Linea d'ombra - anno VII - n. 34 - gennaio 1989

CINEMA Famiglieproletarie: il viaggio nel passato di TerenceDavies Gianni Volpi Ciò che impressiona in Voci distanti .... sempre presenti è la sua radicale chiusura, il coraggio di non allargare mai lo sguardo ad altro che la sua famiglia operaia e cattolica in una Liverpool tra anni Quaranta di guerra e anni Cinquanta di vita grama. In ogni senso, un in• temo proletario, con i suoi momenti rituali, pasti e riunioni di famiglia, feste e funerali, matrimoni e battesimi, con i suoi spazi stretti, casa e pub in primo luogo, e poi chiesa e ospedale, visti a distanza ravvicinata e che impedisce quasi di respirare, e appunto come tale era sentita e vissuta (e in fondo, nonostante una solidarietà di classe, qui del tutto assente, così era anche da noi). Un orizzonte chiuso, di sofferenza e esclusione, o forse più ancora di separazione: c'è anche una naturale fierezza per i propri valori (o disvalori), per la propria cultura (o sottocultura, fatta tutta di canzoni), per cui a ragione David Robinson ha potuto parlare del film come del "ritratto più vivido, condensato e penetrante della classe operaia nell'arte contemporanea britannica". Quella di Terence Davies è una visione austera e dura, certamente da discutere nel suo rigorismo (formale nella linea Ozu- Bresson) e nelle sue matrici (autobiografiche in senso ampio, "private"). Ma niente gusto rétro, niente colore locale. Niente storia, né coscienza politica, su cui prevale una visione tragica della vita, che non esclude una certa varietà di toni e atteggiamenti. Mai nessuno, credo, aveva espresso con simile estremismo - che ci rende il film prezioso nonostante la sua visione "parziale" -una condizione proletaria nella sua oppressività e nella sua autonomia culturale. Al centro, dunque, la figura del padre che domina, ossessiva, la prima parte, Distant voices, e le canzoni che dilagano nella seconda, Still lives. Il padre è una figura terribile quanto vera, una versione inglese (dunque dura, arcigna) di -quei padri proletari che tutti abbiamo conosciuto. La moglie, a volte percossa a sangue, loricorda giovane bello e buon ballerino. All'inizio,.è già morto, una delle prime immagini - un rapido scorcio -è il suo funerale. Ha vissuto la sua vita come una maledizione. Con sordo rancore che sfoga in famiglia. Tra depressione e furore (con scarti improvvisi, come quello in cui strappa via la tovaglia con il breakfast), con un elemento, così caratteristico, di perbenismo puritano. La figlia Maisie ne subisce le urla, quando vuole andare a ballare o s 'attarda sotto casa la sera, e il mutismo risentito, quando vuol rendersi autonoma e va a fare la cameriera stagionale. Punisce Tony bambino, lasciato di notte fuori della porta, e da lui, militare in licenza, orgogliosamente non accetta che glioffrada bere. Come se tutto questo ne intaccasse il potere, familiare. Una misera vita che ha, però, rari, ma intensissimi, squarci di allegria, di sentimento. Un'apparente contraddittorietà, che è invece la sua verità. Così, quando canta una vecchia canzone irlandese e fordiana (del Ford di Un uomo tranquillo), mentre striglia il cavallo. Quando, la notte di Natale, in punta di piedi, maldestro, appende i poveri regali ai letti dei figli, ed è come ogni ricordo d'infanzia, nonostante tutto, di un pathos struggente. Quando, infine, compare, inaspettato, alla porta, uscito sotto sua responsabilità dal- !' ospedale per non mancare alla festa di fidanzamento della figlia, un momento di strazio profondo nella sua asciuttezza. Cioè, Davies ci dà un ritratto di proletario difficile da dimenticare, con appena un surplus di odio-amore psicanalitico. Se la figura del padre ha questo rilievo e forza, è perché la famiglia costituisce, per tutti i suoi componenti, l'intero orizzonte della realtà. Lucido, Davies ne vede il carattere di "depositaria della coscienza collettiva", ma pure (sono parole sue) di "origine delle cicatrici collettive". Non è la famiglia contadina di Olmi che dà calore e sicurezza, unita sotto il segno della religiosità, una sorta di mito sostitutivo e mistificato, da idillio cattolico. É invece il luogo delle tensioni e della violenza, e perlopiù in forme interne e autodistruttive, ina resta l'elemento primario di un vissuto popolare. É un mondo di ruoli fissi, dunque ossessivi - e buffamente il padre riappare, fantasma reincarnato, alla figlia sposata, e è solo il fratello somigliantissimo. Da esso non si esce, neppure da adulti. Non solo per ragioni economiche, le figlie sposate abitano, l'una, in casa e l'altra presso la nonna autonoma e dispotica, che è l'alter ego del padre e non le permette di ricevere visite. Era un legame più profondo, di una "irraQui sotto e a pa$1lna 30 Voci distanti ..• d1 Terence Davies IL CONnsto zionalità" difficile da superare perché esauriva tutto il proprio vissuto. Eileen, il giorno del suo matrimonio, rimpiange che non ci sia il padre morto, Maisie le ribatte che era un bastardo. C'è tutta l'ambivalenza dei rapporti. Ma il pianto di Eileen non può essere frenato. Nonostante tutto, non può darsi pace. Sulla porta della famiglia, si arresta l'elemento solidarietà che pure è presente, quella degli amici, quella tra donne. E i ruoli si riproducono; l'arnica, per non contrastare il marito, non può fermarsi più di un attimo al pub. Eè nelle ricorrenze familiari, battesimi, nozze, ecc., che si consuma tutta la vita di relazione e di festa. Quest'ordine distrutto da profonde trasformazioni sociali e da radicali prese di coscienza, Davies lo ha saputo fissare con acume esente da nostalgie, ma non insensibile a:nasua lezione di coraggio, di chi si confronta con problemi primi, la vita, la morte, la sopravvivenza, gli affetti. C'ènelsuo laicismo di oggi, unresiduo fondo religioso tutt'altro che disprezzabile e evasivo. Questo mondo, Davies lo restituisce come realtà passata, come nature morte (è l'altro significato di Still lives, sulla cui ambiguità Davies gioca, ed è anche un'indicazione di modo di rapportarsi, infine di stile, tutt'altro che coinvolgente, tutt'altro che sentimentale o emozionale a fior di pelle, e invece di una passione fredda). Come fotografie di un altro tempo. Ogni inunagine è meticolosamente costruita, quasi una messa in posa, la prima poi è un'istantanea dei figli che a poco a poco si anima. Come ogni istantanea, fissa un frammento, una scheggia di esistenza. Depurata, resa assoluta. E il loro ordine, come in ogni processo di memoria, non è necessariamente quello cronologico. La morte di Tony in un incidente sullavoro precede il suo matrimonio, che chiude il film, con quell 'a:llontanarsi in auto, con quell'ultimo sguardo dal lunotto posteriore, come in un commiato da una casa, da una famiglia, da un mondo. Questa costruzione a puzzle, a ellissi, a frammenti autonomi, legati da improvvise suggestioni, illuminazioni, associazioni, e non per progressione lineare del racconto, ha certamente qualcosa di troppo programmatico, è di un rigorismo da film BFI che non a caso l'ha prodotto: Eppure, il suo giocare con il tempo instaura una tensione, una "contraddizione" vitale, impone una visione personalissima, da autodidatta della regia. E, alla fine, questa è una vi29

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