Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

CONFRONTI Fugae dolore di EvelynScoH "Primoscrittored'America" Marisa Caramella Più o meno negli anni in cui Hemingway affrontava, sui campi di battaglia dell'Europa, l'esperienza di iniziazione maschile per eccellenza, la guerra, una scrittrice americana della stessa generazione affrontava, in Brasile, l'esperienza femminile per eccellenza, il parto. Il parallelo non suonerà eccessivo o presuntuoso, dopo che si sarà letto il bel libro di EvelynScott, pubblicato da Serra e Riva col titolo di Infuga, che di questa e altre esperienze è il resoconto, meno fictional che non l'Addio alle armi di Hemingway; ma non per questo meno affascinante o valido dal punto di vista letterario. • Evelyn Scott, pseudonimo di Elsie Dunn, è una donna che all'inizio del secolo, e a soli vent'anni, sfida le convenzioni sociali ancora ben radicate nel Sud degli Stali Uni ti, dal quale proviene, per seguire, in una fuga che non ha nulla di romantico, l'uomo che ama, più vecchio di lei di parecchi anni e sposato con una donna che non rinuncerà facilmente ai propri "diritti", e, forte della legislazione in vigore negli Stati Uniti, perseguiterà i due impedendone il ritorno in patria per molti anni, e condannandoli a una situazione economica e sociale che ha dell'incredibile. Fin dalle prime pagine del libro è impossibile aver dubbi sullacredibilitàdellaScott, perché la lucidità con cui il suo occhio registra la realtà del Brasile dei primi anni del secolo è pari alla maestria con cui la sua penna la trascrive e trasfigura. Senza abbellimenti o concessioni all'esotismo: la trasfigurazione di questa realtà è condotta sul filo dell'esperienza interiore, parallela, dell'autrice, un'esperienza così totale e disperata da rendere impossibile perfino la curiosità per il "pittoresco" o il "diverso". Se Marisa Bulgheroni, grazie alla quale questo libro ci viene proposto in traduzione, non ci dicesse, in una postfazione dalla quale traspare un incondizionato amore-per l'autrice, che la Scott era stata politicamente attiva negli anni dell'adolescenza, il testo non ci aiuterebbe a scoprirlo. Perché la svolta che la fuga impartisce alla sua esistenza è totale. E la quindicenne che si batteva "per la difesa delle prostitute, per la causa del voto alle donne, per i neri, per l'abolizione della 'schiavitù industriale'" è, dopo la scelta di seguire Frederick Creighton Wellman nel forzato esilio brasiliano, una donna di vent'anni priva di ogni slancio vitale, o intellettuale, tenuta in vita, letteralmente, per sua stessa ammissione, soltanto dall'amore per il compagno. Un amore che viene continuamente protestato, in un racconto dove i riferimenti alla persona o alla personalità del- !' amato sono però sporadici e vaghi, e dove Evelyn Scott (Arch. Serra e Riva) invece abbondano annotazioni e osservazioni su cose e persone, dettate, in apparenza, più che dacuriositào interesse, dal tentativo di misurare la propria esistenza con quelle che la circondano, economicamente, moralinente ed esteticamente miserabili. L'adolescente Elsie, a New Orleans, si impegna nella lotta politica "con una febbre d'identificazione nel!' altro, nel reietto, che sconcerta le sue politicizzate compagne di lotta". E la ventenne Evelyn, incinta e sola, per via delle frequenti assenze del compagno (che da rettore di un'Università americana precipita improvvisamente al ruolo di "procacciatore di pane", in un paese straniero dove l'ostilità e I' insensibilità della gente, ridotta alla pura lotta per la sopravvivenza, sono endemiche, scontate), incapace di rassegnarsi a una situazione dicosì totale miseria, "dichiara" però, incessantemente, la propria indisponibilità a cercare per sé una situazione migliore. I toni del racconto di questa indisponibilità si fanno estremamente violenti quando la narratrice deve confrontarsi con quella che considera la violenza estrema: al momento del parto, costretta a farsi assistere da un medico locale, che la investe con tutto il suo disprezzo silenzioso di maschio, di borghese e si professionista autoritario, Evelyn non rinuncia per un attimo ad affrontarlo con le stesse armi, non gli nasconde il proprio eguale disprezzo, e non concede nulla alla'sua "superiorità" negandosi perfino il sollievo del lamento. Un atteggiamento di totale indisponibilità alla comunicazione di qualunque tipo con chi incarna l'oppressione, di classe o di sesso, che non viene IL CONTESTO meno nemmeno nell'istante in cui è in gioco il più fondamentale degli interessi personali, la sopravvivenza fisica. Un atteggiamento che ritroviamo una seconda volta, nel racconto, quando la Scott si trova a subire una dolorosa operazione, in seguito al parto. Nonostante una condizione di invalidità quasi totale, nonostante le uniche persone in grado di aiutarla siano un medico missionario protestante e la di lui moglie, Evelyn non esita a mostrare. ai due il proprio profondo disprezzo per l'ipocrisia nella quale vivono, e a rivelare loro la propria condizione di fuorilegge sentimentale e sessuale, incurante delle conseguenze. Quest'atteggiamento la Scott non lo ha mai, però, nei confronti della girandola di per- ~onaggi che incontra via via sulla sua strada: personaggi locali eccessivi come la loro terra, amorali, lontanissimi da ogni realtà conosciuta. LaScottmostranei loro confronti una curiosità, un interesse, una disponibilità che la mettono al riparo da ogni accusa di distacco odi durezza. Il distacco e la durezza che percorrono il libro sono perciò lucidi, voluti, hanno a che fare con il rifiuto incondizionato di scendere a compromessi con la realtà che la coinvolge e la opprime in quanto donna. Il nodo della contraddizione tra il proprio essere femminile e i suoi desideri, e la totale negazione del medesimo e delle sue manifestazioni che la giovanissima scrittrice riscontra nella realtà, e non solo brasiliana, sono alla radice della disperazione profonda che anima la sua storia, nella vita come sulla carta. La Scott, povera al di là di ogni immaginazione, malata, disperata, si anima, sembra in grado di reagire soltanto davanti all'ingiustizia che coinvolge le rappresentanti del proprio sesso: la sua solidarietà va piuttosto alla domestica grottesca, che lascia morire la figlia appena nata seguendo un istinto primordiale di sopravvivenza, che non alla propria madre, un'anziana bellezza del Sud che, coinvolta nelle miserevoli vicende della coppia clandestina, non rinuncia tuttavia alla fede nel proprio potere di seduzione e si accanisce a incolpare di ogni disgrazia sua e della figlia "l'uomo", guardando però a lui, al tempo stesso, come all'unica possibilità di risolvele per il meglio la situazione. Evelyn disprezza il suo atteggiamento: "Il suo istinto di femmina bene educata è infallibile. Quando le condizioni di vita si fanno intollerabili è possibile modificarle solo spronando ali' azione il maschio più coinvolto". Mentre, davanti a Dona Isabella, distrutta dalle gravidanze e dalla sifilide, osserva: "Com'è possibile non avere pietà delle donne, non rispettare all'origine quegli istinti che in una cultura più progredita si corrompono?". Se questo nocciolo di dolore che rifiuta ogni compromesso, ogni venire a patti con il mondo per non rinnegare l'identità e il desiderio femminili sono evidenti per ogni lettrice, non lo sono state, invece, proprio per l'uomo che Evelyn amò per lungo tempo di amore incondizionato. Il quale dirà che la Scott "se avesse coltivato meno testardamente i suoi capricci personali, avrebbe potuto diventare la più grande scrittice americana". (Sarà Emma Goldman, un'altra donna, ad archiviare invece 29

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