Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

SAGGI/ ARENDT, IN:ZENSBERGER di un nesso causale, comunque se ne intenda la natura. Ora, però, è di fatto accaduto in Germania e così è diventato, anzitutto, un evento della storia tedesca, di cui oggi tutti i tedeschi devono assumersi la responsabilità sul piano politico, ma non su quello morale. La mia frase equivocata dice: un'opinione che fra gli appartenenti ad altre nazioni non è nulla più che un'o- .pinione, in.Germania, quando si tratta della "soluzione finale", ha immediatamente implicazioni e conseguenze politiche, di politica attuale. Nel caso dei tedeschi sono inevitabilmente in gioco, nella discussione di tali questioni, interessi altrove assenti. Solo in Germania Auschwitz è addirittura un problema di politica interna, per tacere poi degli aspetti di politica estera che, comprensibilmente, si preferisce spesso ignorare. Entro questi limiti sono disposta a darLe ragione sul fatto che; alla lunga, non è decisivo che dei tedeschi abbiano perpetrato simili misfatti, ma che essi siano stati perpetrati. \ Veniamo ora al passaggio da me contestato, che pure costituisce, in fondo, il tema del Suo libro: l'equiparazione di politica e crimine. Mi consenta di cominc-iarecon la Sua obiezione logica. Alla frase: Auschwitz è la conseguenza di tutta la politica, dovrebbe logicamente corrispondere: gli ordigni nucleari sono la conseguenza della tecnica moderna, e non, come Lei ritiene: "L'estrema conseguenza dello sviluppo degli ordigni nucleari sarebbe la distruzione della vita sulla terra". Vi sono oggi molte persone che attribuiscono soprattutto alla tecnica la responsabilità delle armi atomiche, così come Lei attribuisce in particolare alla politica la responsabilità di Auschwitz, e io contesterei sia l',una che l'altra posizione. Ciò che però fra di noi è in discussione, è il fatto che L,ei pone sullo stesso piano I' "ecatombe nucleare" e la "soluzione finale", e io temo che Lei si sia fatto indurre a stabilire questa equivalenza semplicemente dall'infausto termine "soluzione finale". L'ecatombe nucleare sarebbe, in effetti, una sorta di estrema soluzione di tutte le questioni, ma la soluzione finale era "soltanto" "soluzione finale della questione ebraica"; potrebbe fungere da modello per la "soluzione" di questioni analoghe, è anche pensabile che, in un caso del genere, armi nucleari abbiano una loro funzione, e tuttavia essa non ha nulla a che vedere con l'ecatombe nucleare. Ciò che di fatale vi è in Auschwitz è proprio il fatto che una sua ripetizione è possibile senza conseguenze catastrofiche per tutti coloro che vi sono coinvolti. La conseguenza politica inerente allo sviluppo ~i ordigni nucleari nella strategia bellica è, molto semplicemente, l'abolizione della guerra come mezzo della politica a - meno che non si attribuisca agli stessi ordigni una conseguenza che essi possono invece avere soltanto se degli uomini ne traggono le conseguenze. Il fatto che si trarrà la conseguenza politica dello sviluppo tecnico della strategia bellica - che in base alla propria logica si autoabolisce - non è cosa certa; Io ritengo molto probabile, ma è una semplice opinione, su cui si può discutere. Ciò su cui, temo, non si può discutere, è il fatto che Auschwitz resta possibile, anche se nessuno più parla di morte nucleare. Il nostro concetto di politica reca l'impronta dell'antichità greca e romana, del diciassettesimo secolo e delle rivoluzioni 44 del Settecento. Lei non può semplicemente pensare che Auschwitz abbia portato alla luce le radici di tutto questo passato.· Suppongo, allora, che intendesse dire: in questo caso sono vénute alla luce le radici di tutta la politica odierna. Anche entro tali limiti, tuttavia, Lei può conservare la Sua definizione solo istituendo un parallelo - per dirla in breve - con Hiroshima. Sono dell'idea che si tratti di una conclusione affrettata, che tuttavia viene spontanea, poiché entrambi gli eventi si sono verificati pressoché contemporaneamente nel corso della guerra. In questo caso si trascura il fatto che Hiroshima e i bombardamenti sulle città (Dresda) erano legati alla strategia bellica e mostravano nella realtà che, in un conflitto condotto con mezzi moderni, non è più possibile mantenere la distinzione fra guerra e crimine. Auschwitz, però, non aveva nulla a che vedere con la strategia bellica; costituiva il punto di partenza di una politica di spopolamento, arrestata solamente dalla sconfitta della Germania; anche in tempi di pace Hiùer, come ben sappiamo, avrebbe continuato nella sua opera di "estirpazione". La politica del Terzo Reich era criminale. Si può per questo dire che, da allora, è scomparsa la distinzione fra crimine e politica, così come si può forse dire che in un conflitto condotto con le armi più moderne è scomparsa la distinzione fra guerra e crimine? Mi pare che questa sia una conclusione affrettata. Un'ultima parola sull'elusività. Vi è un radicalismo apparente che non tanto butta via il buono con il cattivo, quanto piuttosto sussume (mediante paralleli a cui si presta un denominatore comune qualunque) molti elementi particolari sotto un elemento generale, di modo che ciò che si sta concretamente verificando viene minimizzato come un caso fra altri. Questo intendevo dire con il termine "escapismo". All'occasione, tutti noi ci comportiamo in modo simile, trascinati, mi pare, non dalla "corrente della storia" o dalla fondata preoccupazione per il nostro futuro, quanto piuttosto dall'impeto delle nostre associazioni. Il pericolo si annida nel mestiere. Vi si può ovviare con il tentativo, costantemente rinnovato, di tenersi ben saldi a quanto vi è di concreto e di non cancellare le differenze a vantaggio delle costruzioni. Spero che Lei accoglierà tutto ciò così come è inteso e che non se ne avrà, dunque, a male. Note. Cordiali saluti Sua Hannah Afendt (traduzione di Roberto Cazzo/a) 1) Cfr. H. Arendt, Krieg und Revolution, in "Merkur", · gennaio 1965. 2) II termine tedesco è Megatod, una coniazione che rinvia sia a Megaton= unità di energia, usata per esprimere l'energia che può essere liberata dalle bombe nucleari e termonucleari; sia al termine- tedesco Tod = morte. (Nota del traduttore).

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