Linea d'ombra - anno VII - n. 35 - febbraio 1989

IL CONTHTO IN MARGINE ''Ogni nostra tragedia è una farsa" Grazia Cherchi COMINCIA L. 1 AtJhlO. P~R Il MOME.tvtOGA~At\JTIAMO GE)J~AID E FE,BSRA\O POI S.1 V(DRA'. AL)0ùRI. 1 Farsi del male In un articolodi tempo fa sulla "Stampa", Sergio Quinzio ha fatto alcune acute osservazioni su droga e drogati. Per esempio: "Oggi chi beve, come chi si droga, è un solo, spesso un disperato, al più con un suo piccolo branco sbandato ... Ho sentito ex drogati pericolosamente mitizzare la solidarietà, la sincerità che si stabiliva con altri disgraziati, e rimpiangerla come un valore etico perduto. Forse era più facile sopportare la fame, il freddo, la guerra, che non la finzione della civiltà". C'è anche un altro aspetto, a cui vorrei accennare, forse limitato ai tossicomani giovani e privi di status sociale. Nei lontani anni Settanta ricordo di aver visto, in zonaBrera a Milano, una scritta tracciata a caratteri enormi su un muro in fondo a una via: "Drogarci ci piace: lasciateci morire in pace" (la scritta venne ripresa, se non ricordo male, dal "Corriere" in un articolo, ina censurandone la prima parte e quindi snaturandola). Si, gli "piace", mal' impressione è che molti giovani drogati mirino soprattutto all'autodistruzione. Vogliono farsi del male. C'è anche un aspetto • di rappresaglia, presente, per esempio, in ogni suicidio, ma prevale secondo me, indiversicasi, l'azione contro se stessi. In questo si differenziano, che so, dalle disperate (erano anche questo) bande di giovani terroristi che, in modo sbagliato, cieco, distorto, criminale si ponevano però degli obiettivi, cercando di colpire anche altro e altri da se stessi. Sto qui parlando evidentemente dei casi che si concludono o concluderanno tragicamente, e non dei consumisti della droga o della gente dello spettacolo che, come scrive ancora Quinzio, "è vissuta per decenni alternando intossicazioni e disintossicazioni, divertendosi e guadagnando miliardi, idolatrata da tutti. L'illusione, strutturale alla società dello spettacolo, è che questo sia possibile a tutti". Sto pensando a tanti giovani, non ricchi e sconosciuti: qualcosa si è rotto dentro di loro, e più prendono, drogandosi, ad andare alla deriva, e più si puniscono per questo loro andare alla deriva, aumentando le dosi e i rischi. Ripeto:· vogliono anche .farsi male. Se rubano, aggrediscono, rapinano è per poter continuare a comprare droga e farsi del male: le loro azioni criminali hanno un bersaglio casuale, le loro vittime offrono i mezzi per distruggersi. A molti dei nostri sventurati giovani "piace" drogarsi per mandare definitivamente in frantumi la loro, per loro intollerabile, 'fragilità. No' me bate più el cuor ... No' me bate più el cuor ne le disgrazie Nostre, amiga mia; No' gòdoloripiù,sonundolor: No' cerco altra compagnia che una de zente alegra. , Ah, vardémose intorno, e contemplémo Le miserie de tuti! Che per rispeto umano se possa rider Ogni ùnde l'altro! A uno a uno, Ogni nostra tragedia xé una farsa. Giacomo Noventa (da Versi e poesie, Marsilio) La piantina senza secondi fini "Questa non è una casa pubblica" era la scritta affissa sulla porta di casa di un nostro grande scrittore del Settecento, onde scoraggiare l'arrivo indiscriminato e non richiesto di visitatori. Mutatis mutandis, anche chi legge per lavoro, cioè per poi scrivere su quello che ha letto (ricordate il bel libro di Paolo Milano - ce ne fossero ancora di critici come lui!- ll lettore di professione?) non è un servizio pubblico. Eppure la gente pare ritenerlo tale. Almeno una volta alla settimana - via posta, corriere, pony- mi arrivano plichi, inviati da mittenti sconosciuti, contenenti dattiloscritti e accompagnati da lettere che, a volte con accenti perentori, richiedono una lettura il più possibile sollecita, un giudizio scritto e, possibilmente, l'accesso alla pubblicazione. Nient'altro. Non ricevendo risposta, spesso gli scriventi tornano alla carica, esprimendo costernato stupore e riprovazione. Taluni, temendo il solito disservizio postale (eh no, in questi casi le malevole poste funzionano alacremente) inviano una seconda volta il loro malloppo. L'impressione è che i mittenti ritengano di farmi un favore dandomi l'occasione di leggerli: sarebbe per me l' equivalente di un regalo insperato. Sempre ritengono di esercitare un loro diritto. Prima domanda: perché dovrei essere tenuta a dedicare il mio tempo a dette letturé che non h9 mai richiesto di fare? . Seconda domanda: qualora ciò per qualche motivo demenziale av- . venisse, di che cosa camperei, come sopravviverei - si noti che non si accenna mai a compensi - se leggessi tutto ciò che gli'sconosciuti scriventi mi inviano? Saranno domande di elementare rozzezza, ma non mi dispiacerebbe conoscere le risposte degli speditori. I quali basterebbe che mi scrivessero - evidentemente conoscono, ahimé, il mio indirizzo -per chiedermi se sono disponibile a leggerli. Risponderei di no, ed eviterei così a loro le spese di spedizione e a me l'acuto desiderio di lacerazione dei loro scritti successivo alla crisi depressiva che accompagna fatalmente la vista - inconfondibile - dei loro plichi. Che hanno anche l'effetto di peggiorare il mio atteggiamento verso gli umani tutti. A Natale, per esempio, ho ricevuto un dono che mi ha commosso: uno sconosciuto lettoremihamandaio una bella piantina con gentili parole laudative. La parte peggiore di me, decisamente potenziata dal1' arrivo quasi contemporaneo di uno dei plichi prediletti, ha preso a farsi sentire: ho pensato che al più presto avrei ricevuto un plico da parte dell'ignoto lettore, con precise allusioni alla piantina. Il che invece non è avvenuto, e il fatto, oltre ad aumentare la mia riconoscenza verso di lui, mi ha fatto ulteriormente inveire contro gli speditori di dattiloscritti, responsabili della mia diffidenza di basso conio verso un gesto deliziosamente disinteressato. Francesismi È notorio che quasi nessuno, qui da noi, sa più il francese. Ma ogni tanto, tra i non giovanissimi, qualche mozzicone di ricordo torna ad affiorare. Con esiti non propriamente felici. Il linguista Tullio De Mauro, per esempio, si è chiesto ("Repubblica", 30 dicembre): "Che succederà nel 1989?" ( delle nostre lingue e delle nostre parole). Ed ecco la risposta: "Quel che sta succedendo in questi anni. La gente continuerà a tenersi stretta la propria tradizione linguistica a furia e a misura che verrà a contatto con lingue diverse ... ". Aufur eJ à mesure:, man mano (che); via via (che). Sembra proprio il caso che anche De Mauro si tenga ben stretta la propria tradizione linguistica e non la molli un attimo.

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