Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

zogna e di illibertà; non al gesto esemplare aspirava; ma alla costruzione di una qualche catena di conoscenza e di solidarietà che unisse quei pochi immuni dalla degenerazione che rendeva l'uomo "la più bestia tra le bestie", come amava dire citando Goethe. Pensava al comunismo platonico e alla solidarietà della Tavola Rotonda, all'amor cortese e alla libertà dello "stato dinatura". Riteneva questo universo di storie e valori come una possibilità che la storia aveva sconfitto; ma li immaginava, storie e valori, avventure ed eroi, come possibili elementi ideali di generazione di un'altra storia, di rigenerazione dell'umanità - o almeno di una sua piccola parte. Come se la conoscenza, il ricordo, l'amore per quei valori sconfitti (libertà, solidarietà, eguaglianza fraterna) potesse provocare la loro resurrezione. Roberto non si illudeva, si riteneva anzi scettico e pessimista; ma questo era il terreno della sua speranza. Una speranza di cui lui, per primo, avvertiva l'irrealtà. Perché Roberto pensava continuamente alla sconfitta che quei valori avevano subito nella storia; ma non era indifferente alla loro sconfitta, per così dire, nella cronaca. Cioè alla loro ennesima sconfitta, all'ennesimo trionfo dellà disuguaglianza oppressiva, della competizione aggressiva, di una società ridotta a un mercato, dove l'uomo è davvero, liberamente e legittimamente, homini lupus. Così Roberto era quel che si. dice un esaltato, con la sua inoffensiva mania per vecchie storie e vecchi eroi; ma era anche spesso depresso, pericolosament(, depresso, per la desolaFoto di Uliano Lucas. STORIE/SINIBALDI zione che vedeva nel mondo - quando alzava gli occhi dai suoi libri e guardava le strade di Roma e del suo paese, i giornali, la gente, il futuro. Questo è il cortocircuito che lo distruggerà: l'elementare, banale distanza tra l'altezza e la purezza degli ideali e la miseria dell'esistente. Molti - spero - vivono questa distanza e ne sono lacerati; ma in Roberto i due poli erano reciprocamente incomunicabili, intollerabilmente divaricati. Lancillotto gli sembrava più puro di quanto non fosse, lo stato di natura più felice di quanto non sia stato; e la gente più misera e cattiva di quanto non sia. L'estate ogni volta acuiva il disagio di Roberto, ingigantendo il suo isolamento e la desolazione che lo circondava. Anche queste banalità contano, purtroppo, nella vita e la morte delle persone. In piena estate Roberto progetta e compie la suadrammatica fuga nella notte. Eppure io credo che ci sia una spiegazione più profonda. E sta nel meccanismo, semplice e terribile, per cui chi odia la società e le istituzioni vuole, a un certo punto, sentirsi odiato. Sopporta meno di tutto l'indifferenza che lo circonda, il ventre molle che assorbe la sua alterità, l'opacità che il mondo oppone allo smascheramento che lui crede di aver operato. Roberto soffriva anche di manie di persecuzione, ma non particolarmente gravi. La vera, grande, intollerabile persecuzione che gli sembrava di subire era l'indifferenza e l'immutabilità, erano gli editori che respingevano senza una parola i suoi manoscritti, era l'impossibilità di rendere pubblica la sua riflessione, di comunicarla, di contribuire a salvare l'uomo dal suo destino di oppressione, solitudine, infelicità. ARoberto que67

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