Linea d'ombra - anno VII - n. 34 - gennaio 1989

sa ILDOLCDEICITORE Giuseppe Dell'Agata I critici che hanno accolto con stupito favore la prima presentazione italiana di Jordan Radickov (/ racconli di Cerkazld, presso le edizioni Marietti, 1983) dovuta ali' entusiasmo e alla perizia di Danilo Manera, hanno per lo più motivato sia la sorpresa che il gradimento con il carattere fantastico-paradossale e di conseguenza, per automatico riscontro, anti, o per lo meno a-realistico dell'opera. In Bulgaria l'opera di Radickov ha diviso per diverso tempo la critica in base a un assunto specularmente inverso: ci si chiedeva se fosse possibile riconoscere nei suoi coloriti ed imprevedibili personaggi i protagonisti delle intense trasformazioni economiche, tecnologiche e ideali della Bulgaria contemporanea. A mio avviso lo straordinario successo ottenuto in patria da Radickov a furor di pubblico e con tirature da capogiro è dovuto ad un fattore alquanto diverso: l'autore ha scelto, via via in maniera sempre più decisa, una chiave di approccio all'universo simbolico-verbale centrata sul ruolo specifico, presente pur con notevoli differenze di rango in varie culture, del parlatore-intrattenitore, in bulgaro sladkodumec, letteralmente "dolce-dicitore", di colui che sa raccontare con arte ad un pubblico addestrato ad ascoltare e a godere di ciò che gli si racconta. L'accentuazione posta sulla tecnica verbale, sulla dilatazione delle capacità dello strumento linguistico, per cui iperboli, paradossi, paro~omasie e_combinazioni fantastiche diventano ingredienti necessan al fine di catturare l'attenzione e di suscitare il gradimento dell'ascoltatore, tende a spostare su un piano secondario non solo i contenuti ideologici generali, ma anche le gerarchie, etiche o filosofiche, dei singoli argomenti trattati, generando un'apparenza di fondo antirealistica. D'altro canto il virtuosismo combinatorio-concet~ale di_R~ickov ha prodotto, stimolando la sensibilità linguistico-rmmagmal.iva del lettore, un diffuso effetto educativo apportando un decisivo contributo irmovativo nelle controversie che periodicam~nte si riaccendono in Bulgaria sulla questione della lingua ed in parucolare sul nesso tra lingua quotidiana e lingua della letteratura. Jordan Radickov è unfabulatore-sladkodumec di eccezionale talen~ natu~ale. Non però del genere dei cantori popolari del Balcani, ~ 1q~al~ 1~ ~elodia e un inventario lessicale alto sono ingredienl.i 1nscmd1b1hdal contenuto epico. E neppure folklorico in senso sti:etto, come ~ ~arr-~to~ ?i f~vole, di credenze locali o di mitologerm cosmogomc1, pm v1cmo mvece a chi sappia oggi raccontare con arte storie o aneddoti, più prossimo ali' eloquio travolgente di un Dario Fo. Pur frequentando da tempo Radickov, riesco tutt'ora a sbalordirmi di come sappia rievocare-raccontare, d'acchito, improvvisando oralmente, ma direttamente in bella, fatti apparentemente banali dei quali siamo stati entrambi testimoni, rendendoli straordinariam~nte in~eressanti e pieni di ambiguità o di significanze recondite. Questa sp1~ata predisposizione naturale non basta però a spiegare I' arte di Radickov. Il passaggio da un talento orientato sulla prestazione orale ali' ardua fissazione del testo scritto ha comportato una scuola e un tr_avagliodif~c_ilie prolun~:i_ti.Radickov deve molto al suo apprend1Stato-sodal1Z10con Em1hJan Stanev, massimo cesellatore della prosa bulgara, in perenne, inesausta ricerca di risonanze verbali e di combinazioni di segni e contenuti filosofici, così come molto deve 3:1c~e.all'~coraggiamento e all'impietosa, anche se amica, lucidità cnl.ica d1Petar Dinekov, che lo ha scoperto e fiancheggiato e che è tutt'ora il suo interprete più acuto. (La conoscenza della letteratura bulg~a,_ sia antica che moderna e contemporanea, è impensabile senza_nfenmento a questa affascinante figura di studioso, anch'egli eccezionale conversatore-sladkodumec, stimolo e/o ermeneuta di quasi tutti i principali autori bulgari del Novecento). . 11:talentoinnato del narratore orale, coniugato al mestiere acquisito d1 grande artefice della parola scritta: ecco l'essenza del fenomeno letterario e linguistico impersonato da Jordan Radickov. L'attenzione focalizzata sulle modalità della presentazione verbale non può che rimuovere, o quanto meno emarginare il cronotopo narrativo tradizionale, riducendo gerarchicamente il ruolo di fabula ed intreccio e generando, come si diceva ali' inizio, un 'impressione d'insieme antiepica e antirealistica. Lo spazio sembra ora restringersi nell'autarchico equilibrio dell'orizzonte montuoso di Cerzkazki, ora dilatarsi ali' intero universo ed oltre. Per quanto riguarda il tempo, in Radickov, come nota finemente Dinekov, il passato è inscindibile dal presente e il presente si fa lui stesso storia. A livello linguistico tali movenze sono realizzate con l'alternarsi, apparentemente casuale quanto funzionalmente ferreo, di presente e di tempi passati, con un frequente ricorso ad una particolarità grammaticale del bulgaro, altamente espressiva, I 'uso di forme verbali "raccontative" o ''non-testimoniali" che, designando non-autopsia e declino quindi di impegno da parte del soggetto, rafforzano ambiguità e polisemia dell'informazione. La centralità della fabulazione e dell'invenzione linguistica è rafforzata dall'implicita accettazione di un sistema di valori umanistico-progressisti, solidaristici e patriarcalcollettivisti, antiborghesi e antiindividualisti, vitalisti e idealisticamente terragni, che si presumono comuni al potenziale lettore e che permettono ali' autore di chiamarsi fuori nei riguardi di una critica che si attardi su discriminanti prevalentemente politico-contenutistiche. La centralità della fabulazione ha inoltre conseguenze formai~ pararetoriche, giocose e sorprendenti, come la presenza frequente di pre- e postfazioni, di lettere dell'autore o al medesimo, aggiunte, poscritti, surrettizie conclusioni moraleggianti, improponibili domande retoriche, stralunati periodi ipotetici, ossimori, fugate realizzazioni di metafora, scapicollamenti metonimici, allocuzioni al "benevolo lettore", insistente fatica sulla presenza e il dominio, che può essere sapientemente in parte invalidato da forme verbali 'non-testimoniali ', dell'io narrante o dell'autore stesso. L•emarginazione o la dilatazione all'infinito del cronotopo narrativo comportano, di compenso, una produzione verbale famelica e onnivora: neutralizzata la rilevanza delle problematiche e delle scelte con l'adozione del sistema di riferimenti etico del lettore, l'autore e i suoi personaggi possono parlare di tutto e di tutti. Ogni argomento è alla portata di ognuno e un fatto, indipendentemente dalla sua rilevanza intrinseca, può essere esposto, valutato, confutato e amplificato ali' infinito: di qui la presenza marcata degli "A capo" e delle variazioni radickoviane, che abbraccia talora nutrite sequenze testuali o interi racconti. La logica stessa della sua arte ha condotto Radickov a cimentarsi con testi per i quali la forma polifonica, il virtuosismo delle repliche-variazioni, la recuperata collocazione e dimensione gestuale del dolce-d~citore, trovano una legittimazione intrinsecamente legata al genere: il teatro. Opere teatrali come TenlaJivo di volo (messo in scena con successo negli Stati Uniti, in Unione Sovietica e altrove) o Pandemorùo servono quasi da illustrazione paradigmatica della maturità creativa e compositiva di Radickov, specie se poste a confronto con i racconti ad esse geneticamente collegati. Jordan Radickov ha da poco ultimato la sua opera più compiuta, der1Sa,stilisticamente perfetta: il dramma in due parti A sua immaginee somiglianza, che, non ancora edito, sembra già destinato a dividere nuovamente la critica. Tratta di come un taglialegna, incontrando Riccardo ID, accetti di barattare il suo cavallo per il regno che gli viene offerto e di come riesca, coadiuvato da servili consiglieri, a _tras~ormarein breve un regno ricco e colorato in uno povero egrig10,nducendolo appunto, per estrapolazione della propria logica, "a sua immagine e somiglianza". Il dramma, che comprende una spassosa, simbolica ricognizione di pressoché tutto l'orbe terracqueo, e che si avvale di spunti ed invenzioni teatrali che ricordano tipologicamente quelle del miglior Dario Fo, fa trasparire, pur nel contesto del prevalente ottimismo di fondo del suo autore, una seria ombra di preoccupazione per i destini dell'uomo, a cui Radickov ha elargito e dedicato tutto il suo "dono della parola".

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