IL CONTESTO I padri della matria GoffredoFofi I grandi vecchi e i piccoli vecchi. I vecchi che predicano e i vecchi che languono. I vecchi potenti che fregano i giovani senza gioventù. Uno dei datipiù vistosi di questanostra società affluentissima, è il diverso grado di resistenza che oppongono alla vecchiaia ricchi e poveri. Si dirà: è sempre stato così, i ricchi muoiono vecchi, i poveri muoionomeno vecchi d'età e assai più mal conciati, più soli. Vero, ma oggi qualcosa di nuovo c'è: i meglio garantiti sanno garantirsi meglio anche i loro ultimi anni, i soldi non danno l'immortalità ma, come diceva Sheckley in un "classico" della sf, Ammazzare il tempo, possono andarci vicino, e chi può meglio servirsi dei vantaggi del progresso tecnico-scientifico-medicose non "chi può"? I media sono pieni di facce di "grandi vecchi" sorridenti, rispettati, invidiati, mentre gli ospedali rigurgitano di noiosissimi lungodegenti di dieci, venti, trent'anni più giovani, in lente, sfasciatissime, agonie. L'età media si allunga, bambini ne nascono più pochi, per egoismo di benestanti e in certi casi per inconscia e sotteranea paura del futuro, ma la riserva di mano d' opera è sterminata, giù verso sud e là verso est, e dunque il potere può tranquillamente godere in tutti i campi di dirigenti in età, ma arzilli assai. In alto: Nilde Jotti (foto Francesco Garufl/Contrasto/G. Neri). In basso: Cesare Musatti (Foto Vito Scifo/G. Neri). Una volta la vecchiaia, almeno nella società contadina, era onorata; oggi è ovunque, nel nostropaese, disonorevole salvoche tra i potenti, e il vecchio ha potere solo se è ricco. Con scarsissima considerazione del proprio prossimo nella classe d'età che è la loro (si direbbe che anzi se ne vergognino tremendamente, e lo schifino: e se gesti di solidarietà possono talvolta recitare, sinceri o no, essi sonocertamenteper altri cheper i loro coetanei), i vecchi che contano arrivano a dar lezioni di gioventù ai bischeracci che li stanno a sentire. Questo atteggiamento unifica destra e sinistra, come si diceva una volta quando destra e sinistra non erano state risucchiate dal centro, così come unifica capitalisti e intellettuali, funzionari e giornalisti (i quali, poi, che mai avranno da insegnare vallo a capire!). Si direbbe dunque che il problema sia di una società e non di un ceto, o meglio: sia del ceto dirigente nel suo complesso, e non di una società. Fare esempi può essere sgradevole, ma ognuno può riempire le caselline a suopiacere. Anni fa (pochi) diceva Musatti in una qualche intervista che l'esistenza di Pertini garantiva gli altri grandi vecchi dal lasciarsi andare: Pertini è in ritiro, e Musatti può oggi narcisare a volontà. E con lui tanti altri, anche un po' scompostamente, un po' impudicamente, sì che a volte capita a me e-a quel che sento- ad altri di sentirsi un po' come le figlie di Noè di fronte all'ebbra sbracatagginedel loropadre. Di vergognarci per loro. Anchea sinistra. Anche, per esempio, di fronte a certe articolesse di personaggi che stimavamo, dai quali qualcosa abbiamo pure- in altri tempi - appreso, e che pensavamo di dover onorare nei loro anni maturi. Ma, per un Bobbio che "regge", ci sono da mettere in conto, almeno trenta frane, tra chi, poi, consideravamo molto più vicini di Bobbio, naturalmente sbagliando. Di fatto, forse mai come in questi anni ricco-miserabili in cui l'Italia si dimostra (come ogni stato assistenziale, ma, questo nostro, poco rigoroso, e di misteriosa opulenza) più una matria che una patria; eppure forse mai come in questi anni le senili predicazioni ci hanno invaso e coperto, i padri di pezza, di gesso e di cartone ci hanno sovrastato - preferibilmente ridanciani ed affabili "a destra", corrucciati e col dito teso"a sinistra". E per I' appunto,poco conta si trattidi signori o di signore, nellanostra bellamatria tutti padri tirano a sembrare. s
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