SAGGI/I ARPINO perturbatrici dell'ordine normale delle successioni patrimoniali. Quando ereditano infatti le donne suscitano l'indignazione degli uomini della loro casata originaria perché fanno uscire dalla famiglia quote consistenti di patrin10nio: una "diverg ing devolution" - per riprendere I' espressione di J. Goody - severamente osteggiata dagli usi non scritti della collettività (altro è il discorso concernente la dote, che consisteva generalmente in denaro liquido e intaccava meno possibile il patrimonio originario). Ciò che si evidenzia è ancora una volta la preminenza dei legami "verticali" perenni (la linea maschile) sulle relazioni "orizzontali" più fugaci che si possono allacciare tra un lignaggio e l'altro (la linea di ascendenza femminile). Tutto entro l'ordine smussato della karis tende all'armonia e alla ricerca dell'equilibrio: lo stesso rito matrimoniale- ammonisce la Klapisch-si configura come risoluzione simbolica "di un rapporto conflittuale di forze". Seguiamo ora, in breve, le tappe più salienti della cerimonia matrimoniale tra Quattro e Cinquecento. A differenza della Francia dove -sostiene ancora la Klapisch-più precoce fu l 'ingerenza della Chiesa nella cerimonia nuziale (fin dalXIl secolo), nell'Italia delle signorie il rito matrimoniale conservò a lungo forme laiche. Qui l'architettura dello scenario matrimoniale - desunta in particolare da cronisti come l'Altieri- si configura come un trittico: anzitutto i pri- ' mi negoziati, avviati da un sensale dilettante o "specializzato"; segue un incontro solenne e pubblico tra le due parti, accompagnate dal maggior numero possibile di parenti e amici con l'esclusione sovente della sposa. Infine l'accordo che porta alla stipulazione di un atto privato, siglato dalla cerimonia che a Roma prende il nome di "abboccamento" dal bacio che i due contraenti si scambiano e a Firenze dell' "impalmamento" dal gesto di stringersi !amano a stipulazione del contratto. La sequenza termina con la cerimonia delle "giure", in cui garanti e arbitri si impegnano a precisare i termini delel' accordo e a sorvegliare che vengano rispettati il pagamento della dote e la data dei festeggiamenti ufficiali. Nella seconda parte del trittico descritto dalla Klapisch l'obiettivo si posa sul domicilio della fanciulla dove si riuniscono i fidanzati, i familiari della donna e i futuri parenti: il notaio, chiru:i,atoper l'occasione, prende la mano destra della donna e la conduce verso lo sposo che le infila al dito l'anello Sotto: Scena di matrimonio del Xli sec. (Bibl. di Autun, ms. 80). A destra: incontri femminili del XIV sec. (foto Antal). nuziale ("anncllamento") inserendo metaforicamente la donna nei "cer- ' chi concentrici" della parentela; terminata anche questa fase, si procede ali' offerta dei regali e al banchetto in casa della sposa. La terza e ultima parte del nostro trittico immaginario è dedicata alla celebrazione "pubblica" delle nozze: la sposa, in lacrime, prende congedo dai suoi genitori e, vestita a festa, incoronata, montata su una cavalcatura bianca, attraversa la città sul far della sera, scortata, alla luce delle torce, verso il talamo nuziale. Questa cerimonia, ammantata dei simboli più magniloquenti, non era tuttavia l'unica a sottolineare i rapporti tra uomini e donne. Tra gli interstizi del severo mondo della karis si insinuano relazioni più fluide, restie a sottomettersi ai rigidi dettami delle combinazioni tra i gruppi familiari. Affiorano in superficie modelli di comportamento votati alla spontaneità degli affetti: in primo luogo l'istituto della "promessa", l'unione tra un uomo e una donna siglata da una cerimonia semi-privata, consumata al di fuori dei roboanti riti dei gruppi. Vista come il sintomo di una permanente ambiguità che contrassegna la nozione di matrimonio fino al Concilio di Trento (quando cade in proscrizione) o piuttosto come spazio "cuscinetto" riservato alle sole donne di condizione inferiore e mirato in fondo a impedire, in anni di alta mobilità sociale, pericolose contaminazioni tra i gruppi, la "promessa" offre stimolanti spiragli di riflessione sulle forme composite della vita affettiva nell'Italia delle signorie. Nella Firenze del Quattrocento: Lusanna, Alessandra Un verbale giudiziario della metà del Quattrocento, rinvenuto negli archivi fiorentini dallo studioso americano Gene Brucker, riporta alla luce la tormentata vicenda amorosa di ~ue giovani, Giovanni e Lusanna ( questo è il titolo del volume edito dal Mulino nel 1988) inct,ntrata proprio sul tema della "promessa". Lusanna è una donna molto bella, appartenente a una famiglia di artigiani (il padre Benedetto era sarto), sposata diciassettenne ad Andrea Nucci, fabbricante di tela. Giovanni è figlio di Ser Lodovico Della Casa, notaio, e la sua famiglia è inserita tra le alte sfere della società cittadina, in relazione con gli stessi Medici. Giovanni lavora nella fiorente impresa commerciale e bancaria dei fratelli e abita insieme ai genitori nel quartiere di S. Lorenzo, a pochi passi dalla Chiesa in cui si reca frequentemente Lusanna. La passione di Giovanni per Lusanna, valde formosa et pulchraesplode prima ancora che Andrea, il marito, rimanga vittima di una morte misteriosa. Da quel momento si protrarrà per dodici anni fino a quando Giovanni, morto il padre Lodovico, prende accor-
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