IL CONTISTO poi confermato dagli eventi) della impossibilità politica e giuridica di instaurare di intesa con la Santa Sede un sistema di rapporti democraticamente corretto. È pura illusione pensare di poter ottenere dalla Autorità ecclesiastica la rinuncia in sede di negoziazione concordataria ai privilegi di cui essa gode in Italia da un lungo sessantennio. In questa situazione non resta che concentrare i nostri sforzi per far acquistare al Paese la consapevolezza di una tale impossibilità; e per far maturare la determinazione ideale e la volontà politica di affrancarsi da uno stato di cose insos,tenibile. Si tratta di creare le conLETTERE dizioni culturali perché si arrivi finalmente (di là da ogni accordo di vertice, inevitabilmente autoritario) a una riforma costituzionale seria: la quale- senza privilegiare le espressioni istituzionali del- !' esperienza religiosa storica, e senza accondiscendere amescolamenti deleteri di sacro e di profano -riconosca e garantisca a.tutti quanti i cittadini, a tutti gli esseri umani, il diritto fondamentale di vivere con "pari dignità", in pienezza di coscienza, la propria vicenda personale. Piero Bellini, Eugenio Garin, Filippo Genliloni, Cesare Luporini, Mario Alighiero Manacorda. Apropositodi Rebora Gianni Mussini Egregio Direttore, - Laringraziamomoltoperl'artico!o su Clemente Rèbora apparso nel n. 32 della Sua rivista (novembre 1988). L'autore, Paolo. Giovannetti, centra molto bene la personalità artistica reboriana, come pure la tensione morale dell'uomo Rèbora: la ricerca della verità che si fa poesia e, per così dire, nodo stilistico. Di qui, ha ragione Giovannetti, l'inattualità del nostro poeta, ma anche la sua invincibile simpatia (e lo struggimento che ne proviamo noi annoiati post-moderni: nostalgia di cose grandi!). Ma insomma: basti dire che condivido lo scritto di Giovannetti al novantanove per cento (il cento per cento? Questo è solo degli imbecilli). Piuttosto, sento il dovere di ringraziare per le lodi alla recente edizione delle Poesie reboriane, apparsa per l'accoppiata Scheiwiller-Garzanti e da me curata insieme allo stesso Vanni Scheiwiller. Si vede bene che non si tratta dei soliti elogi mossi dalla buona educazione o, magari, dalla pigrizia dei recensori; sono invece motivati, frutto di una lettura attenta, partecipe, reborianamente "fraterna". Proprio in nome di questa fraternità mi sento quasi obbligato a rispondere al quesito posto da Giovannetti sul finire del!' articolo, dove accenna al "paradosso filologi34 co" per cui si sarebbero inseriti, tra le Poesie sparse successive alla conversione del Poeta, anche quei versi compresi in agen{ie estive e natalizie compilate dal sacerdote Rèbora a beneficio dei convittori rosminiani. Perché, dunque, questa "scelta rischiosa e pur stimolante"? La risposta sembra semplice. Sin dal- !' edizione vallecchiana del '47, e poi nelle successive, sono comparsi scritti edificanti e testi di preghiera composti non di rado per ubbidienza ai superiori o, comunque, per accompagnare la normale "liturgia" degli Istituti religiosi (l'onomastico del Padre Rettore, ecc.). Si tratta di versi che hanno poco a che fare con le pur diverse fasi del Rèbora "laico", e dall'altra parte non fanno ancora presagire il ritorno di fiamma per la poesia culminato nei Canti del1'infermità. Anche i versi compresi nelle agende rientrano in questa categoria e meritano perciò cittadinanza in una raccòlta di tutte le liriche reboriane (oppure, coerentemente, rifiutarli in blocco: ma con che criterio?). Giovannetti avrebbe poi gradito,epervalideragioni, una"giustificazione storico-letteraria" e filologica delle scelte operate: insomma un bel saggio critico che fosse il risultato delle ricerche filologiche e, in qualche modo, aiutasse a chiarirle. Ma in una sede come quella, nobilmente "popolare" e non di studi eruditi, un 'introduzione critica avrebbe potuto farla un grande nome ... non certo l' oscuro adepto della povera filologia reboriana. Ma allora, addio "giustificazione" delle scelte operate. Posso semmai tentarlaqui,nella domestica cordialità di una lettera, una qualche riflessione ·sul Rèbora del cosiddetto "silenzio", quello che-secondo Giovannetti - intende la poesia come "una sottospecie della preghiera". Mi limiterò ad alcuni punti, suggerendo delle prospettive di lavoro. 1)Permane, soprattutto nei primi tempi del "silenzio", un certo inevitabile legame con l'ultima produzione"laica",daiCantianonimi in poi, si veda l'atmosfera stilisticamente disadorna e filosoficamente netta dei due testi sulla Speranza (specialmente nel!' attacco), compresi nella sezione delle Poesie religiose .. Sono fila che andranno riannodate con pazienza, sensibilità e rispetto (vi sono testi che per la loro natura sfuggono al• le rumorose attenzioni del filologo, ma pure vanno ricompresi in una prospettiva umilmente artistica, non solo devozionale ...). 2) C'è poi una produzione più infantilmente musicale e dimessa, che ricupera schiette vene di spiritualità popolare (appunto il caso delle Agende). A questo proposito varrà pur la pena di raccogliere la silenziosa provocazione di un poeta che rinuncia volutamente a una raggiunta grandezza stilistica per ripiegare su ingenue filastrocche edificanti, ma pure balbettando "tiritere ingenue e potenti" (così il D'Elia sul "Manifesto"), e di certo quasi preterintenzionali. Non è, anche questa rinuncia, un segno dell'importanza che il sacerdote Rèbora conferiva alla poesia? Come la Luciamanzoniana, nella notte terribile al castello dell 'Innominato, anche Rèbora sacrifica a Dio "ciò che ha di più caro" (non rinuncerà pure, lui patito melomane, all'ascolto della musica?). Le conversioni, ci suggerisce questo silenzio, si fanno sul serio, e perdendoci... Ma intanto queste briciole che si salvano dal silenzio sono significative di una storia, parte di una dialettica, forse anche modo inconsapevole per"contrabbandare poesia" (così un lettore finissimo come Cesare Repossi) nonostante tutto. 3) Ho già accennato a certi esi • ti preterintenzionalmente alti di qualche testo (meglio: frarnmento) del "silenzio". Penso a certe Aspirazioni ("O Gesù Giuseppe e Maria, Mamma miaJche io ormai non sia,/o amore in agonia./Essere tua signoria./Nulla più/se non il mio Signore Gesù".) dove lo strenuo misticismo fa già pensare a quell'associazione di "potente incuria formale" e "goffaggine scolastica" frutto dell"'ispirazione eteronoma" che Pasolini riconosceva negli esiti più alti del! 'ultimo Rèbora. Ebbene, anche queste sussurrate urla andavano pur raccolte e restituite alla poèsia senza sottrarle alla santità (uso una ovvia immagine reboriana!). Un'ultima osservazione, che magari andava fatta in principio. Essendo ancora in corso la sistemazione dell'archivio reboriano di Stresa (che raccoglie tutte le carte successive alla conversione del Poeta), sarebbe quanto mai rischiosa una qualunque sistemazione ·dei testi religiosi che fosse diversa da quella, umilmente documentaria, sanamente positivistica, proposta nel!' edizione Garzanti-Schei willer. tETTERE Unconvepno su Schettini Promossa e organizzata dall'Istituto italiano per gli studi filosofici, si è svolta a Napoli, il 14 gennaio scorso, una "giornata" di studio dedicata a Mario Schettini, lo serittore prematuramente scomparso venti anni fa lasciando inedita poco meno della metà dei 19 titoli di cui si compone la sua opera (un racconto inedito è stato pubblicato da "Linea d'ombra" nel n. 15/16, efaorapartedel volume Le analogie favolose, Marietti 1988). Se nei precedenti convegni (alloma, Milano, Firenze) si era trattato di un atto commemorativo e una elencazione degli inediti, questa volta si è esaminata la specifica "originalità" d'uno scrittore che ha indagato e descritto fenomeni, figure e problemi storico-sociali europei (dall'Illuminismo allaprima guerra) e italiani (in quattro romanzi e parecchi racconti), con forte impegno etico-civile sotteso a uno sbrigliato gioco creativo. Relatori erano Carlo Tullio-Altan, Eridano Bazzarelli, Alfonso Berardinelli, Renato Bertacchini, Arnaldo Di Benedetto, Geno Pampaloni, Giacinto Spagnoletti, Lucio Villari.
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