Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

stablishment,essi lottavano di più per la democrazia di quanto nonabbianofattodopo,proprioperchénoncoinvoltiequindinon compromessie complici(senon inmisuratrascurabile).Paradossalmente,quindi, la democraziaè statadifesa in Italia più da chi nonla volevaamodellochedai suoi difensoriedestimatori. È anche da queste banali constat.azionistoricheche occorreripartire per formularequalcosadi nuovo; di sicurononbasta adattarsi,in ritardo, alle regolee alla realtà di una democraziasemprepiù allo sfascioper paurache undiscorsocriticosullademocraziastessa porti a una nuova delegittimazione. Torniamo adesso al discorso sulla cultura della solidarietà. Questa, che era la cultura (di classe, di gruppo)di chi avevaben poco a spartirecon il potere, si è lentamente inquinata in un duplice modo: da una parte recependoaspetti della cultura dell'individualismocontrocui inizialmenteera nata e a cui si era sempre oppostacon settariavirulenza;dall'altra adattandolaalleposizioni di potere- siapure limitato- lentamenteconquistatee sempre più ampie. Si è creduto, sbagliando,che la mancanzadi decisionee di controlloequivalessea mancanzadi potere;mentre essoera invecepresente,siapurea un livelloinferiore,già nella conoscenza,nella informazione, nelmodopassivo di accettare e partecipareal complessogioco di ricatti,veti, favori reciproci. Tuttoquesto,assiemealladifesa spessocorporativae pocotraRlvolu:zionari:Marat, Robespierre, Danton. sparentedi interessi"particolari",è storia anche della sinistra,come testimoniano trent'anni almeno di cronache parlamentari. Questo duplice inquinamento- e la parallelametamorfosidella cultura individualisticasotto l'influenza non più liberal-borghesema clerico-populista- hannopermessoche si affermasse unadiffusa cultura dell'omertà, nondovunqueugualeper grado e per ampiezza ma diffusa e praticata pressoché ovunque e da tutti. A esemplif~carequanto si è detto non basterebbeun volume: bastipensare,perrestarenelbenconosciuto,ainumerosiprofessori universitari di sinistra direttamente coinvolti in atti baronali e comportamentimafiosie a tutti gli altri che attivamenteo col silenziosi sonofatticomplicidi una"morale"universitariacheèormai trasversalea tuttele ideologiee differenzepoliticheodi scuola. Lo stessopuò dirsi per i giornalisti,i medici, i giudicie viadicendo. Le raree poche "denunce" che hanno luogoo sono il fruttodi eccezionisemprepiù rareo di gelosie,invidie, interessiconcreti (comeha mirabilmenteevidenziato il modo in cui si è arrivati all'inchiesta sulle lenzuola d'oro delle FFSS). La generalerispostache si dà a una simile realtà è che essendovenuteormaiamancareregolechiaree meccanismilineariper decidere, scegliere,valutare, la logicacorporativao familistasoIL CONTHTO no in realtà le unichepossibili "per otteneree combinarequalcosa" (vi è in questalogica anche una sortadi polemica attivacontro "lo stato" che giustificherebbe il comportamento sopra descritto, giustificazionecbe ha del resto solidi riscontri nellarealtà sempre più sfasciatadelle istituzionipubbliche).Cosa fare in. una simile situazionè,se non si ha vogliadi accettare l'ineluttabilità dell'esistente? La risposta è tutt'altro che facile, perché coinvolgela sceltadi percorsidiversi,tuttirischiosie nessunoentusiasmante.Analizzarlipuò tuttaviaservirea sgombrareil terrenoda alcuniequivocie a insinuareildubbioin troppecertezzeacquisite. Quanto si va dicendo riguarda prevalentemente il "settore pubblico", il tipodi rapporti e di istituzioniinterni allo statoe alle sue articolazioni. È qui infatti che la degenerazionedellacultura della solidarietàe il suo intreccio"familista" con quelladel1'individualismo,ha dato i risultati peggiori: conducendoa una corporativizzazionecheha messoinombrai"diritti"delcittadinoutentespessoinnomedi quelli del cittadino-lavoratoreinunente pubblico;Le responsabilitàsindacalia questo riguardo(e quindi della sinistra)sonosottogli occhidi tutti, sia che si parli dellasanitàche dcli' istruzione,dei trasportichedell'informazioneodella giustizia.Esiste il rischio, naturalmente,che in una primafase larotturadellacuituradell'omertà nonpossachepassareattraver- • - . ..,,r, '.. ' p ·1 :r"~· ,· ·v so una eccessiva adesione alla cultura dell'individualismo, cui connotati non secondari sono anche un certo autoritarismo,una certa gerarchia,unaattenzionealla"efficienza"che nascondediseguaglianzee arbitri.Riproporreunacontrapposizionetracultura individualisticadel lavoro (chesarebbepropria dell'ideologia borghese, liberale,proprietaria)e culturacollettiva (propriadella tradizionesocialistae cattolicaanchese in formadiversa)è oggi anacronisticoe sbagliato:perché la trasformazionedel ruoloe della strutturadello stato ha ormai da tempo reso assai parziale quellacontrapposizione;e perchéle trasformazioni"pratiche"di quell'ideologia solidaristica in senso familista e mafiosohanno ormai uncaratterenonpiù transitorioe neppure strumentale. Occorre tuttaviachiedersi se non sia meglioaccettare una certadose di autoritarismoe di controllo gerarchico in cambio di una maggioreefficenzae "rispetto" dei dirittidi tutti i cittadini-utenti , in attesa dipoter iniziare- anchegraziealla rotturadellacultura dell'omertà - una nuova fase di lotta per un controllodel basso in nomedei diritti e non solo del potere e del privilegiodi questa o quella corporazione. Alcuni caratteri"culturali" della tradizionepopolare italiana sono stati riassunti in modo magistralenei film di Totò e di Sordi. Questi caratteri,pur tra loro assai diversi,avevano incomune il tratteggiareaspetti propri della gentecomune, certo nondi uomini di potere.Ebbene, questi caratteriche sono tra gli strumen13

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