STORIE/GIACCH. sto destino sembrava talmente radicato nella storia dell'uomo da essere ormai inscritto nella natura umana, nella sua costituzione psicologica e biologica. Eppure pensava che almeno per pochi la libertà e la felicità fossero possibili. Voleva essere ascoltato, almeno da quei pochi. Ma, col tempo, anche questo diventava sempre più difficile, anche questo ultimo tenue legame e canale di comunicazione minacciava continuamente di interrompersi. È il cruccio dei suoi amici: la sensazione di non essere riusciti ad aiutarlo abbastanza. Elemento di un dolore che è l'ultima manifestazione di un affetto resistente, nonostante tutto - nonostante la difficoltà di ascoltare Roberto, di seguirlo nel discorso che rapidamente e quasi inavvertitamente diventava delirio, e lasciava stupefatti e impotenti. L'ultima volta che ho visto Roberto aveva improvvisamente cominciato a parlarmi dei nodi biografici che stavano sotto la sua inesauribile ricerca. Per anni avevo temuto di essere ingenuo o schematico, ma mi sembrava inevitabile immaginare, dietro la sua insistenza sul libero amore, l'insoddisfazione per la sua condizione esistenziale, e soprattutto familiare. Quello che era persino troppo facile intuire, era vero. Così Roberto aveva iniziato a raccontarmi la sua grande stòria d'amore, il grande amore represso, percepito, dal mondo, solo come adulterio, e che era stato il punto di partenza della sua riflessione, aveva ispirato - nel senso etimologico e poetico del termine - la sua ricerca. Era una storia che Ro~rto sembrava idealizzare ma che, come ho poi capito da tante cose dopo la sua morte, era stato davvero qualcosa di forte e grande e di potenzialmente ricco. Così, con questa improvvisa confessione biografica, in realtà Roberto finiva di raccontare la sua storia, come chiudesse un cerchio di impotenza e utopia. La sua storia era fatta della stessa materia di cui è fatta la storia di tanti, tantissimi, ormai: il dolore - il lutto mai elaborato - per un fallimento collettivo, la solitudine, l'impressione che il mondo sia sor.do, che il destino che si vorrebbe rovesciare è troppo antico e radicato, che ognuno costruisca da sé la propria prigione, che vincano valori "antiumani", che non ci sia futuro e che, se non sarà per una catastrofe enorme, la gente morirà della propria misera catastrofe quotidiana. Pensieri che affliggono tanti, che rendono dolorosi, opachi, invivibili questi anni. Ma che nella vita di Roberto erano presenti materialmente, per così dire, in dosi enormi e intollerabili: un'enorme solitudine, un'enorme mancanza di strumenti di comunicazione, un'enorme incàpacità di costruire strategie (o tattiche) di sopravvivenza, un'enorme assenza di futuro. Così, il motivo per cui la storia di Roberto deve essere raccontata non è solo quello di strappare la sua figura alla semplificazione e all'insopportabile appiattimento della cronaca nera. Ma anche. quello di provare a leggere, da questo punto di vista drammatico e tormentato e però, anche, straordinariamente "trasparente", un po' della nostra storia e dei nostri anni. Questa è l'ultima contraddizione del destino di Roberto: di apparire un frammento, una scheggia di un fallimento collettivo; eppure di conservare fino all'ultimo il segno della sua differenza, del suo essere irriducibilmente e dolorosamente diverso e solo. 68 L'INVASIONE DELL'ULTRACORPO Piergiorgio Giacchè Da quali incroci - ci si può chiedere meravigliati - vengono poi tutti questi occhi azzurri, e capelli biondi, un tempo in netta e pregiata minoranza!? Era certo più scuro, più olivastro, forse anche più sporco, il.paesaggio antropico di una volta. E le eccezioni sembravano venir punite come tradimenti, dal momento che i biondi erano più propriamente e velenosamente rossi e le pelli candide erano piuttosto delicate e pronte a tempestarsi di lentiggini e nei, quando non si infettavano di foruncoli. Come è potuta prodursi una epidermide più sottile e più pallida, eppure pron'ta per entrambe le abbronzature stagionali del mare e della neve, una pelle stirata fino a coprire insolite altezze, fino a contenere ancora più improvvise grandezze? Proprio come per gli altri animali di allevamento, anche per l'uomo la quantità in generale - e in particolare le dimensioni da fiera - è diventata il sinonimo, più che la misura, della salute. Quando appena ieri la resistenza magra valeva più della pesante forza bruta, e il tipo grande e grosso era lo strumento idiota di piccoli, nervosi napoleoni, dagli occhi neri sintomo di vitalità, e dal colore acceso e deciso dello star bene. Ma a guardare meglio, uno per uno, i·giovani frutti di questa mutazione, svanisce l'incanto e l'invidia di un realizzato sogno hollywoodiano: sui robusti impianti simmenthal di enormi ma non sempre atletici giovanottoni, spiovono capelli non esattamente biondo-oro, spuntano occhi non propriamente' azzurro-mare. È più spesso un celestino attonito dello sguardo a fare il paio con l'impreciso nitore di chiome più stinte che chiare. A guardar da vicino. E vicinissimo per qualche minuto, fino alla fermata dove siamo scesi entrambi, mi è capitato di spiarne un esemplare standard, e rimanerne scosso: prima di scendere si è come appoggiato in un saluto scorbutico su una donnetta ancora energica, magra e scura, come quelle "di servizio". A considerare la faccia e la statura della madre l'interrogativo è diventato panico: non c'è un motivo cromosomico in questa trasformazione della dotazione genetica, in questo arricchimento del patrimonio zootecnico! Continuando la strada a piedi non riuscivo a perderlo d'occhio. Più tardi avrei saputo che avevamo la stessa meta; in quei momenti credevo di doverlo inseguire come il destino. A pochi metri e anni di distanza mi sembrava di comporre insieme, un'illustrazione della teoria evolutiva, ma uno di quei salti inspiegabili che non ho mai capito, non da anfibio a rettile, ma da rettile a uccello. Anche davanti alla lavagna della professoressa di scienze si rimaneva perplessi davanti alla possibilità che ha un serpente di mettere le ali, ma allora si andava avanti fiduciosi nei capitoli seguenti. Adesso, chi mai poteva camminare ancora qualche metro e qualche anno avanti a lui? No. Non poteva esserci una spiegazione terra terra. Come per gli uccel-
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