Linea d'ombra - anno VII - n. 34 - gennaio 1989

IL CONTESTO Fino a qualche anno fa, fino a quando cioè lo sviluppo e l'invasione dei media non avevano appiattito la storia e la vita alla monocorde falsità del presente e sottratto significato allo ieri e al domani, si poteva ancora sperare nelle vecchia legge, studiata e dimostrata dagli etnologi classici, per la quale la cultura (la conoscenza, la visione del mondo, la morale) si trasmette da zio (oda nonno) a nipote, e non da padre a figlio; ma oggi essa si trasmette quasi esclusivamente dal padre-fratello che è i Media, a figli condizionati e beoti, e di zii e nonni fidabili ce ne sono in giro ben pochi; mentre dei padri che per il piatto di lenticchie del benessere o (gli intellettuali) del successo hanno venduto volentieri l'anima al diavolo, ce ne sono anche troppi, e quelli veri si chiamano poi sempre allo stesso modo, i trecento burattinai dei poteri palesi e occulti, con le loro fitte schiere di servitori compiacenti. I più ipocriti dei quali finiscono per essere quelli che s'illudono di una loro autonomia di pensiero e di azione, per i quattro riconoscimenti che i media (e il potere) sanno dargli, o che affannosissimamente sono essi stessi a cercare, a implorare, a brigare. E quindi è opportuno predicare una sana diffidenza verso i predicatori ufficiali, e anche verso gli ufficiosi, a costo di doverci includere anche quelli che per tutta loro funzione aspirano solo a mediare (come che scrive) tra vecchi onorabili, vivi o morti, e figli incerti-di un presente che nçbbie e smog e media cospirano a voler rendere poco leggibile. E oppurtuno diffidare di chi ha le idee troppo chiare, come di chi le rende oscure per rendersi più interessante - di chi piange con troppa facilità e di chi ride con troppa disinvoltura - di chi folleggia e di chi austereggia - di chi guarda troppo da vicino e di chi rinvia a troppo lontano. Ed è sempre opportuno ricordare, anche ai bambini, che da Isaia a Shakespeare, da Tolstoj a Orson Welles, i veri grandi hanno continuato a ripeterci che "l'importante nella vita è invecchiare (crescere) bene", che "la maturità è tutto". Soprattutto oggi, tra santoni imbalsamati e giovani senza gioventù, mentre sembrano aspettarci soltanto o disastri collettivi o rimbambite solitudini. Managers e Nomenklatura Edoarda Masi Che cosa resta delle prospettive della ex sinistra e della socialdemocrazia? Il punto cruciale è ancora quello dell'autogestione dei produttori. Zone d'ombra profonde esistono nel panorama della sovrabbondante informazione, inspiegabili per occhi innocenti. Non mi riferisco ai livelli alti della conoscenza e delle scienze, né a certi settori delle banche dati materialmente preclusi al comune mortale. Si tratta dell'ombra che copre un certo tipo d'informazioni, pubbliche e pubblicate, disponibili per chiunque. Lasciate cadere dai media, dai politici, e in generale dai divulgatori anche a livello medio-alto. A mio giudizio, non casualmente: anche se il fenomeno non è percepito da molti che pure concorrono a produrlo. C'è una sorta di complicità, fra i formatori e gli informatori, a indirizzare il senso comune in una certa direzione, pregiudizialmente, omettendo le componenti che, fin dall'inizio, potrebbero portare a interpretazioni altre dalle alternative omologate. Una di queste zone d'ombra copre il settore delle informazioni sul contesto internazionale, là dove predetermina o contribuisce a determin~e fenomeni politici ed economici interni al nostro paese. E giocoforza rilevare in proposito una complicità quanto meno oggettiva dell'ex sinistra con quanti hanno interesse a promuovere l'occultamento. Per comprenderne i motivi è utile ricordare che, dopo l'ammissione pubblica che l'Unione Sovietica non è l'impero del bene, venne rapidamente accolta la nozione che essa è l'impero del male. Naturalmente la cosa non era espressa in questi termini di impronta calvinistica, che mal si adattano alla dolce cattolicità della nostra tradizione: la nozione si insinuava sottintesa e invisibile, presupposto implicito di tutto quel che segue - in primo luogo, dell'assenza di atteggiamento critico nei confronti del modo di produzione proprio dell'altro sistema imperiale, nel quale siamo inseriti, e delle sue strutture politiche. Un atteggiamento critico l'ex sinistra l'aveva abbandonato da un pezzo, da quando cioè ali' analisi marxista del capitalismo aveva sostituito la contrapposizione dei due imperi - quello del bene e quello del male - identificati rispettivamente con le sfere d'influenza dell'URSS e degli Stati Uniti come sole realtà esistenti e possibili entro le quali (e solo entro le quali) definirsi e agi6 re. Una volta immessi in questa dimensione falsificata, è difficile uscirne: non appena si cessa d'essere inglobati nella sfera sovietica, lo si è di necessità in quella americana. Lo si voglia o meno, e perfino senza esserne ben consapevoli. Mi riferisco non all'adesione a una sfera d'interessi, ma semplicemente al modo di pensare, al contesto che condiziona la mente e i giudizi. Negli ultimi anni, per esempio, è abbastanza diffusa l'informazione generica sull'oppressione che i popoli del Sud del mondo subiscono dai potentati economici e politici e anche da un certo numero di comuni cittadini del Nord. Ma se ne tratta come se ne fosse causa una sorta di malvagità-o magari egoismo, attaccamento estremo e cieco ai propri "interessi". Non si va più in là di tanto. Questo criterio, di attribuire comportamenti economici e politici a bontà o cattiveria, virtù o vizio, si estende al giudizio sul passato: fascismo e nazismo equivalgono allora a malvagità, disumanità, violenza. Insomma, si affrontano i fenomeni storici e collettivi come si trattasse di giudicare il comportamento di un individuo, per di più esclusivamente sul piano morale. Questa assurdità puerile è il sottinteso dell'educazione impartita al pubblico attraverso i modi dell'informazione - approfittando bassamente dell'infantilismo dei più sprovveduti, della caduta di punti di riferimento, del rifiuto della politica; e anche dei buoni sentimenti e della cultura della nonviolenza. Con essa si suggerisce che il modo di produzione "occidentale", col corrispondente sistema sociopolitico, quale unica alternativa concepibile all"'impero del male", prima ancora che "impero del bene" si definisce come condizione umana natural-eterna. Sarebbe quindi privo di senso sottoporre a giudizio critico i suoi meccanismi, e tantomeno andar ricercando all'interno del suo funzionamento le cause, o le concause, di fenomeni sgraditi ali' opinione pubblica (o nei quali la gente potrebbe arrivare a vedere un possibile danno anche per sé, se vi riflettesse), mentre è facile condannarli semplicemente sul piano morale - dove vige per definizione il principio della libera scelta dei soggetti. Ne consegue che, en-

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