SAGGI/LA PORTA-SINIBALDI --------------------------------------------------------- Il nodo rimane quello del rapporto tra scrittura ed esperienza. Il difetto, o equivoco, principale è quello della letterarietà. Il mondo sta lì davanti a noi, quasi sempre già interpretato, sistemato, preconfezionato: cosa possiamo aggiungergli? Però è giusto ribadire che, in assenza di una varietà e intensità di esperienze, la diffusione imponente e capillare di "manoscritti nell'armadio" non appare di per sé un segnale positivo. È vero infatti che la funzione della letteratura nella civiltà audiovisiva è, nonostante tutto, qualcosa di non sostituibile (approfondimento, rallentamento, creazione di pause entro un'esistenza febbrile, capacità di attenzione). Ma ci sembra che questa funzione, alla quale crediamo, si esprime soprattutto quando la preoccupazione della letteratura non è centrale. Uno dei pochi grandi narratori viventi, Isaac B. Singer, ricorda nella sua autobiografia un amico carissimo, lo scrittore yiddish Zeitlin, intellettualmente affine, ma profondamente diverso su un punto non secondario: "la passione primaria di Zeitlin era la letteratura ( ... ) la mia, invece, era costituita dalle avventure amorose". È legittimo condividere la nobile "passione di Zeitlin", farsi riscaldare dal suo fuoco, ma anche i più solidi scrittori di questi anni rischiano alla fine di sciogliersi, di svaporare al contatto prolungato di questa fiamma (trasgredendo la voluta astrattezza di queste righe si può forse fare il nome di un autore peraltro di indubbio talento: Antonio Tabucchi). L'Immaginazione al potere Tentando una psicologia o sociologia dei movimenti della scrittura non è certo il caso di essere eccessivamente severi. In fondo ognuno scrive per i motivi che crede. Il fatto è che alla scrittura sembra si riservi oggi uno spazio dorato, falsamente privilegiato., auratico. Scrivendo ci si sente, chissà perché, dotati di una interiorità, di un'anima, e ci si consola così del "materialismo" della restante vita quotidiana. Scrivendo, e pubblicando, si sente di esistere, o almeno di esistere in modo completo. E l'artista moderno, già prima di Tonio Kroger, è tale proprio perché si contrappone alla realtà, alla vita vivente. Alla Letterarietà si accompagna un altro pericoloso equivoco, quello della immaginazione, e dei suoi magici poteri. Ora, chi si sentirebbe di imbrigliare o censurare la immaginifica attitudine di un aspirante scrittore? Chi potrebbe convincerlo che il mondo attuale è così vario e imprevedibile da rendere superfluo il lavoro dell'immaginazione? Eppure la maggior parte di questi racconti dattiloscritti risultano banalmente macchinosi, privi di qualsiasi logica interna, costruiti su trame più inverosimili che fantasiose. Il loro difetto principale'non consiste tanto nel tacere sull'Italia di questi anni, ma di non avere un realismo di tipo diciamo così psicologico. Vi ritroviamo il rifiuto della politica, la scoperta dei sentimenti, i festival dell'Unità, la pazzia, gli aborti, la nostalgia per la fine del mondo contadino, l'autocoscienza, il dopo-Cerno_byl. Ma le reazioni emotive dei personaggi, i loro comportamenti appaiono poco credibili, irreali. In letteratura si può inventare tutto ma non la psicologia, come raccomandano i classici. Tutto questo fa pensare ad una assenza non tanto di capacità "retorica" (anche se naturalmente ci sono una serie di regole e di trucchi qui spesso ignorati), ma proprio di esperienza vissuta. Ma si ha il diritto di rimproverare a qualcuno una mancanza di esperienza? Chi siamo noi per dirlo? Come facciamo a saperlo? E poi davvero l'esperienza può consistere in qualcosa di "minimale" (sarebbe fuorviante privilegiare l'esperienza "deviante"). Il punto è un altro: è che ci sembra aleggi in queste pagine una concezione che stacca la letteratura dall'esperienza. Pensiamo ai modelli, a certo Borges di invenzione prevalentemente libresca, a un fantastico di maniera, al Medio-Eco, ecc. (oltre alle metodologie critiche che hanno dominato per molti anni nelle università). Giovinezza Per un esordiente scrivere è soprattutto imitare. Ma la qualità dell'imitazione dipende in gran parte da fattori extraletterari. Ad esempio i racconti della seconda antologia Under 25 (Belli & perversi) sono perlopiù cattive imitazioni proprio perché sono il frutto di una specie di "stacco" dall'esperienza, qualunque essa sia e qualunque forma oggi assuma. Si imita lo stile. Ma imitazione e stile, anziché dare forma all'esperienza sostituiscono l'esperienza. Si tratta di un procedimento esemplare, proprio perché molti dei racconti raccolti da Tondelli "ruotano attorno all'esperienza omosessuale". Ora, proprio l'esperienza omosessuale - come altre esperienze "limite" della cultura o controcultura giovanile - ha per anni prodotto una scrittura che è stata detta "selvaggia" in quanto priva di riferimenti culturali consapevoli. Con tutti i limiti che quella esperienza ha avuto, almeno non mancava di originalità. Adesso invece anche quella zona di esperienza e di scrittura ha scoperto i propri riferimenti, uno stile da imitare (per sfuggire così all'angoscia letteraria ed esistenziale di vivere senza stile ... ). Ma la scoperta non ha profondità. Lo stile non si somma all'esperienza, ma vi si sostituisce. Così i racconti di quest'antologia più che imitazioni sono rimasticature (della beat generation, dei minimalisti, delle varie letterature maudit, persino di Pasolini). Prendiamo per esempio il primo racconto, celebratissimo da Tondelli. Tutto si può rimprovrare ai minimalisti, ma non di mancare di coerenza, a partire dallo stile. Ebbene mai un minimalista scriverebbe "del gusto dolceamaro del piacere' o della "intensa emozione che ti attanagliava il ventre". Qui uno stile si aggiunge all'altro (in questo caso a quello della prosa d'arte, ma anche del fotoromanzo). Stili, tradizioni letterarie e modelli di scrittura, in molti testi di giovani scrittori e nel complesso della "giovane scrittura", si som- . mano senza escludersi a vicenda. Questa eterogeneità se da un lato rivela la ricchezza o almeno l'ampiezza degli input, dall'altra sembra rimandare ad una incapacità di scegliere, di avere il coraggio di trovare la propria strada escludendone altre (un di fetta che ha a che fare più con l'etica che con la letteratura). Ma sul problema dell'imitazione ci sembra definitiva un'altra recente considerazione di Fortini scritta a proposito della giovane poesia che "tanto visibilmente" imita e cita: come quei giovani poeti, gran parte dei giovani scrittori "vedono giusto (la letteratura si fa con la letteratura) in una prospettiva sbagliata (la letteratura non respira senza l'altro da sé)". In questa - come chiamarla? - disattenzione per l'altro da sé sta secondo noi il limite principale della giovane letteratura. Qui andrebbe fatta una digressione sulla cosiddetta critica militante, a cui va imputata una parte di responsabilità riguardo alla "formazione" dei giovani autori. Se infatti si devono scrivere due o tre cartelle su un giovane scrittore, ci si trova come costretti ad attingere a piene mani al proprio repertorio critico, a individuare ascendenze e analogie. L'effetto che ne risulta è quasi sempre di una fatale sproporzione tra categorie critiche e materia di cui si parla. I racconti della antologia Belli & perversi hanno certamente dei meriti, rappresentano un prezioso sismografo di umori e sensibilità: ma troppo spesso sembrano appena delle prime stesure, con trascuratezze evitabili, maldestri scambi di nome, ecc. Ora, nella recensione, sul "Manifesto" di un criticci come Remo Ceserani, diventano "piccole macchine crudeli, chè mettono in scena perversità, sublimi menefreghismi ... fredda cattiveria". Insomma si po77
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