Linea d'ombra - anno VII - n. 34 - gennaio 1989

IL FORNO Fu 'ad el-Tekerli li lettore italiano che conosca qualcosa della narrativa araba contemporanea avrà probabilmente letto il marocchino (che scrive in francese) Tahar Ben Jelloun, eforse qualche autore palestinese come Kanafani o Habiti, dei quali già da qualche tempo, ma con meno clamore, ci si occupa. Di tutto il mondo arabo, dall'Atlantico ai paesi del Golf o, fuori dall'ambiente accademico non si conoscono altri scrittori. Sembrerebbe venuto il momento di affrontare in maniera sistematica le letterature dell'altra sponda del Mediterraneo e dei paesi che vi gravitano, senza aspettare che l'industria editoria/e ce li proponga quando sono già collaudate a/l'estero. Una delle letterature arabe più interessanti per la varietà dei temi trattati, per la presenza di correnti di avanguardia e di autori che denunciano la società tradizionale è quella irachena. "Linea d'ombra" presenta in questo numero un racconto di Fu'ad elTekerli, considerato dalla critica araba ed europea uno dei più significativi autori iracheni contemporanei. Nato a Bagdad il 22 agosto del 1927 e/-Tekerli ha studiato giurisprudenza in Iraq e in Francia, dove si è trasferito dopo una lunga carriera nella magistratura del suo paese. Ha scritto soprattutto racconti e lavori di teatro. La sua opera più impegnativa è il romanzo al-Ragi'a al-Ba'id, uscito a Beirut nel /980 e pubblicato nel 1985 da Lattès in traduzione francese. li racconto qui presentato, al-Tammur (// forno) è apparso nella prestigiosa rivista letteraria libanese "al-Abad" nel n. 4 del 1973. Questa versione italiana è già apparsa nel 1979su "Oriente moderno", rivista dell'Istituto dell'Oriente di Roma. La medesima rivista aveva pubblicato nel 1974la traduzione di un altro breve racconto di Fu'ad el-Tekerli al-Dummalah (Il bubbuneJ. · ' Isabella Camera d'Afflitto - E vero che non ho detto la verità all'inizio. L'ho tenuta nascosta per poco più di un mese. In quel periodo ero già in stato di fermo; noi ci teniamo parecchio all'onore e l'uomo non sa quando deve dire la verità. Signori giudici, sono innocente di questa accusa; ho ucciso Farhah, mia cognata, la moglie di mio fratello 'Abd alHamzah, perché era adultera. L'ho colta in flagrante e, trascinato dall'orgoglio arabo, ho perso la ragione. Come voi sapete l'onore è prezioso e da noi è invalsa l'abitudine di lavarlo con il sangue. Perçiò ho caricato il mio fucile da caccia, che sta davanti a voi, le ho sparato una volta in stato di flagranza. Per quanto riguarda l'amante ... permettetemi, signori giudici, di parlare sin dall'inizio. Come potete supporre, non l'ho mai visto con lei. Quel mattino all'alba, vestita con una vestaglia rossa a pois bianchi, lei era uscita dalla loro camera per prepararci la colazione. L'ho vista vicino al forno, mentre cercava di accendere il fuoco per preparare il pane. Mi disse che aveva sbagliato, che aveva commesso adulterio, e che voleva farla finita. Poi cominciò ad accendere il forno e a preparare i proiettili per gettarli sul fuoco e suicidarsi. Allora mi è ribollito il sangue nelle vene, ho puntato il fucile su di lei, le ho sparato e l'ho colpita a morte. Signori giudici, l'onore è prezioso; noi, arabi puri, non possiamo lasciare che il disonore ci ferisca così. Noi siamo stati abituati ad uccidere l'adultera; è invalsa l'abitudine di non lasciar vivere tra noi una che ha sbagliato. È come una macchia di sporco che si deve lavare. Farhah mi aveva detto personalmente di aver tradito suo marito sullo stesso letto matrimoniale approfittando dell'occasione che questi era stato arrestato dal capo della polizia. Ha dato appuntamento al suo amante che è venuto da lei appena si è fatto buio. Io non ho fatto niente altro che difendere la reputazione della famiglia. Suo marito è mio fratello, e lei mia cugina. Lei ha approfittato della sua giovane età, e della sua bellezza - aveva diciannove anni, era bella di viso con gli occhi come il miele - in modo da attirare il suo amante a quel losco appuntamento. E così è finito tutto. Per quanto riguarda la mia sorellastra Halimah, lei non ha visto proprio niente. Ve lo giuro sul Libro di Dio Onnipotente. Sì, è vero che era con me, ma non ha partecipato a niente, perché non era lì, era in un'altra parte della casa. Per chiarire al rispettabile tribunale la situazione della famiglia e il suo modo di vita, voglio dire che siamo gente povera, viviamo insieme nella medesima casa che ha diverse stanze tutte costruite di terra. Nella parte della casa verso levante c'è la stanza di mio fratello 'Abd al-Hamzah, attaccata alla camera di nostra madre, poi c'è la stanza della mia famiglia. Quanto a me, io sono sposato da ben dieci anni, con quattro bambini piccoli. Ho fatto il servizio militare, e ho avuto il grado di sottufficiale, e, prima d'ora, non ho avuto precedenti penali. Il forno si trova nel centro della casa, vicino alla camera di mia sorella Halimah. Mia sorella ha una piccola camera di terra come le nostre. Ma ho dimenticato di chiarire al tribunale questo punto: la notte dell'incidente, di mattina, mia sorella mi ha svegliato; in verità ero già sveglio. Anzi, credo che mia zia Nuriyyah, che era in compagnia di mia cognata, l'uccisa, sia stata proprio lei a chiamarci per chiederci da dove venivano quegli spari. Sono uscito e ho trovato Farhah stesa vicino al forno, con dentro i colpi che scoppiavano ancora. Questo è il riassunto delle mie affermazioni davanti all'inquirente. Però, come voi sapete, non corrispondono alla verità, signori giudici, me ne sono dimenticato e ve le ho ripetute; vi prego di perdonarmi. Questa disgrazia ci è piombata addosso all'improvviso e abbiamo pensato di risolvere la nostra faccenda in un modo qualsiasi. Solo che la verità non si può nascondere, purtroppo non si può tenere nascosta. Quella notte stavo dormendo in casa, quando verso le quattro o le cinque del mattino mi ha svegliato mia sorella Halimah. Mi ha sussurrato di aver visto una persona che se ne andava svelta dalla casa. Mi sono alzato per uscire e sono andato nella camera della mia famiglia che stava dormendo; poi mi sono diretto verso la camera del'uccisa Farhah, e l'ho vista sola. Era chiaro alla fine ciò che mia sorella Halimah, che a proposito è una ragazzina di diciassette anni, dal carattere difficile, aveva già testimoniato davanti a voi, che aveva visto l'uccisa Farhah dormire con un estraneo, con il quale commetteva adulterio. Venne da me a svegliarmi, mi sono infilato il vestito e so59

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