Quando "Linea d'ombra" è natadissi scherzandonel corsodi una riunione che il suo scopo sarebbe stato raggiunto quando avrebbe potuto pubblicare un'intervista con Vonnegut Naturalmentenon àbbiamo nessuna intenzione di fermarci, e averraggiuntoVonnegut,averlopotuto intervistare per meritodellanostraMariaNadotti,aver ottenutocontemporaneamenteun amichevolee sostanzialeaiuto ali'illustrazionedel numero da parte di J ili Krementz,è solo un segnodi più dellabuona stella chepremia la faticache costa fare la rivista. Vonnegut è autore di alcuni tra i più bei romanzi degli ultimi trent'anni, è autore tra i pochissimi(per il tramitedel fantascientifico,del grottesco, del comico) che hanno saputo fare del romanzo uno strumentoadeguato all'assurdo dell'epoca, alla narrazione impossibiledei suoi destini e delle sue irrimediabilibrutture. Egli però è meno noto in Italia di quantonon meriti. Tre suoi romanzidevono ancora venir tradottie uno almenp dei tre, Slapstick, è davvero bellissimo. Speriamo di contribuire con questo numero di "Linea d'ombra" a conquistarea Vonnegut nuovi lettori, i lettori attenti che si merita. E siamo felici di annunciare che nel prossimo numero pubblicheremoun suo saggio, Destinipeggiori dellamorte, a fiancodi un saggio di U}wenthalsul rogo dei libri (argomento tornato purtroppo d'attualità) e di un'intervista con Hellmut Gollwitzer su temi invero decisivi, di un saggio di Chargaff e di molte altre cose rilevanti. 5
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