IL CONTESTO mossa: chiediamoci qualè Jacausa del vivere, che è il nostro male. Rispostasemplice: la causa del vivere è il nascere. "La nascita, la spinta primordiale all'individuazione comincia . nell 'ùtero materno, quandoha inizid il viaggio verso la luce, la lotta controil muro sanguigno della vagina serrata. Ma iJ desiderio della 'ricongiunzione', cioè dei ritorno nella fluidità simbiotica, ricomparecomenostalgiadell 'unità indifferenziata, del gruppo e della comunità omogenea" (p. 139).11problemasi va chiarendo: un 'umanità bambinahaprodotto la società di mas~a c~me_surrogatodelliquido amniotico, e oranschia d1affogarvie morire. Terzamossa: cosa si fa dopo esserenati (e prima di morire)? Facile anche questavolta: si cresce, cioè si diventa adulti indipendenti.Dunque, se siamo nati e non siamo morti,e nel frattempo ci sentiamo poco bene, ciò significasoltanto che non siamo stati capaci di crescere. Più precisamente, dietro Ja tragicità del ~odemo "c'è ancora il complessoedipico non nsolto, un blocco dell'emotività che non permette di andare oltre l'esperienza dei desideri originari" (p.139). Ci siamo:stiamo male perché non abbiamo ancora raggiunto l'autonomia dell'individuo adulto. Preèla dei "desideri originari'.', concepiamo il mondo come pappa da divorare e il prossimo come mamma da asservire. La "follia del capitale", che si appropriai beni e sfruttagli uomini, ètuttaqui:nesiamo schiavi perché non abbiamo ancora superato la fase del "narcisismo infantile". Cerchiamo allora di crescere, una buona volta. Passare dal "narcisismo infantile" all 'egoismo maturo" significa scoprire finalmente l'altro (cfr. pp. 129-140); significa abbandonare rivalità e gelosia, smettere didire "mio mio" come bimbetti; significa non vedere più nella l)qnna soltanto una Madre, e liberare finalmente Amore e Passione; significa scoprire "solitudine e amore dell'altro sesso", "le idee primarie su cui si è venuta elaborando la specificità dell'essere umano" (p. 138). È una ricetta efficace? Davvero basta così poco per fare il Comunismo, conciliare Io e Mondo, abbattere il dominio della Tecnica? Ai posteri, come al solito, l'ardua sentenza. Ma intanto -lasciatecelo dire- la sua battaglia domestica con il persona! computer l'autore deve averla vinta: di fronte alla scelta cruciale su cui si chiude,il libro, "fissare lo sguardo sul video della macchina pensante oppure ... rivolgere gli occhi al cielo" (p.154), Barcellona, da vero egoista maturo che "ha rinunciato a bramare il tutto", si è senz'altro accontentato di metà del cielo, scoprendo così una valida alternativa alle serate davanti al computer che di questi tempi affliggono tante coppie italiane. · Possiamo dunque segnare un punto a favore dell'Uomo, e aggiungere che la partita contro il computer è stata condotta bene, a un ritmo degno dell'avversario. La barcelloniana Filosofia della Passione riconcilia Io e Mondo in sole 154 pagine (riducibili a 92 se si seguono le · nostre indicazioni di lettura): una rapidità ali' altezza di quel "cretino velocissimo" che è la macchina pensante. Non è poco, nell'attuale panorama della cultura italiana, che vede gli intellettuali impegnati a sfornare filosofie sempre più complete in tempi sempre più brevi. Non sappiamo se Barcellona riuscirà a strappare il record a Veca o Alberoni, certo può provarci: la sua è una filosofia ali' altezza dei tempi, una morale iri tempo reale. 11 Preferirei di no'' Filippo La Porta Questioni di etica e di morale: la ''filosofia pratica"di Giuliano Pontara e il "cuore vigile" di Bruno Bettelheim. La nostra società,chenegliultimianni ha conosciuto un notevole indurimentoreale(venirmenodi solidarietà, inasprimento dei rapporti, insensibilitàdiffusa),ama sempre più parlare di "emozioni". Si evitanobenintesoi giudizi di valore, però di un film o di un romanzosi chiedeansiosamente:"Ti ha dato emozioni?". Ci vienecontinuamentreaccomandatodi "sentire" di più (di sentire gli altri, la natura,ecc.),ma, nelle attuali condizioni, non si sa bene perchée comedovremmofarlo. Se pensiamo alla nostra saggistica,quellochemanca è una passione distaccata, capace di argomentareu, na sorta di equilibrio "estremista", che non si risolvain tiepidaequidistanza,in frigida moderazione. Qualcosa del generesi può trovare in due _libriusciti quasi contemporaneamentel'estate scorsa;molto diversi tra loro, sia come punto di vista sia comemetodologia,ma che affrontano problematichesimili(e deiqualipuòessere utile una lettura parallela). Si tratta di Filosofiapratica di Giuliano Pontara (Mondadori) e di unaristampa,// cuorevigile di Bruno Bettelheim(Adelphi, primaedizionenel '65).Alcentrodella riflessionedei due autori ritroviamo, al di Jà dei molti temi trattati, l'identica questione, che è poi la questionecapitaledell'etica, di come si debba vivere; e noncomedeveviverel'Uomo, ma proprio noi, cittadini un po' spaesatidell'Occidenteindustrializzato in questo scorcio di secoloXX. Diciamo subitoche il saggiodi Bettelheim, irriducibilea un genere preciso, è scrittoinunaprosamirabile(ben resa nella tra16 duzione), ineguagliatada qualsiasi altranarrazione sui Lager, come osservò George Steiner. E poi, proprio in ragione della sua dichiarata prossimità all'esperienza personale, dà immediatamente il senso di una ricchezza e libertà di approccio impensabile per lo studioso di professione: "per controbilanciare la pressione paralizzante della società di massa l'opera di una persona deve esserepermeata dallasua personalità".Il cuorevigile, senza enfasi e senza alcun tono sapienziale, delinea una possibile "arte del vivere" (in condizioni estreme), ben diversa dai tanti manuali di sopravvivenza in circolazione, dalle tante saggezze dispensate a buon mercato. D'altra parte la trattazione,.paziente e rigorosa,di unprofessore di filosofiacome Pontara, può svolgere, entro una lettura incrociata, un ruolo quasi propedeutico, preliminare; nel senso che può servire a depurare il discorso da tutta una serie di equivoci e scappatoie. Un accademico dal cuore vigile Cominciamoquindi dal libro di Pontara indicando i punti che ci sembrano più rilevanti e quelli meno persuasivi. La cosa che colpisce di più in queste pagine è un coraggioso e insolito radicalismo etico - insolito per un illustre accademico quale è Pontara (insegna infatti ali 'università di Stoccolma)-, un'attenzione costante ai "problemi fondamentali che vale la pena di discutere", sempre "al di là e contro le mode passeggere". Dunque, elencando velocemente, e senza ordine:
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==