STORIE/GIACCHE Il non straordinario incontro tra un "assessore ai giovani" e il giovane prodotto di una mutazione da benessere. te, non ha appuntamento ... Era mio dovere insistere, e il giovanottone accennò a un deferente segnale di ringraziamento, mentre semovente, e ancora quasi in posa, invadeva, dietro di noi, l'ufficio. Mi misi seduto, ma né lui né l'assessore, per opposti motivi, si sedettero: la fretta dell'uno era armonica con il senso di estraneità dell'altro. Eppure mi incuriosiva l'assoluta assenza' di disagio: non poteva essere soltanto dovuta alla volontà di un incontro rapido e funzionale da ambo le parti. Erano piuttosto le parti a essere armoniche in quanto tali. Nessuna esitazione, nessun ingraziamento. Si potrebbe dire nessuna dinamica di vitale relazione, nella tranquillità formale che il giovanotto dimostrava, come fosse davanti allo sportello, invece che al tavolo, del suo assessore. L'assessore stava forse meno a suo agio, ma mi convinsi che era soltanto per me. Per la presenza di uno spettatore esterno di quello che doveva essere un incidente abituale, se non già rituale. Rispetto al "cliente" non mostrò esitazioni o sorprese. Era come se già conoscesse il problema. Oppure era soltanto disposto a tutto e, può darsi, disponibile a niente. Far l'assessore è un problema di ruolo, non di anima. Il giovane fu fin troppo sintetico nell'illustrare il suo problema. Disse di avere vent'anni, di essere figlio di un impiegato, di avere conseguito già da un anno il diploma di radiotecnico, di essere già stato all'ufficio di collocamento, di avere in seguito parlato con l'ufficio del sindaco, di essere quindi arrivato presso il suo assessorato. Voleva un lavoro, come era ovvio, ma era così ovvio che non fece mai la richiesta esplicita, che non pronunciò nemmeno "quella" parola. Piuttosto stese la mano, fino ad allora contratta al petto, lasciando cadere sul tavolo i "fogli" a suo parere necessari: lo stato di famiglia e il diploma di radiotecnico, mentre l'ordinata tensione del breve discorso si placò in una calma educata. Fiduciosa? L'assessore "ai giovani" seguì l'esposizione con svelti incoraggiamenti del capo. Meditò un borbottio di un secondo e sospirò un cortese rimprovero per spiegare, e scusare al contempo, il fraintendimento che l'aveva portato fino lì. Non poteva - lui - essere direttamente incaricato di risolvere la questione, com'è facile capire: se dovesse personalmente conoscere e risolvere tutte le richieste di lavoro dei giovani! Ma non disarmò né fu disarmante. Non può in ogni caso essere privo di senso e di speranza un incontro con un assessore, certificato da un "tu" appena venato di paternalismo, ma sostanzialmente amicale. Un "tu" politico. (Promosso!) Realizzando di avere commesso un errore, un passo falso invece che inutile, il giovane si girò casualmente nella mia direzione e mi bloccò addosso il suo sguardo per un interminabile minuto. Ero pronto a rispondere con accenni altrettanto silenziosi di imbarazzo, quando mi accorsi che quegli occhi non mi stavano affatto fissando. Chiari e però come incolori mandavano un riflesso opalescente sul volto, e su tutto il grande corpo ancora una volta immobile. Un'espressione di quiete invece che di smarrimento. Il segnale stava solo nel tempo, nella durata di sospensione delle funzioni. Un rifiuto per un input sbagliato nella tastiera, cui corrisponde uq silenzio video. Non c'era risentimento in quello sguardo, né traccia di un primo sentimento in grado, un domani, di dare frutti di ranco70 re. C'era piuttosto la sbigottita ma automatica espressione di quando non l'io, ma il meccanismo pubblico della sua rappresentazione, incappa in un deplorevole eppure normalissimo errore. Eppure, nella fissità di quegli azzurrognoli monoscopi, come nell'irriflessa leggera carezza pensosa, che l'unica mano dotata di una qualche rattrappita mobilità fece ai capelli pallidopaglierini della tempia sinistra, mi pareva di leggere Io sbalordimento di una iterata e incessante domanda. L'assessore lo fronteggiava ancora, ma adesso- lui- con una percettibile frenesia da imbarazzo. Non c'era più spazio per il riscorso agli incoraggiamenti umanitari. Non c'era più modo di svicolare nelle divagazioni politiche generali. Anche lui mi guardò cercando un rapido cenno di complicità, mi parve. Oppure sperando nell'imbeccata di quello al primo banco, con il libro di informatica aperto, mi sembra adesso, a ripensarci meglio. Era, in effetti, come se non sapesse o potesse introdurre altri dati, altri comandi. Era come se si scoprisse gradualmente sempre più minacciato nella sua competenza, ferito nella sua professionalità. La politica, come si sa, c'entra sempre meno: è ancora una volta una questione di ruoli, non di bandiere. Appena si risvegliarono, l'assessore si ricordò di avere an- _ cora una mossa: riguadagnò la sua postazione dietro la scrivania e si mise a sedere. Il giovane dovette allora ricordarsi di essere lì proprio perché non aveva un posto, e quindi registrò di avere avuta la peggio. "Game over!". Rimasto egli solo in piedi, sembrava ancora più grosso. Grande e grosso e finalmente umano nel suo caracollare all 'indietro, nell'improvviso guardarsi intorno sperduto. Ripeté frammenti della sua posizione a memoria, i dati socio-anagrafici essenziali, oppure l'iter che lo aveva portato fin lì, non ricordo bene. Ricordo che era come se cercasse di capire dove aveva fallito, in che tipo di canale era capitato, quale era la forma corretta di partecipazione al programma, come sarebbe proseguita la trasmissione ... Una rapida inversione per rimpossessarsi dei "fogli" sterilmente abbandonati sul tavolo e riacciuffata, se non la fiducia, almeno l'identità, uscì velocemente. Con un sorridente e vile sospiro aiutai l'assessore a recuperare il suo tono e il suo senso. Ma mi sentii rinfrancato so~ lo quando cominciò a sottopormi, per un amichevole parere, il testo della relazione per una sua nuova iniziativa: "Il presente progetto esecutivo del Centro Informa-giovani non vuole avere il carattere della completezza, né essere esaustivo delle problematiche e degli strumenti connessi all'attività del Centro stesso. Riteniamo che quella sarebbe un'esigenza astratta, non rispondente alle finalità che ci siamo proposti di attivare: un servizio che consenta di conoscere, orientare, promuovere la domanda e la partecipazione dei giovani ai complessi e dinamici processi della comunicazione sociale ..." Non sempre si riesce a essere d'aiuto a un amico assessore. Soprattutto se si è distratti da una troppo invadente e troppo cambiata realtà. Non potevo fermare il pensiero di quel giovanotto più grosso che grande, che certamente era corso a casa a ritrovare il calore del televisore acceso, di quel mondo affollato di gente sicura e di programmi che non si inceppano mai. Certo non si è così ingenui da credere che sia poi così fa-
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