Linea d'ombra - anno VII - n. 36 - marzo 1989

Thomas Bernhard (foto Andrei Reiser). non gliene mancano) -. come se di fronte a questi ani di morte che discendono dalla stessa logica che ha provocato l'ultimo immane massacro degli innocenti (quanti giovanissimi sono stati sacrificati sull'altare della guerra di religione di Komeini? centinaia di migliaia, forse milioni, nell' indifferenza abietta dell'occidente) ci fosse da distinguere, da far critica letteraria, da discettare sociologicamente, magari con in mano il bigino di storia delle religioni ... La morte di Thomas Bernhard Di Bemhard (1931-1989) avremmo. voluto pubblicare cose, · intervistarlo, proporlo ai nostri lettori come uno degli autori più importanti e più veri, più - a suo modo- saggi di quest'epoca difficile. Non ci è stato possibile, per questioni di agenti (che speriamo di risolvere, prima o poi) e perché egli, coerentemente misantropico, ha respinto le nostre avances, i nostri tentatixi di contattarlo (ne sa qualcosa una nostra arnica e collaboratrice che vive in Austria, che si è vista più volte chiudere, come si dice, la porta in faccia). Questo non ha mai tolto nulla al nostro rispetto e alla nostra ammirazione come, oggi, al nostro dispiacere. Perché davvero Bernhard è stato un autore nostro, i suoi durissimi romanzi-monologhi ci hanno coinvolto e, come giusto, agghiacciato, le sue invettive convinto. Anche se sapevamo il rischio che in fondo a quella spietata sincerità si affacciava, non solo per Bemhard: quello di un beckettiano silenzio, o quello di una sorta di razionale paranoia, di chiusura secca agli altri per dolore e disgusto. Della nostra socie·tà.certo, e di quella austriaca in particolare; ma anche della umana condizione. Dolce Vienna? Che differenza, ma anche quante somiglianze tra Bernhard e il suo antenato Karl Kraus, di cui Lucarini stampa ora gli scritti di La muraglia cinese, apparsi negli anni '7- •10 sul suo giornale "La fiaccola"! Perché ciò che più di tutto colpisce è invece la persistenza di una rivolta -con Kraus affidata alle risorse di un'intelligenza critica salatissima, efferata, tagliente, con Bemhard alla disperazione, pura e semplice, o forse impura e complessa, dell'odio. E perché le differenze risultano poi maggiori con i cantori di Vienna, con i vecchi come con i nuovi, con i nostalgici del vecchio imperatore. Kraus c'era, quando l'impero era impero, e ne vide il processo interno di corruzione come poclù, ma soprattutto quel che di nuovo, di "assolutamente moderno" anche in esso filtrava e invadeva. Bernhard vede l'ipocrisia del dopo sconfitta, la svizzeraggine conformista di questo presente. Leggere La muraglia cinese (cui Lucarini ha preposto un vecclùo e adamantino saggio di Cases, al quale veramente non c'è da togliere una virgola) è rinfrancante, è una frustata di energia, come direbbero i giornalisti-pubblicitari da Kraus così vituperati! Del triestino-fiumano Franco Vegliani, la Sellerio ha ristampato nella nuova ed elegantissima collana "Il castello" due bei romanzi, LafronJiera, del 1964, considerato da Magris il suo migliore libro, e ora Processo a Volosca, del 1958, che a me pare gli sia di gran lunga superiore. Vegliani è morto nel 1982. La fronJiera si muove agilmente tra il ricordo di un presente che è l'estate del '41 e un passato che è il 1915. Tra due guerre, su un "fronte" che è di per sé "frontiera", in Istria, già Austria poi Jugoslavia, e "Italia irredenta" come si diceva una volta. La storia parallela e intrecciata di due giovani ufficiali, la loro difficoltà di scegliere tra opzioni gravi e "di frontiera", ha molto fascino, ma forse è la patina di memoria che l'allontana, e una fatica dell'autore a fame materia incandescente, a suscitare insieme fascino e distanza. Capiamo perché piace a Magris ma a noi piace molto di più Processo a Volosca, storia invece meno austriaca e più di frontiera che mai: di frontiera anche tra culture, tra classi. La storia di una banda di giovani criminali, del fascino da essi, (il capo, Boris) esercitato su un giovane borghese tiglio di un giudice, dell'amore violento per Boris di una mezza zingara che il testimone-non-protagonista ma narratore, come altri desidera, e la descrizione di un ambiente insolito hanno uno spessore non magico-nostalgico, ma che sonda i margini (la frontiera) della morbosità e dell'ambiguità del vero. C'è, in più, un imprevedibile epilogo giudiziario degno del miglior Sciascia, che sposta la fascinazione che Boris esercita sul giovane a quella che esercita sul vecclùo giudice che l'ha mandato a morte, con la domanda su dove è il vero e dove è il giusto e dove comincia e finisce la legittimità del giudicare altri la cui verità e cultura ci è estranea, per nostra miseria e conformismo. Che libro strano, bello, questo Processo a Volosca! Ricami, pioggia, fantasmi . Sellerio propone, per cura di Maria Rita Masci, i racconti cinesi di Ling Shuhua, Dopo la festa, due dei quali già noti ai nostri lettori (n.19, 1987). La Ling fu corrispondente della Woolf e della Sackville-West e descrisse mirabilmente le molte facce della difficoltà di esser donna nella Cina dei primi decenni del secolo. Durezze e asprezze dell'esistenza borghese o povera delle donne, vengono messe in scena con delicatezza di tratti che rende quasi bidimensionali, da disegno raffinato, anche i più sottili turbamenti psicologici; e ce li distanzia accentuandone non l'esotismo ma le somiglianze. È aMaria Teresa Orsi, valorosa nippologa, che si deve la traduzione e cura di un classico della letteratura gillpponese edito da Marsilio, in una collana diretta da un'altranippologadivalore,Adriana Boscaro. Si tratta dei Racconli di pioggia é di luna, di Ueda Akinari, scritti alla fine del Settecento ma ambientati in uno ieri già mitico e favoloso, e tutti di contenuto fantastico o, a volte, orrifico. Chi ha visto il bellissimo film che Mizoguchi Kenji (mi adeguo all'uso dei traduttori di mettere prima il cognome), / racconJi della luna pallida d'agosto (1953) conosce la trama di almeno due di essi, tra i più belli, La casa fra gli sterpi e La passione del serpenle, e può immaginare la squisita intensità poetica di queste storie, ora esempi commossi di amor coniugale o d'amicizia, ora narrazioni quasi orali, che esigono la magia per poter dire il mistero dell'eros, della violenza, della gelosia, della morte, senza compiacimenti per l'eIL CONTISTO roismo dei signori della guerra, e con una strana, imprevedibile pietas. Sì che si vorrebbe poter leggere in italiano, dopo questi Ugetsu monogatari, anche l'altro famoso libro di Ueda, gli Harusame monogatari o "Racconti di pioggia di primavera". Raperonrolo ed Emilio L'Emilio di un celebre romanzo per ragazzi di Erich Ki!stner, Emilio e i detective, si infila proditoriamente neUa vicenda del medico della mutua, in pensione e ultraottantenne, Hubert Wambach, di cui sappiamo subito che i sette capitoli del libro che lo riguarda, Le sette lettere del dottor W ambach (Serra e Riva), corrispondono ai sette giorni della sua ultima settimana di vita e di ironica passione. Fiaba-romanzo, e si vede che il mio mese di febbraio era propizio a qualche "fuga" dal reale, questo libro breve e simpatico è quasi una conferenza-racconto con un minimo di storia e un massimo di concentrazione, anche teorica, di riflessione sull'infanzia e i suoi diritti, contro la regolare piattezza dell'età adulta. È stato scritto nel • 59 da Klaus Nonnenmann un adepto minore del Gruppo 47 di recente riscoperto, autore soltanto di due romanzi e qualche racconto, ed è reso in italiano dalla partecipe attenzione di Chiara Allegra. La limpida poesia che si libera dall'incontro e dall' amicizia tra un vecchio e una bambina di cinque anni che ha perduto la sua bambola Raperonzolo (e allora il vecchio rimedia inventando lettere della bambola, che sa "morta", giunte da Parigi per la sua "mamma"), ne fa una singolare storia, non di "presa di coscienza" ma di chiarificazione di una coscienza, della responsabilità di chi ha vissuto verso clù ha ancora da vivere. Che c'entra Emilio? C'enira perché è il libro che il dottore varileggendo prima stancamente e poi più animatamente, dialogando con un Emilio che è tutti gli Emili del mondo, che non può essere-anche se l'autore non lo dice - anche l'Emilio di Rousseaµ, !'educando, anzi il libero educando per antonomasia. Assieme ai testi di Bichseldicuidiciamoinaltra parte della rivista, questo di Nonnenmann è un vero regalo per chi ha un interesse non distorto per l'infanzia, è una fiaba d'infanzia per adulti, divertente quanto, per loro, potenzialmente e con leggerezza, "educativa". 23

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