Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

cile vincere, e nemmeno partecipare per telefono a uno dei mollissimi quiz. Su questo hanno tutti imparato qualcosa dai programmi più avanzati, di bruciante ironia. Soltanto che lì dentro - o lì davanti, che è lo stesso - le regole saranno bizzarre, ma rispettabili e rispettate. Il telecomando basta a superare l'unico imbarazzo che è quello della scelta, o.nde evitare gli ostacoli frequenti della noia e quelli rari, ma possibili, dell'incomprensione. Senza più seguire, guardavo l'assessore che continuava a leggere: la voce si arrendeva monotona al susseguirsi pedante di sinistre promesse e parole. Lo sguardo sembrava immobile, a cogliere intere tutte le righ~ in una volta. Opaco, schiarito, qua-· si azzurrino. A una pausa per una più ingarbugliata sintassi del- . l'ormai antico politichese, la mano gli si appoggiò pensosa sulla tempia e rivelò i primi capelli grigi. Anzi no, la strana comparsa di piccole, bionrussime, mèches_. GIUSTIZIA -È FAffA Mario Macagno Parlare dei vantaggi o degli svantaggi che comporta fare il turno di notte è sempre cosa soggettiva, perché è legata a diversi fattori: la famiglia, l'età, la salute ed altri ancora. Credo quindi che le mie opinioni al riguardo non possano essere condivise da tutti. Ma, sul campanile di Coazze vi è una bellissima scritta: "CIASCUNO A SUO MODO". I rusagi che comporta fare questo turno sono molti. Uno di questi è quello di lavorare durante le ore che, per norma di natura, sono destinate al sonno. D'accordo che si può dormire anche di giorno, ma è un dormire diverso. Perché reca disagio. A te, che dormi meno ore rispetto a quelle che il corpo richiede e che, per di più, le dormi male. La lama di luce che filtra da una gelosia, i rumori della strada, quelli del caseggiato e tanti altri ancora, ti vietano infatti di dormire con agio. Anche altri risultano disagiati da questa situazione anomala: le mogli, che non possono sfaccendare come vorrebbero, i bambini, che devono giocare e nel gioco si grida, si ride e si corre; i vicini di casa che, se devono piantare un chiodo, si sentono in soggezione. Ovviamente sto parlando di un tempo; non del tempo ili quando Berta filava, perché allora trascorrevi la notte sveglio solo se assistevi un malato o se vegliavi un morto. Sto parlando del tempo in cui il vicino sentiva ancora la "sogg~zione" e cioè il rispetto verso gli altri. Oggi è diverso, oggi ha vinto la squadra del cuore, e voi ammalati, voi anziani, voi che fate il turno ili notte, potete anche crepare. Quelli che ho esposto poco avanti sono gli svantaggi maggiori, poi vengono gli altri: vorresti andare a trovare un amico, ma lui fa l'orario diviso, vorresti fare le cose che si fanno dopo aver cenalo, ma "devi fare la notte", e molti altri ancora, che non serve elencare, ma che chi ha fatto la notte conosce. Veruamo i vantaggi: l'officina pare diventi più intima, il ruSTORIE/MACAGNO more è meno assordante, minore è il numero di quelli che ti controllano, perché i capi sono a dormire. Al massimo ce n'è uno, che difficilmente Liviene a scocciare e che tu difficilmente vai a scocciare. Una specie di reciproco accordo, che ti dà la possibilità di usare, come più ti fa comodo, quei momenti di libertà che hai a disposizione. Puoi, ad esempio, parlare con un amico con maggiore tranquillità, o mangiare un panino quando creru e non quando suona la sirena (facendo la notte, pranzi e ceni a casa). I neon accesi sono molti di meno; pare che albeggi e in questo albeggiare spiccano delle luci più forti; quelle di quelli che fanno il turno di notte. Quelle che - forse stai sognando - ti paiono lanterne di contadini o di pescatori che vanno ad iniziare una nuova giornata. "Forse stai sognando". Mai sognare quando si lavora mentre si dovrebbe dormire. Perché, verso le tre o le quattro del mattino, i pezzi diventano più pesanti, gli ingranaggi girano più veloci e gli utensili si fanno più offensivi. Per quanto mi riguarda la mia parte di "notte" l'ho fatta. Un anno consecutivo, non 365 notti, perché alcune festività furono rispettale, ma 360 notti di dodici ore cadauna. Era andata così: il mio socio, io e la nostra macchina· facevamo solo due turni, mattino e pomeriggio, ma arrivò un carico di lavoro extra che comportava un aumento di ulteriori otto ore lavorative. Questo carico sarebbe durato non oltre un anno e ciò, per l'azienda, non giustificava l'istruzione, invero un po' complessa, di un terzo operaio. Ci proposero quindi di effettuare due turni di dodici ore. Non ero contrario, ma il mio socio mi mise al corrente di una sua grave menomazione: era portatore di un ano artificiale. Mi disse: "Così conciato come sono non mi sento di fare la notte, posso fame qualcuna, ma con grande rusagio. Se ti senti di fare sempre tu questo turno, io farò qualche pezzo in più e ciò ti permetterà di avere maggiore tempo per riposarti". Era menomato, ma era un uomo e un amico; gli ho fatto torto a chiamarlo socio. Parlerò ancora di lui. Questa fu la mia risposta: "Senti Cichin, tu devi preoccuparti della tua salute, e non dei pezzi in più. Quando ti senti fai la tua produzione, quando non ti senti lascia il da fare a me, senza provare alcun senso di colpa. Solo a questa condizione acce'uo di fare tutte le notti; sono un frisulin, ma di quelli guregn, sono ancora giovane e penso che fra un anno mi resteranno ancora molte notti a disposizione". Parole che Cichin comprese, perché dette sinceramente, che non vorrei però fossero intese come un mio vanto. È quindi opportuno parlare di Cichin. Comunista convinto, amava dimostrare questa sua convinzione con maniere a volte molto valide, a volle più appariscenti che altro. Come quando, entrando in fabbrica, poneva, ben visibile sul portapacchi della bicicletta, "L'Unità". Ma, a ben pensarci, non era apparen2ia, bensì dimostrare che non temeva che "altri" sapessero quale era il suo credo. Molto buono, era di una bontà contagiosa: vi era un malato, o a qualche compagno era successa una disgrazia in famiglia? Il primo a iniziare la colletta era sempre lui. A qualcuno occorreva una mano? La prima che trovava era sempre la sua. Voleva bene a lutti e tutti gli volevano be71

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