Linea d'ombra - anno VII - n. 36 - marzo 1989

IL CONTESTO mente oltre gli affanni (...) ci abbandonavamo ai giorni e alle strade invitanti della nostra età, ignari delle trappole e degli inganni in agguato. Era forse una preziosa risorsa, quell 'incoscienza, un dono speciale dell'età, ma infme ci ha traditi. ( ...) Così, io non so cosa temere di più: se il richiamo nostalgico e assurdo di quella età scomparsa e infida o l'imminenza di questa prossima, di intirizzita rassegnazione al gelo." Dalla generale utilità del libro emergono alcune cose particolarmente preziose. Ne voglio evidenziare almeno una. La famiglia di Maurizio, il protagonista, è una famiglia operaia: in essa la funzione educativa è istituzionalmente ripartita: da una parte la madre, che ha il compito di seguire i figli nelle vicende quotidiane e soprattutto di immettere in loro i "misteriosi principi della morale"; dall'altra il padre (che, a sentire la zia Angelina, una volta "era proprio una testa calda, un Rosso"), con la funzione di "giudice supremo", che interviene CONFRONTI soltanto nelle grandi occasioni, nei punti di svolta. La rappresentazione dei loro giorni è una scena di meschinità, di disamore, di rancori, di silenzi, sottomissioni, e testimonia di quanto il marcio si sia dilatato ben oltre i confini di classe e di quanto l'aver conseguito (e voluto, anche?) nient• altro che il "benessere" si configuri come la sconfitta forse più feroce, meno riscattabile. Colonna sonora di questa delusione storica è il silenzio, i reiterati silenzi, la cancellazione dei sentimenti e delle passioni, il pulsare del telecomando. C'è del coraggio, in Qualcosa che brucia; e ce ne vuole tanto - dice - a essere giovani: con alle spalle l'orrore eh• è alle spalle e ancora qui, e davanti un rinnovato orrore eh' è già in atto; con questa guerra assurda inaccettabile, e una pace che non può essere tale - e quindi inaccettabile. E può servire allora ad essere - magari con disperazione - in qualche modo contro la disperanza. Il ritornodel piccolomaestro: 11Bau-séte!"di Meneghello Gianni Turchetta Sicuramente Luigi Meneghello è scrittore non ancora conosciuto dal pubblico come meriterebbe: anche fra gli addetti ai lavori non sono pochi infatti quelli che non lo hanno letto, o che si sono accorti soltanto in tempi molto recenti della sua esistenza. Eppure Libera nos a malo (1963), racconto autobiografico dell'infanzia dell'autore e, attraverso la mediazione dell'io narrante, della storia di Malo, piccolo paese dell'alto vicentino, negli anni del fascismo, è un libro straordinario, per il quale la definizione di capolavoro non pare affatto eccessiva. Anche/ piccoli maestri (1964), anti-epopea della Resistenza e continuazione diretta dell •opera di esordio di Meneghello, poiché ne riprendeva i modi stilistici ma anche perché ne proseguiva il racconto dal punto in cui era stato lasciato, cioè dalla fine dell'adolescenza del1' autore, è un libro memorabile, anche se la sbomiadimemorialisticaresistenzialedelquindicennio •45- '60 (oltre ad altri più sottili motivi critici) lo fece all'uscita passare quasi del tutto inosservato. Meritoriamente perciò gli Oscar hanno ristampato nel 1986 (su licenza Rizzoli) entrambiquestiduelibrinellacollanadegliOscarOro, che si propone di raccogliere titoli della letteratura italiana recente degni, per così dire, di essere avviati ai posteri, mediante l'assegnazione dell'inequivoca e appunto aurea etichetta di 28 Foto di Giovanni Giovannetti. classici. In questo modo, grazie anche all'uscita dei saggi dilura (Garzanti, 1987) e in genere ad un• attenzione molto maggiore della stampa, si è creata l'atmosfera favorevole ad una buona accoglienza, anche in un pubblico abbastanza vasto dell'ultimo romanzo-poema-saggio di Meneghello, Bau-séte! (Rizzoli, 1988), che prosegue il racconto autobiografico riprendendolo, di nuovo, dal punto in cui era stato lasciato, cioè dal 1945, per attraversare l'universo tumultuoso, carico di speranze e di presunzioni, di nuove libertà e di nuovi conformismi, dei primi anni del dopoguerra. Anche in Bau-séte! come nelle opere precedenti, il racconto si sviluppa seguendo il filo dei ricordi, come se l'autore assistesse all' affiorare, apparentemente casuale, di una memoria necessariamente frammentaria, ma in cui pure è possibile supporre l'esistenza di una qualche legge, se non proprio di un senso: "Frammenti alla rinfusa, da una parte: dall' altra l'impressione ricorrente che ci siano dei tratti generali. Riguardano sia le nostre percezioni di allora, il modo in cui sentivamo le cose, sia il modo in cui le vediamo oggi." Più profondamente, sembra che la scrittura di Meneghello nasca in una sorta di spazio illogico, generata com 'è dalla constatazione della perdita irrimediabile del proprio passato, e del mondo che ne era stato teatro, e dal contemporaneo rifiuto di accettare questa perdita. C'è una splendida pagina di Libera nos a malo che può rappresentare una specie di paradigma esplicito di poetica: il narratore-protagonista, bambino, dopo una giornata felice esprime alla bambinaia Ernestina il desiderio di rivivere "domani" quello stesso giorno. La bambinaia, 'ingenuamente, risponde che "anche domani sarebbe stato un bel giorno", e il bambino, con logica ineccepibile, s'infuria: "Mi rivoltai come un forsennato, intravedevo che e•era di mezzo una specie di regola intollerabile, la Ernestina non ne aveva colpa ma la graffiavo urlando: 'Voglio che tomi questo giorno qui! Questo giorno qui! Voglio che tomi!•. Niente da fare". In una simile prospettiva l'autobiografismo e il frammentismo sono caratteristiche naturali, strutture trascendentali quasi della scrittura, ma va anche detto che inBau-séte! viene meno lo straordinario equilibrio delle prime opere, e il frammentismo coerente diventa a tratti struttura frammentaria, che è qualcosa di molto diverso, così come l'autobiografismo non sempre riesce a controllare la soggettività del ricordo con la selezione di quanto è davvero importante e funzionale alla struttura dell 'opera. Non tutto insomma appare necessario, qualcosa resta un po' troppo personale, e non riesce a interessarci come dovrebbe. Non parlo della natura più o meno pubblica del singolo ricordo, che anzi Bau-séte! è fra i libri di Meneghello il più ricco di dati "storici", dalle vicende del partito d'Azione alle reazioni di fronte alla letteratura-italiana degli anni Cinquanta, con la dichiarazione, a sorpresa ma ricca di implicazioni da non dimenticare, del carattere irrimediabilmente pr.ovinciale del "Politecnico" vittoriniano. Il fatto è che qui si ha spesso l'impressione di leggere una divagazione saggistica, di limitata coesione profonda:

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