Il AMOR SACRO, AMOR PROFANO'' NORME DI GRUPPO E INDIVIDUALISMO DE..GLI AFFEffl ALLA VIGILIA DELLA MODERNITA Antonella Tarpino Il matrimonio medievale "Quando gli uomini vivono nel ricordo di ciò che fu piuttosto che nel- !' ansia di ciò che è, e si preoccupano molto di più di quello che hanno pensato i loro antenati che non di pensare essi stessi con la loro testa, il padre rappresenta il legame naturale fra passato e presente, l'anello cui fanno capo e a cui si èongiungono queste due catene". Invece "Presso i popoli democratici nuove famiglie sorgono di continuo dal nulla, altre viricadono incessantemente, e quelle che restano cambiano faccia; la trama dei tempi si rompe ad ogni istante, e l'orma lasciata dalle generazioni scompare. Ci si scorda facilmente di coloro che ci hanno preceduti, e non si ha nessuna idea di quelli che ci seguiranno" (A. De Tocqueville,La democrazia in America). Con queste parole, riprese da Remo Bodei nel corso di un recente intervento sulle origini dell'individualismo contemporaneo, Tocqueville sintetizzava la crisi del concetto di karis: quel sentimento di venerazione che legava i figli ai padri e agli antenati, assicurando continuità e solidarietà tra le generazioni nello spazio e nel tempo, e che era andata consumandqsi al crepuscolo dell 'ançien régime. Caduta della figura del padre, fine della centralità della famiglia che faceva dell'individuo un tramite fra le generazioni: nella dissoluzione dell'ideale, tenacemente perseguito nei secoli, di un singolo/collettivo cui affidare volta per volta le insegne immortali di un·gruppo familiare si misura forse con maggiore intensità lo "straniamento" tra il presente e il passato; fra la antica dilectio del gruppo nei confronti della stirpe e la moderna, inebriante ubrisdell 'individuo immerso nella vertigine del presente. Ma è possibile esplorare l'universo scolorito e perduto della karis considerata dagli uomini di allora quasi espressione di una implicita e spesso sottaciuta legge di natura? Dopo i classici studi di G. Duby (li cavaliere, la donna, i.Iprete, Laterza 1987) e di E. Power (Donne nel Medioevo, Jaca Book 1978) per i secoli medievali, di I. Goody (Famiglia e matrimonio in Europa, Mondadori 1974 ), di J. L. Flandrin (Famiglia, parentela, casa, sessualità nella società preindustriale, Comunità 1979), di L. Stone (Famiglia,sesso, matrimonio in Inghilterra tra Cinque e Ottocento, Einaudi 1983) sulla evoluzione'della famiglia fino alle soglie della nostra cultura (per citare solo alcuni tra i titoli più noti), una nuova, nutrita, serie di volumi sul tema del "privato" storico ha invaso recentemente il mercato librario. Per seguire la traccia di riflessione sopraindicata è inevitabile richiamare, seppure brevemente, le linee principali di quella sorta di "teoria degli affetti" vigente nei secoli più lontani dell'Occidente cristiano. Così è ancora Duby a ricordare, nel suo recente Medioevo maschio. Amore ematrimonio (Laterza 1988) il significativo apporto fornito a questo propo- .sito dalla generazione di teologi e moralisti affrancatisi a partire dal secolo XII, dalla concezione "egocentrica" dell'amore propria della tradizione patristica di Agostino e dello pseudo Dionigi. Sotto l'influsso del modello ciceroniano dell 'amicitia, l'amore si distaccava dalle altezze solitarie di chi contempla il divino per rappresentarsi come volontario slancio dimentico di sé che progressivamente giunge, attraverso una graduale purificazione, fino alla fusione nell'altro. Ma le relazioni che univano tra di loro uomini e donne restavano pur rigidamente confinate entro codici di riferimento prefissati e difficilmente eludibili. Era la Chiesa a dettare i modelli "concreti" del comportamento femminile entro l'ambito di quella istanza superiore cui la donna deve obbedienza - l'istituto della famiglia - attraverso le vite esemplari di sante come Ida di Herfeld, che eccelse per i virtuosi equilibrismi tra la sottomissione (carnale) al marito e la dedizione (spirituale) a Dio (e fu per questo premiata dalla fama dei suoi figli Goffredo di Buglione e Baldovino re di Gerusalemme); o come Godei iva di Londefort che sopportò il calvario delle sue infelici nozze con il terribileBertolf vincendo ogni tentazione per poi venire da questi uccisa e gettata nell'acqua. Il matrimonio medievale si collocava - prosegue Duby - al pun74 to d'incrocio di due ordini, naturale e soprannaturale: rinchiuso in una stretta armatura di riti (perché si trattava di rendere pubblico un atto privato) e.di interdetti (perché si trattava di tracciare una frontiera tra il lecito e il non lecito, tra il puro e l'impuro) era la sede di uno sdoppiamento da cui l'amore, nelle sue variegate forme, risultava bandito. Si pensi allo straordinario messaggio evocato dal capitello della chiesa di Civaux nel Poitou, ricordato da Duby, in cui due sposi sono posti l'uno di fronte ali' altro ma senza gu~darsi in viso: lo sguardo di lei rivolto verso il cielo, quello di lui posato sull'amica a rincorrere il libero amore, il gioco: la fine amor, l'erotica cortese che muove i primi passi nel corso del XII secolo. Al culto della sposa cristiana modellata - per riprendere la Power- sulla figura della Madonna si affianca, entro una ristretta cerchia intellettuale, il mito della dama chimerica proposto dall'amor cortese. Scacciato dall'universo ordinato della karis l'amore rivive negli ideali, ludici di una nuova, raffmata aristocrazia. L' ars amaruii che matura nelle libere corti borgognone è I' espressione di un'etica laica e cavalleresca strutturata intorno ai riti d'iniziazione (l'educaziòne al gioco d'amore): al centro dello schema il pericolo (la conquista di una donna mari tata, inaccessibile proprio perché protetta dai più stretti divieti posti da una società dominata dai lignaggi) che fa del gioco amoroso il pendant esatto del torneo; come nel torneo, continua Duby, la donna è infatti paragonabile a un'esca, analoga alla serie dei manichini contro cui il cavaliere misura la propria forza. È questo lo sfondo in cui prende forma, intorno ai primi decenni del XII secolo, ilRoman de la Rose di Guillame de' Lorris: il frutteto incantato popolato (a differenza dei boschi cedui di Brocéliande descritti da Chrétien de Troyes) solo di esseri spensierati la cui graziosa compagnia mima i rapporti di società di cui le corti offrono lo spettacolo e che nasconde agli sguardi le crudeltà della vita nella rincorsa illusoria della Rosa, un semplice riflesso d'amore, un desiderio maschile. La dama, al tempo stesso giudice e posta in gioco, è colei che come il marito, il signore, deve concorrere ad addomesticare la "giovinezza", a perpetuare la morale cavalleresca ispirata alla misura, alla padronanza di sé, alla discrezione. Con l' asservimento simulato del cavaliere alla dama eletta, con le sue lunghe ed estenuanti tappe, le consolazioni chimeriche, l'amor cortese rimaneva una gara tra uomini, governata in lontananza, come nel torneo, dal senior -collocato al di là dcli' orizzonte impaziente e precario della giovinezza - a cui l'intera corte doveva obbedienza. · Amore cortese e amore sacralizzato dal nume del matrimonio rappre- .sentano dunque in fondo i differenti volti di una società intenta a conservare !"'ordine" -che qui si identifica con la "stabilità", l'immobilità, la resistenza al potere disorganizzatore del tempo - salvaguardando le logiche dei gruppi familiari, imponendo rigidi confini tra le classi d'età e garantendo, attraverso il rituale del gioco e le severe norme collettive, il rispetto dell'autorità. Entro lo spazio vitale sovradeterminato dalla karis e segnato dal primato delle logiche collettive rispetto ai bizzosi desideri dell'individuo, i fragili ordinamenti umani si tutelano così contro l' azione distruttrice· di un tempo sempre considerato ostile, in nome della continuità e della riproduzione dei gruppi sociali. Così Christiane Klapisch-Zuber può definire il matrimonio medievale (da L'uomo medievale, a c, di J. Le Goff, Laterza 1987) quale segno dell'aspirazione alla pace: "scambio spettacolare di donne" in grado di sancire nuove alleanze all'interno dei gruppi. Entro questo quadro - fa eco Le Goff nell'introduzione allo stesso volume- la donna si precostituisce come oggetto fondamentale dei legami contratti all'interno della società aristocratica. "Oggetto" (l'uso della parola non è casuale) di transazioni che avvengono quasi sempre a suo sfavore perché se la donna è occasione di ascesa sociale per lo sposo essa risulta il più delle volte· declassata dalle strategie matrimoniali. Di più: il trasferimento di beni che si realizza attraverso le nozze, fissando i termini di una regolare espropriazione mette in moto una spirale infl_azionistica delle doti che porta a
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