Il rapporto di Pifiero con il ghetto del Lower East Side è drammatico e sincero. La sua vita di ex-scassinatore, rapinatore, tossicomane, il fatto che abbia scritto il primo testo teatrale a SingSing dove scontava cinque anni per rapina amano armata, potrebbero indurre a un facile sensazionalismo. Ma "Mickey" è un autentico poeta-bandito, un ~ta di strada che fa pensare a François Villone Jean Genet Vero figlio del Lower East Side, tale è rimasto anche a un prezzo personale drammaticamente elevato. Poe~ ta e commediografo, attore di teatro, cinema e TV, autore di lavori per tutti e tre i media, Pifiero è un esempio chiarissimo delle straordinarie possibilità creative racchiuse nelle aree più desolate della grande metropoli e, nello stesso tempo, delle tremende pressioni che gravano sui loro abitanti. Short Eyes (1974: termine usato dai detenuti per indicare un pedofilo), messo in scena da Joe Papp al Lincoln Center e subito vincitore d'una serie di premi prestigiosi, è un dramma carcerario come lo era The Brig di Kenneth Brown nell'adattamento del Living Theatre: una denuncia amara, violenta, esacerbata della società di fuori, attraverso la rappresentazione dei meccanismi imperanti dentro. Nel carcere, i codici di comportamento formano una ragnatela alla quale nessuno riesce a sfuggire: per azione o inazione, tutti sono responsabili di quanto vi avviene. Quando il bianco Clark Davis, uno short eyes forse più colpevole di sogni e incubi che di azioni reali, finisce in quella ragnatela, diviene- in quanto "degenerato" e dunque non assimilabile- un elemento di squilibrio che minaccia i delicati meccanismi di uno status quo raggiunto a fatica. Per ristabilire quello status quo Davis va eliminato: così vuole "il codice del delitto", perché nel mondo di fuorijustice è just us, e lo stesso è, inevitabilmente, nel mondo di dentro. Davis verrà ucciso dall'unico altro bianco del gruppo, e alla fine risulterà essere stato, non uno short eyes, ma una vittima di errori giudiziari. Sul tema delle leggi che regolano un microcrosmo, in difficile equilibrio fra dentro e fuori, Pifiero tornerà più volte: in The Sun AlwaysShinesfor theCool (1975: un mondo notturno, un universo parallelo regolato da norme che vengono dalla strada, dove si deve imparare a lottare per sopravvivere, con "calci, pugni, graffi, sputi, urla. Lotta; E quand'è finita e le strade sono zuppe di sangue, allora sorridi, sai che ti sei conquistato ancora un altro giorno, perché nella strada il gioco è sopravvivere"), in Eulogy fora Small-Time Thief (1977: una cupa "commedia degli errori" che ruota intorno ali' incapacità del protagonista di capire d'essere in balia d'un meccanismo più grande di lui che alla fine lo schiaccerà), in A Midnight Moon at the Greasy Spoon (1977: un luogo iconico del teatro americano -"una tavola calda" che ricorda sia O'Neill sia lnge -, un'umanità notturna di vecchi, attrici mancate,ruffiani, clandestini, poliziotti di ronda, ancora un altro microcosmo, dominato questa volta dalle luci brillanti di Broadway, epitome d'un "sogno americano" più volte sognato e più volte andato in frantumi), e negli atti unici raccolti nel volume Outrageous. Un mondo violento e disperato, dunque: ma lo sguardo di Pifiero è caldo, pieno di simpatia e tenerezza pur nella brutalità della vita della strada. Pifiero ha un acuto senso dell'umorismo, una straordinaria capacità di far rivivere il gergo del sottomondo, di infondergli un 'umanità altrimenti negatagli. Ed è una vera tragedia che quella stessa esperienza che ha fatto di "Mickey" un autore così potente abbia potuto avere la meglio su di lui e distruggerlo. N.B. A Midnight Moon at the Greasy Spoon, di Pifiero, è stato pubblicato in italiano nell'antologia Nuovo teatro d'America (Costa & Nolan, 1987). The Masses Are Asses, di Pietri, è andato in scena nel corso di "Volterra Teatro" (luglio 1988), all'interno di uno spettacolo più ampio della compagnia di Paolo Rossi e Lucia Vasini, e verrà ripreso presto. IL CONTESTO LEffURE I ragazzi dell'Ottantanove e i cani dei soliti padroni Goffredo Fofi La difficoltà di fare questa rubrica consiste nella quantità dei libri di cui si vorrebbe parlare e non si può: perché di mese in mese non si fa in tempo a leggerli tutti, o perfino a leggerli per intero; perché l'editoria ne sforna troppi e sa come farci perder tempo deviandoci sui più inutili; perché si fanno vite di merda. E dispiace, allora, dimenticare i più importanti perché "non si è all'altezza", o trascurare gli aurei o argentei minori perché sono minori, o non criticare a dovere le scemenze che esplodono nei media. L'unica sarà dunque di suggerire, forse inutilmente (perché può succedere ai lettori quel che succede a volte anche a me, di accontentarsi della segnalazione e della recensione, e non andare - per i mille motivi - a cercare il libro segnalato o recensito) o forse utilmente. Chissà. I più importanti. Eccomi a cominciare, così, da due libri, che mi sembrano ipiù importanti usciti di recente, il secondo dei quali dico onestamente che non ho ancora finito di leggere e non so quando finirò. Il primo è un Oscar, Perché la gente si droga? e allri saggi su società, politica, religione di Lev N. Tolstoj, meritoria impresa di traduzione o ritraduzione di saggi luminosi ed estremi, talora discutibili e rigidi del grande russo, ma sempre sconvolgenti per chi non abbia occhi foderati di prosciutto o orecchie inchiavardate nelle cuffie. Alcuni notissimi (alle generazioni fino alla mia, almeno), altri forse inediti in Italia. Inedito è anche il saggio La mia fede, almeno in edizione integrale, che pubblica Giorgio Mondadori (curiosa collocazione, in mezzo a volumi che più evasivo-edonistici non si può!) con prefazione di Pier Cesare Bori, cui abbiamo chiesto di recensire per noi il libro degli Oscar. La mia fede è il libro della svolta religiosa di Tolstoj, il libro del dopo Anna Karenina. Arduo seguirlo sulla sua strada, però. ~ dico subito che preferisco i rac- · conti del tardo Tolstoj ai suoi saggi-perché più "dialettici", meno prescrittivi, e dunque con la forza di incuneare più in profondità in chi legge il disagio per i valori correnti di cui siamo, per forza di società, portatori. Ma Tolstoj non è un politico, nutre comunque e non delude mai. L'altro libro è un vasto saggio diHelmutGollwitzer,Legnostorto Incedere eretti. Sul senso della vita (Mariett~). Su Gollwitzer siamo intenzionati, come rivista, a intervenire in futuro assiduamente. Questo, intanto, è forse il suo libro più ambizioso (altri ne ha pubblicati la Claudiana). Edito nel '70, si avverte in esso anche la tensione di una volontà di dialogo col "movimento". "Legno storto" è la defrnizione dell'uomo data da Kant, "Incidere eretti" il programma dell'uomo secondo Bloch. Gollwitzer si pone gli interrogativi decisivi: che poi riesca sempre a dare la risposta più convincente non so dirlo: l'importante, mi pare, è il bel pezzo di strada che si può fare con lui, fraterni nella ricerca e nel- !' ansia di terrena liberazione. Area tedesca. Gollwitzer è uno dei sopravvissuti alle tragedie del suo paese. Dalla parte delle vittime. Peter Schneider, sessantottino ben noto e piuttosto simpatico (almeno allora) è da tempo uno scrittorecheondeggia, nei suoi libri, tra romanzo e saggio, ed è scrittore più intelligente, mi pare, che bravo; ma l'intelligenza è tanta, ed è un valore piuttosto raro, oggi, anche in Germania. Papà ( edizioni e/o) è un breve libro in cui, in prima persona, il figlio di un criminale nazistasirecaoggiatrovare il padre nel Brasile in cui si è rifugiato dopo il '45. Un confronto a tratti insostenibile, perché, sì , il padre è proprio un boia, o l'ombra 35
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