Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

IL CONTISTO Credenti e no: la strada da fare insieme Mario Cwninetti Una risposta ai non credenti su alcuni loro luoghi comuni che rendono il dialogo più difficile. Sono già intervenuto su queste pagine per tratteggiare alcune linee della fisionomiadi nuovi gruppi cattolici, preoccupati di riformare il loro modo di presenza nella società attuale coerentemente con una ricomprensione della fede che supera atteggiamenti e dottrine di tipo post-tridentino. Vorrei ritornarvi in questo numero, allargando l'osservazione, non più ristretta cioè a gruppi con posizioni radicali, talvolta in aperto dissenso con le gerarchie, ma a tuttauna ampia frazionedi cattolici che si può trovare anche nelle parrocchie. Vorrei, cioè, cercare di far cogliere unadirezione nuova, un tipo di coscienzache sta diventando sempre più comune e che, a parer mio, merita anche da parte dei laici una maggior attenzione, per non dire un sostegno e un aiuto. Lo faccio anche in rapporto a quanto ascoltato durante il recente convegno su Capitini, organizzato a Milano da "Linea d'ombra" e dalla "Nuova Corsia". Convegno in cui, sia pure solo indirettamente, si sono ripetuti luoghi comuni e clichés sui cattolici, diffusi in tutta l'area laica, che ormai devono essere considerati superati. Ad esempio, parlare ancora, come si è fatto, del Dio degli eserciti, del Dio delle varie religioni in concorrenza fra loro, è segno, mi si pennetta, anche di una certa pigrizia intellettuale che non sa leggere l'affermarsi di un nuovo modo - anche se con ritardi, contraddizioni, involuzioni, ecc. - di accostarsi e .di leggere la presenza dello Spirito di Dio da parte dei cattolici. Ma su questi clichés ritornerò. Ciò chemi preme precisare subito è quel cammino verso una concezione del cristianesimo che lo distingue sempre più chiaramente dalle etiche, dalle filosofie, dalle religiosità (tutto al plurale) di cui nel tempo non solo si è rivestito, ma anche ha contribuito a produrre. Si sta ricomprendendo che la fede cristiana è un annuncio - un "vangelo" ("buona notizia")- sorto all'interno del giudaismo che poi con Paolo si è degiudaizzato e che, all'interno delle varie culture e religioni, annuncia a ogni uomoche non è solo, nonè abbandonato, chepuò sperare non invano che le "lacrime saranno asciugate", •:1esterili partoriranno", i "deserti fioriranno". Ed è questa speranza che esso celebra ricordando il crocifisso vivente, invocandolo ("Vieni Signore"), e "scendendo da cavallo", come il samaritano, ove c'è un ferito che ha bisogno d'essere curato. Il resto, diciamolo,. è importante, ma secondario. Siamo, cioè, di fronte a una deideologizzazione che non ècome in certi casi - caduta nel vuoto o fuga pseudomistica, ma riscoperta di una essenzialità che se da unaparte è recupero di una fede più genuina, dall'altro è guadagno in laicità, con la conseguente caduta di steccati religiosi e ideologici. Non si può capire tutto ciò se ancora si riduce la fede cristiana all'attesa dell'aldilà, a un regno ultraterreno che, quindi, non si preoccupa del presente, del mutamento della realtà. Non è necessario riferirsi alla teologia della liberazione, ma basta un minimo d'attenzione all'azione di tanti cristiani, che vivono la loro esistenza (la loro fede) dedicandosiquotidianamente a chi non ha né pane, né speranza, né salute, né affetto. Ed è su questo "penultimo" che giocano la loro fede. Non riconoscerlo significa chiudersi la:possibilità di allargare un fronte in cui le cose in comune sono molte di più, e più fondamentali, di quelle che dividono. Produrre valori (bontà, bellezza, giustizia, verità) se dai cristiani non è necessariamente visto, con Capitini, come luogo in cui risiede l'essenza della verità, è tuttavia uno dei compiti ritenuti essenziali come risposta al Creatore, che non è Giudice terribile come lo si vuol farpassare (ecome, indubbiamente, unacerta cultura religiosa l'ha presentato), maPadre amoroso, che comprende, perdona, aiuta. E i segni della sua presenza non sono segni diversi da quelli indicati da una religiosità sul tipo di quelladi Capitini (pur con le differenze di impostazione generale). Sono superati, almeno per un numero sempre più grande di cattolici, i tempi delle contrapposizioni frontali a un pensieroreligioso non istituzionalizzato, come sono superati, di conseguenza, i gruppi sociali chiusi nel ghetto delle parrocchie, non aperti a non credenti, senza rapporti con altri movimenti, e senza un riferimento preciso e una collaborazione con istituzioni ed enti pubblici (dalloStato alle regioni ai comuni).Esiste, emi riferisco, ripeto, anche a gruppi interni ~le parrocchie, una visione diversa della realtà ("del mondo" con terminologia cattolica), una libertà e autonomia, una visione dei rapporti fra sociale e politico, assai diversa dal passato. Forse - ed è qui la difficoltà (o la pigrizia) dei laici - siamo di fronte a realtà difficilmente etichettabili, proprio per quella conquista di laicità di cui si è detto. Ma allora, di nuovo,parlare di laici e cattolici come realtà necessariamente contrapposte è non solo scorretto,ma sovente anche falso. A questo proposito vorrei sottolinearecome con troppa facilità vengano attribuite ai cattolici in generale posizioni che sono della S. Sede o del papa, ritenendo i credenti più papisti di quanto non siano e con una lettura tutta puntata sui vertici, senza far la fatica di osservare la vita quotidiana di chi crede. Fortunatamente i discorsi e le prese di posizione di tipo integrista o condannatorio passano, mentre resta la vita delle piccole comunità che ignorano di fatto i discorsi-che cadono dal!'alto e sono più attente al tessuto quotidiano dei rapporti umani. In queste comunità si avverte soventeuna mentalità pre-industriale, di tipo familista, anti-egualitario, ecc. Tuttavia una attenzione maggiore- e perché non dire amorevole, pur nella criticità, trattandosidi realtà autenticamentepopolari - farebbescoprire che si trattadi piccoli mondi in cui dominano ancora solidarietà, onestà, coscienza dei propri limiti, rispetto per l'altro, ecc. Vorrei essere bene inteso; ma quando il cattolicesimo è identificato dai mass-media con il papa o con grandi discorsi moralisti di qualche prelato, si deve ricordare che ciò che lo fa vivere,. nonostante il card. Siri, è che ove c'è gente con l'aids, tossicomane, bisognosad'aiuto, lìin genere c'è anche qualche presenzacattolica. Ove c'è bisogno, c'è solitudine, lì, chissà perché!, spunta un prete o un gruppo religioso. Il cattolicesimo non è tanto il papa, ma questo: quello delle microrealtà diffuse su tutto il territorio. Si dirà che lo fannoper proselitismo; che c'è una carica ideologica (etico-ideologica) scorretta ed oscurantista: può essereanche vero, ma è pure semplicistico ridurre una presenza che è costante e non provvisoria a motivazioni puramente ideologiche. 21

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