Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

IL CONTESTO Tutti drogati Marino Sinibaldi . • Il dibattito sulla nuova legge sulla droga, il movimento restauratorio che ha alla sua testa il PSI: segnali di deterioramento di ogni tessuto _disolidarietà. Foto Agenzia Sven Simon (Bonn)/Grazia Neri. peresempio,derivavanodallaconstatazione~talmenteovviada non potere essere ignorata nemmeno dal legislatore più ottuso - che il maggior luogo di diffusione e drammatizzazione (ossia di aumento delle frequenze e della pericolosità dell'uso di droga) era proprio la prigione. La storia - secondo la banalità che per consolarci continuamente ci ripetiamo- la scrivono i vincitori. Ma nemmeno i vincitori possono chiederci di dimenticare e mentire. E allora sulla storta della lotta alla droga in Italia, questa piccola verità va detta. E solo un esempio, naturalmente, del grumo di falsificazioni, schematizzazioni, strumentalizzazioni e mezze verità sù cui si basa la campagna antidroga. Smentite precise, ma chissà quanto efficaci, aiTivanoda quel po' di controinformazione che si è attivata in questi mesi: sulle pagine del "Manifesto" edell"'Unità" ,nei programmi di Radio Radicale e soprattutto nei numerosi e inoppugnabili interventi di Giancarlo Amao. Non si può che rimandare a quegli articoli; e dunque accennare appena i motivi specifici di opposizione ai provvedimenti in discu!lsione, a partire dalla loro sostanziale inapplicabilità, dal fatto che ogni parificazione e indistinzione fra le droghe favorisce nei meccanismi del consumo e del mercato le droghe più forti, dall'incapacità di indicare misure che non siano repressive fino all'illiberalità. E magari avere il coraggio di ricordare che dietro la droga ci sono anche specifiche situazioni individuali e sociali che si può almeno provare ad affrontare (e più sommessamente ripetere, spiegare, dimostrare che buona parte delle sostanze considerate droghe eritenute oggi "illecite" fanno meno male, molto meno male di sostanze non solo considerate lecite ma pubblicizzate come status symbol e strumenti di socializzazione e integrazione: i superalcolici, per esempio). Qui vorrei invece sottolineare un risvolto più generale. I toni del dibattito e la "filosofia" delle misure adottate rappresentano infatti il segno più evidente di una svolta epocale nella politica e la vita sociale del nostro paese. Specie se lette insieme a provvedimenti meno gravi ma non meno significativi decisi nello stesso giro di settimane (per esempio la liquidazione dell'equo canone, il còndono agli evasori ma anche, che so, la riforma degli esami di maturità), configurano i nuovi principi ispiratori o, come si diceva, "regolatori", della vita sociale. Con uno slogan, potremmo così riassumerli: punizioni per i deboli premi per i forti. Dalla gestione delle fabbriche alla legislazione statale, l'intera società pare riorganizzarsi intorno a questo orientamento, a questa norma bifronte. Non è solo il tracollo del "welfare state", come avviene altrove in Europa (ma spesso con un senso del limite e della misura sconosciuto a noi, popolo latino). È anche la caduta (il suicidio) di una cultura cattolica della solidarietà che, in uno stato sociale debole, ha funzionato come una rete di sicurezza, un'incerta e insufficiente supplenza. La cultura cattolica recupera la propria vocazione moralistico-reazionaria, sfugge come una peste "il pietismo", si integra nella nuova ideologia italiana: metabolizzata la crisi dei valori, ricomincia la marcia dei principi. Del resto, dal punto di vista politico è inutile farsi illusioni: come dimostra anche solo la cronologia della vicenda antidroga, la testa di questo movimento di restaurazione dell'autorità è oggi rappresentata dal Partito socialista. Sua la teorizzazione e la conseguente applicazione di una cultura politica che ignora alcuni conflitti (sulle case sfitte o l'evasione fiscale, niente decisionismo, eh ... ) e ne drammatizza altri; si fa beffe di ogni reale competenza ed esperienza (come quella dei giudici, per esempio, o delle comunità: competenze non sempre limpide e "insospettabili" ovviamente) in nome di una nuova autonomia del politico, della decisione centralizzata, con un rapporto di tipo borbonico con i peggiori istinti che emergono, ampiamente favoriti e blanditi, nella società; che risolve ogni problema, ogni conflitto, ogni contraddizione con la pura esibizione di energia. Questo è l'approdo della cultura emersa all'inizio degli anni Ottanta. Sotto l'apparenza laica, è una cultura estremista, un "vogliamo tutto" rovesciato. Vuole il consumismo e l'antinucleare, per esempio. E vuole, soprattutto, una società competitiva e meritocratica senza pagarne il prezzo più ovvio e naturale: l 'esistenza di sacche di inabilità, di debolezza, di irriducibilità a quei principi. Dì una marginalità che è fisiologica, di cui forse non si pos5

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