menti di condizionamento bellico. L'esempio degli altri paesi europei che già hanno percorso questa strada dà il colpo di grazia alle ultime esitazioni. Da quel momento i bambini che si diletteranno ancora con questi giochi (e su questo' non ci sono dubbi!) saranno di fatto "fuorilegge". Gli adulti, i genitori, finalmente si troveranno al riparo da ogni contestazione, avranno fatto la loro parte, e se i bambini continueranno nell'errore, non potrà essere che colpa loro. Morale: mentre i grandi possono proseguire tranquillamente a riempire gli arsenali di ogni tipo di armi, fare il servizio militarè, ·andare a caccia, riempire le città di vigilantes armatissimi, ecc. ecc., questi stessi grandi vogliono vietare ai più piccoli quel tipo di gioco che a loro ricorda ciò che non riescono a eliminare, anzi che continuano a costruire e accumulare. SCUOLA È veramente straordinario che piuttosto di preoccuparsi di far piazza pulita degli armamenti (quelli veri) si preoccupino con tanta passione di quelli finti. Il rischio che tutta questa operazione finisca semplicemente per criminalizzare i comportamenti dei bambini, invece che mettere in crisi la società degli adulti e le loro stupide scelte militariste, è dietro l'angolo. Chefareallora?Chetipod'intervento programmare in alternativa? L'azione può articolarsi su due versanti. Daunlatoavviaremicro-campagne locali volte a favorire una maggior consapevolezza negli acquisti dei giochi da parte dei genitori. È evidente che è sempre meglio evitare di acquistare giochi la cui natura non è ancora ben chiara, C'è Maestro e maestro ... le lezioni di Peter Bichsel, ex insegnante Goffredo Fofi Che Peter Bichsel fosse il più notevole scrittore svizzero della generazione successiva a quella dei Frisch e dei Dilrrenmatt, ce ne eravamo accorti molto presto grazie ai suoi libri editi da Pratiche e Marcos y Marcos, e già qualche anno fa la nostra rivista lo intervistò diffusamente. Ma che potesse essere anche uno scrittore così "fraterno", così vicino alle nostre preoccupazioni, ai nostri dilemmi, alle nostre aspirazioni, è solo il volume che ora Marcos y Marcos manda in libreria a rivelarcelo: Al r,wndo ci sono più zie che lettori, a cura di Chiara Allegra. Si tratta di brevi saggi, interventi, discorsi pubblici che, con molta semplicità e immediatezza, affrontano temi molto veri e molto urgenti, trai più veri ei più urgenti: l'infanzia e la scuola, le probabilità di fine di tutto e le responsabilità verso il futuro, l'utopia che dall'infanzia può partire e senza la quale non può esistere progetto, capacità di reagire ... Non è un caso se uno di questi saggi è dedicato a Lettera a una professoressa, non è un caso se Bichsel è stato per tredici anni maestro elementare. È agli insegnanti che questi saggi ci sembrano anzitutto rivolti e passiamo volentieri l'indicazione ai nostri numerosi amici e lettori del settore: perché, abbandonando per un po' il loro torpore, tornino a riflettere sul fondo del loro lavoro: a chi, cosa, perché insegnano. Cosa non strana, è di questo che tendono a occuparsi di meno, in favore di velleitàdacorporazione più forte (cobas-sindacalismo) e di smanie "scientifiche" (tecnicismo didattico-bizan- . tino). Bichsel è stato un maestro con la m minuscola, e non pretende di diventarne uno con la M maiuscola. Si serve dell'humor, dell'aggiramento delle questioni, della partenza dal minimo di controllabile e comune esperienza, e cioé della dialettica, senza farsene ingoiare; sa guardarsi intorno, e ciò facendo guardare oltre. Il minimo è per lui la sua esperienza di studente e poi di insegna..,te, la responsabilità che si è assunto professionalmente verso l'infanzia (bambini precisi, con nomi e cognomi). Dal Con-· senza per questo creare inutili allarmismi e forzature, invitando anzitutto i genitori all'impostazione di uno stile di vita, anche familiare, basato sulla solidarietà, la creatività e l'anticonformismo. Sarebbe per esempio ben grave che, magari proprio per la pressione di queste campagne, venisse preferito l'acquisto di qualcuno di quei giochi cretini e ripetitivi che sono oggi in commercio, giochi che "giocano da soli" senza consentire una reale rielaborazione creativa da parte del giocatore. Da un altro versante pare opportuno il tentativo di intervenire (per altro già avviato proprio da alcuni Verdi) su specifici e precisi giocattoli la cui natura è particolarmente ambigua e anche pericolosa per l'integrità fisica dei bambini. "Disapproviamo i nostri figli quando giocano alla guerra, o ai fronto fra la sua esperienza e lo stato generale delle cose, sa estrarre non scintille intellettuali (che palle, gli scintillanti-super dell'originalità predicatoria, della finta profondità, dell'amor di sé ipertrofico, dell'intelligenza per l 'intelligenza e della dialettica per la dialettica e per i giornali della nostra sempre più bieca borghesia!) ma frammenti, briciole, semi di una saggezza primaria essenziale; pedine di un lavoro intellettuale che si vuole morale, pratico; riflessioni che portano senza sforzo a conclusioni precise: il sapere come "resistenza contro il potere", l'insegnamento come un lavoro che "renda capaci degli esseri umani di cavarsela in situazioni possibili, cioé di sapersi immaginare come situazioni possibili anche quelle impossibili", il rifiuto della "istituzione educativa in funzione del lavoro", il fine dell'insegnamento come "un insegnare a pensare per essere liberi, non tanto nel senso della libertà dello spirito ma proprio della libertà politica" ... Quando Bichsel allarga il suo discorso dall'infanzia e la scuola alla politica e al futuro del mondo, la stessa semplicità, unita a una razionale diffidenza verso chi comanda e decide, porta a conclusioni altrettanto decise e provocanti: da sé al mondò, il passo deve essere diretto, guai a chi non l'ha capito. La grande miseria della condizione del singolo, l'impotenza in cui si vuole costringerlo, sono il punto di partenza di una conoscenza che deve portare a una diILCONTISTO cowboy e agli indiani, quasi che facessero per davvero. Se volessimo essere coerenti, dovremmo allora mettere fuori legge anche il gioco degli scacchi, che è indubbiamente un gioco bellico, il cui scopo èdi annientare il Re dell'avversario. Ma non lo facciamo, perché a noi adulti piace giocare, a nostro modo, alla guerra e ad altri giochi fortemente competitivi". (B. Bettelheim, Soprawivere, Feltrinelli 1982, p. 153). Questa conclusione di Bettelheim ha il merito di riportare il problema alla sua reale dimensione, analizzandolo con un occhio di riguardo nei confronti del punto di vista dei bambini. Si tratta in altre parole di non dimenticare che i significati che attribuiamo ai giochi bellici riguardano ben più le nostre scelte politiche che non quelle ludiche, ed è sulle prime che si tratta di investire le energie di cambiamento. versa coscienza del proprio posto e delle proprie responsabilità. Dice Bichsel: "Sono una vittima della guerra del Libano perché mi ha abbrutito, perché la mia capacità di provare emozioni è bruciata, perché il mio orrore si inquadra nella mia conèezione politica e perché questa guerra contribuisce per la sua parte a che io non possa più prendere sul serio il mio personale dolore. Che cosa sono i miei personali dispiaceri commisurati all'orrore di unaguerra?Posso ancora lamentarmi del mio mal di testa se altri soffrono la fame? (...) La paura rende ridicolo il mio personale dolore, e senza il mio personale dolore io sono disumanizzato e sono già sulla strada per diventare colpevole". E altrove, altrettanto lucide sono le riflessioni sul rapporto tra complicità presenti e futuro del pianeta, tra "nostra" pace e "loro" guerra, tra consumo e destino ... Così ci hanno ridotto, così ci siamo lasciati fregare. Ma tutti questi semplici testi bichseliani sono un invito suggerito con convinzione. Di questo, oppressi come siamo da tanti intellettuali che si pigliano per Maestri, siamo davvero grati a un maestro con la m minuscola che è diventato scrittore e intellettuale senza dimenticare l'importanza di quella piccola m. Ma infine: che cosa potrebbe esserci oggi di più altamente intellettuale di un maestro con la minuscola che sapesse ragionare sul suo lavoro come l 'epoca (ogni epoca, ma questa più di tutte) gli impone? 13
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