Linea d'ombra - anno VII - n. 36 - marzo 1989

Qual è il ruolo sociale, polilico, di un intellettuale come Naghib Mahfuz in Egilto? Il ruolo dell'intellettuale, in tutte le società, consiste nel tradurre la sua cultura ÌI\ una posizione, in un'opinione sulla vita. È suo dovere diffondere la sua visione delle c-osecon i mezzi a sua disposizione: se scrittore con le parole, se pittore con le immagini, se cineasta con i film, la televisione o il video. L'intellettuale è insomma un uomo la cui cultura sfocia in una posizione, in un'opinione, e il cui lavoro, la cui nùssione nella vita consiste nel propagarla. Come illustrare a un pubblico che non ne sa nulla la questione della lingua araba, laproblemaJica sollevata un secolo fa dalla nahda, dal "movimento moderno"? Quale la scelta linguistica di Naghib Mahfuz? Pensa che l' arabo letterario possa contribuire a superare le barriere linguistiche che dividono il mondo arabo? Abbiamo una lingua di tutti i giorni, che è quella che sto usando adesso per comunicare con lei, che chiamiamo dialetto o lingua corrente. Questa lingua coincide grosso modo con la lingua araba, salvo alcune differenze di pronuncia, di struttura, di usi. Varia però da paese a paese. Addirittura da regione a regione, è diversa al nord, al sud, ali' est, -ali'ovest. Quanto alla lingua araba classica, è la lingua che ogni arabo capisce, scritta o parlata, dal Golfo ali' Atlantico. Scrivere in questa lingua significa quindi rivolgersi a tutti gli arabi, a duecento milioni di persone. La lingua locale invece può interessare solo una parte di un singolo paese. Se noi arabi abbiamo un'unità, questa è senz'altro data dalla lingua. Qual è il ruolo del romanzo nella letteratura araba? Naghib Mahfuz, ci racconti le vicissitudini di un genere letterario che la letteratura classica non annovera e che ottiene oggi a meno di un secolo dalla sua nascita come genere autonomo il massimo riconoscimento. Dal punto di vista storico, il romanzo esiste ma in una forma diversa, quella del racconto breve, presente nella letteratura araba, in opere che anche l'Occidente conosce come Le mille e una notte, e ancora di più nei trattati filosofici, comeL' epistola del perdono diAbu-1-Alaa' El Maarri. Ci sono poi le Vite, le saghe popolari... Sono tutte forme di racconto.Nell'epoca moderna, col contatto con l'Europa, molti arabi hanno esplorato le forme moderne del romanzo e del racconto. Fraquestee le forme narrative della letteratura araba classica i leganù sono profondi. Sono però forme di prosa totalmente nuove, entrate nella tradizione araba attraverso la traduzione e l'imitazione, oppure tranùte le creazioni dei narratori arabi moderni. Queste opere letterarie non sono però riconosciute come tali. Anche le Mille e una notte, quando studiavamo la letteratura araba, non erano considerate vera opera letteraria. La letteratura araba è essenzialmente poesia; c'è poca prosa. Così il romanzo non ha, per lungo tempo, ottenuto considerazione. Il primo romanziere egiziano non osò neppure firmare la sua opera! La nostra generazione crede nel romanzo. Ha dovuto fondare il romanzo come genere autonomo nella tradizione letteraria araba. Il nostro scopo era che venisse finalmente riconosciuto come genere a sé. Per fortuna siamo ancora qui per assistere al compimento dei nostri sforzi. Che ruolo può avere il Nobel nel dialogo con l'Occidente? Pensa che la.sua opera sia traducibile, comprensibileper unpubblico straniero? In realtà la questione era oggetto di dibattito. Prima del Nobel c'era il dubbio che i miei libri tradotti potessero avere solo un successo linùtato. Grazie al Nobel questo dubbio non ha più ragione di essere. Il Nobel ha detto in modo esplicito che la letteratura di quest'uomo, seppur locale, parla a tutti. In realtà tutte le letterature sono locali, ma si rivolgono in ultimo all'intera umanità. La vostra grande letteratura è locale quando noi la leggiamo, molte cose ci sfuggono. La relazione uomo-donna, infinite abitudini e tradizioni ci sono estranee. La funzione dell'arte è però proprio quella di passare oltre questi ostacoli, di superarli attraverso l'umanità che ciaccomuna tutti. Questo è il suo ruolo. Cosa significa per lei il Nobel? Il Nobel h11 per me un significato enorme. IL CONTESTO Mi sono affaticato durante cinquant'anni ed ecco ora il riconoscimento che mai avevo sognato. C'è poi un significato ben più rilevante: il mondo si apre alla letteratura araba. Perché scrive? Vuole che le dica la verità? Devo risalire a quando ero giovane, vedere perché ho cominciato a scrivere da ragazzo: per il piacere di scrivere, né più né meno. Con l'età, si matura, si pensa, ci vengono poste delle domande. È naturale che tutto ciò si rifletta sul proprio scrivere. Scrivere resta però fondamentalmente un'operazione gradevole, deliziosa come tutti i piaceri della vita. Continuerà a scrivere? Se continuo o no, non ha nulla a che vedere con il Nobel, ma con me stesso. Se trovo di che scrivere, scriverò. Sempre. Cosa? Qualsiasi cosa ... Quest'intervista è stata realizzata per il settimanale "Nautilus" della Televisione della Svizzera italiana, che ringraziamo per avercene concesso la pubblicazione. CONFRONTI . Altrifiumi profondi: il viaggio nella selva di WilsonHarris Paolo Bertinetti Il palazzo del pavone di Wilson Harris (traduzione di SusannaBasso, Einaudi, Lire 22.000) è un libro che può essere benissimo definito con le parole che Italo Calvino aveva usato a proposito di Rushdie, e cioè come il frutto di un sapere ancestrale intriso di letteratura. Harris, nato nel 1921 in quella che allora era la Guyana inglese, è di discendenza africana e amerindia (con in più, mi pare di ricordare, qualche parte di sangue europeo e indiano); ma dopo lunghi anni trascorsi a risalire in qualità di topografo la ragnatela di fiumi che solcano la Terra d'Acqua (questa è l'origine amerindia del nome Guyana) nel 1959 Harris si trasferisce in Inghilterra, prima a Londra e poi nell'ordinata campagna dell 'Essex, dedicandosi totalmente alla letteratura. Il palazzo del pavone, scritto nel 1960; è il primo dei romanzi brevi che formano la tetralogia Guyana Quartet; i quattro romanzi, che furono pubblicati separatamente e che presentano forti differenze di forma e di contenuto, costituiscono tuttavia un tutto unitario che trova nel Palazzo del pavone una,specie di visionaria "interpretazione autentica". L'esile trama è nascosta da un intrico di allegorie, di simboli, di epifanie, in uno spazio senza tempo in cui passato e presente coincidono e si confondono. C'è Donne, un uomo duro e violento, circondato da un alone di terrore e di gloria sinistra, c'è il suo composito equipaggio e c'è la barca con cui risalgono l'insidioso corso di un fiume della Guyana. La meta è la Missione di Mariella; ma all'arrivo della barca gli indios scompaiono e il viaggio prosegue al loro inseguimento, scandito dalla morte di quasi tutti i membri dell'equipaggio, fino alla cascata presso la sorgente del fiume, dove anche Donne e gli ultimi superstiti trovano la morte. Il racconto si conclude con una visione pacificatrice: il narratore, I 'lo narrante che magicamente è sempre stato con Donne, ci consegna l'immagine del Palazzo del pavone, "il palaz-_ zo dell'universo sul quale si aprono le finestre dell'anima", in cui ogni bisogno è placato, in cui ciascuno raggiunge la completezza e la conoscenza. Wilson Harris è totalmente estraneo alle forme del romanzo realistico. Gli stessi personaggi sono funzioni allegoriche, a partire da Donne, che nel nome - oltre che al poeta metafisico citato all'inizio della terza parte -rimanda alla razza feroce di avventurieri inglesi che nel Seicento infestarono i mari delle Americhe, fino a tutti i membri dell'equipaggio, le cui ascendenze ricostruiscono il mosaico di po25

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==