IL CONTISTO zione: ''Ciò che vorrei fare e che mi sembra bello, è un libro su niente, un libro senza sostegno estemo ..."?rifiutandosi ancora una volta di valutare un autore sulla base delle interpretazioni della critica, o dei luoghi comuni ripetuti fino alla nausea, Sarraute affronta direttamente l'opera di Flaubert, per rintracciarne la vera identità. Apre a caso Salammbo con un' attenzione esclusiva alla scrittura, e registra: assenza di psicologia, ossessione dello stile, il ruolo dominante della descrizione, uno stile che procede con ordine senza minacciare imprevisti ... Ma questa è una lettura da specialisti. "È così che leggiamo? No, evidentemente. Il nostro punto di vista è più vasto e abbraccia tutto quello che le parole ci propongono, significano, al di là di quello che affermanò. (...) Le parole, dunque, per loro fortuna o sfortuna, rimandano a un senso e noi non smettiamo mai di darglielo." Le impassibili descrizioni di Flaubert ci comunicano dei significati, al di là della loro perfezione formale: ci trasmettono immagini di assoluta convenzionalità, secondo una tecni~a di trompe-l' oeil. "Come siamo lontani in questo caso dalla moderna ricerca della sensazione pura, del salto verso ciò che è più vivo, più urgente, che fa esplodere la frase tradizionale e dà alle parole un senso nuovo o addirittura le altera e le reinventa, come in Rimbaud, Mallarméo Joyce!" L'analisi dell'Educazione sentimentale, confrontando la versione della maturità con quella della giovinezza, conferma l'ossessione di Flaubert per "la ricerca del bello stile e dunque di quadri descrittivi", "privi di qualsiasi complicazione psicologica". "Ho appena pronunciato una parola pericolosa, 'psicologia'. Parola screditata, desueta, sembra, perché ricorda l'analisi tradizionale dei sentimenti e tutte le nozioni superate della psicologia. Non è di questa psicologia che parlo, ma della rivelazione, della messa in opera di forze psichiche non ancora conosciute, che sono alla base di tutta la letteratura e di cui nessuna forma letteraria può fare a meno. Quando si fa a meno di essa, la psicologia si vendica." E la psicologia, la "messa in opera di forze psichiche nuove", si vendica nel Flaubert di Madame Bovary. In quest'opera, la tecnica della descrizione trova il proprio doppio in una partecipazione totale di Flaubert alla narrazione ("Madame Bovary sono io"); lo scrittore ha rinunciato alla propria posizione 'di parnassiano impassibile, confondendosi con l'oggetto della narrazione; l'inautentico, il convenzionale dei quadri descrittivi (la scena del ballo presso il marchese Vaubyessard) entrano in contatto con una sensibilità che si esprime senza autocensura. Ne risul.a unari-creazione della materia narrata, la creazione di una sostanza psichica nuova; da questo incontro nasce la forma, il colore, dell'opera. In questo straordinario risultato, forse inconsapevole, consiste la grandezza di Flaubert, in questo è precursore del romanzo moderno. Conclude la Sarraute: "libri su niente, praticamente senza soggetto, sbarazzati dei personaggi, degli intrecci e di tutti i vecchi accessori, ridotti a un puro movimento che li avvicini ali' arte astratta: non è questa la strada verso cui tende il romanzo mo28 In alto: Gustava Flaubert. In basso: Paul Valéry. demo? E come dubitare che Flaubert non ne sia il precursore?" Nella sua lettura di Flaubert, la Sarraute non si limita, come venti anni prima con Valéry, a compiere un "esercizio di lettura" liberato da pregiudizi critici. Attraverso l'analisi deIl'opera di Flaubert, alla crisi del tradizionale romanzo ottocentesco, della sua psicologia, dei suoi ruoli, e alle vanità del formalismo contemporaneo, oppone la ricerca di un linguaggio capace di esprimere quella "sostanza psichica nuova" che costituisce la forma e il colore delle narrazioni della Sarraute: la ricerca iniziata con Tropismi. Tra la vita e la rrwrte è sospeso il ruolo sociale dello scrittore nella società contemporanea. Anche il romanzo, che esce nel maggio del 1968, rimane sospeso tra la vita e la morte, per poi morire editorialmente pochi mesi dopo. Scritto a cinque anni di distanza da/frutti d' oro, dedicato alle miserie dell'ambiente letterario e del romanzo tradizionale che tenacemente sì auto-riproduce attraverso tutte le stagioni, Tra la vita e la rrwrte ne prosegue, con maggiore radicalità, l'opera di distruzione delle convenzioni inaccettabili. Il protagonista non è un personaggio, ma una condizione: lo scrittore (dì successo, apprendista, "morto") nel suo tormentato rapporto con chi decide della sua "vita": il pubblico, i critici. È sempre ecomunque-un sorvegliato speciale: lo attendono al varco per fargli la pelle, lo classificano, lo spiano, lo elogiano per assicurarsi la sua complice appartenenza alla casta. Il gioco è di potere; cambiano le maschere ma non le regole. Il sistema è chiuso. Il brusio del chiacchiericcio, delle banalità, dei luoghi comuni, è insistente e ininterrotto: chiuso nella sua trappola, prigioniero dì gesti meccanici e teatrali ("Rileggo ... Strappo. Appallottolo. Getto via.") lo scrittore reagisce, accetta, subisce, in una moltiplicazione dolorosa: dividersi in due, separare il ruolo sociale dall'io privato, difendere la propria sensibile identità dalle regole di un gioco dì morte. Ma la fuga è possibile? "Riconosco parole di laggiù ... le loro parole ... sibilano sommessamente alle mie orecchie ... Ermetismo ... Lui si è smarrito ... S.olo.Senza contatti possibili con nessuno. A contemplarsi ... E anche come dei leggeri sogghigni ... Qualcuno qui ha voluto sfuggirci, eh! Seminarci, tenersi a distanza? Ispirare rispetto?". Le ultime parole del romanzo: "Più vicino a me, ma non troppo vicino ... un po' in disparte tuttavia ... ma abbastanza lontano da tutti gli altri... proprio alla distanza giusta ... voi, il mio doppio, il mio testimone ... lì, chinatevi insieme a me ... guardiamo insieme ... non esala, non si deposita ... come sugli specchi avvicinati alla bocca dei morenti ... un sottile vapore?" Dall'inizio alla fine, il "discorso" narrativo procede ininterrotto, in assenza di azioni; l'unico intreccio è costituito dalle voci molteplici che compongono un "universo" in continuo movimento, un universo della coscienza collettiva. Il lettore, inizialmente spettatore di una condizione tragica e comica (le disavventure dello scrittore come clown infelice), viene progressivamente coinvolto in un gioco che lo chiama in causa, in cui riconosce regole che riguardano ogni ruolo sociale. Tra la vita e la morte è sospeso anche lui. L'operazione è sottile; la Sarraute usa come reagente la banalità. Si tratti del gergo insopportabile dei critici, o delle malinconie di piccole anime frustrate, o degli atteggiamenti ridicoli di una vecchia puttana affermata, la reazione è assicurata: "la vita è altrove", oltre il sipario strappato con metodo dalla Sarraute. La catarsi è perfida: dalle parole logore, consumate da voci ubriache, emergono frammenti di "sostanza psichica nuova": I'estraneità ai riti sociali, le parole di un linguaggio autentico, indagato nelle sue radici profonde: "Particelle prelevate dalla medesima sostanza... Campioni ... Tutti possiedono la medesima densità, tutti hanno questa medesima proprietà di essere corpi conduttori attraversati dalle medesime onde. Affioramenti ... (...) Tutto questo è sul punto di dispiegarsi... le particelle in movimento si attireranno l'una con l'altra ... comporranno una sola grande forma ... essa si delinea già ... ancora vaga, aperta ... un giorno, giunta alla sua crescita completa, essa si richiuderà in se stessa, mondo in miniatura, satellite che collocato sulla propria orbita si metterà a gravitare ..." Parole ricondotte alla loro funzione primaria di segni comunicativi o enigmatici, rivelatori di movimenti autentici della coscienza, sotto la superficie della comunicazione sociale.
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