tahnente manipolate dal potere economico. Che costringe i candi- "dati a non far menzione della rigida politica fiscale necessaria a evitare il collasso dell'economia, e a dirottare invece l'attenzione dei potenziali elettori sulla questione dei diritti civili violati in quel di Cuba, per esempio. E a tacere rigorosamente sui trenta milioni di dollari che l'America versaquotidianamentenelle casse dello stato d'Israele, che se ne serve per uccidere adolescenti e bambini palesùnesi. Come si può vedere, l' attenzione della Highsmith si concentra su alcune delle questioni politiche più scottanti, con un atteggiamento spesso contraddittorio. Che balza all'attenzione del lettore dell'ultima sua pubblicazione, una raccolta di racconti intitolati Tales of Natural and Unnatural Catastrophes. Nella quale la scrittrice non risparmia certo i giudizi, più o meno ironici, su una quantità di istanze politiche e morali. Quanto più inquietanti, però, i vecchi romanzi della Highsmith, quelli in cui le questioni sociali erano semplicemente riflesse dal- !' occhio paranoico o schizofrenico dell'assassino, dell'individuo "normale", rispettoso delle regole della convivenza, che finiva per infrangere quella fondamentale perché messo alle strette dalle altre, quelle non scritte, addirittura insignificanti. La soluzione individuale estrema. Che senza dubbio costituiva il fascino principale dei romanzi nei quali veniva esposta e reiterata, agli occhi della generazione ribelle degli anni Settanta. Come non identificarsi in Tom Ripley, l'inquieto ragazzo americano che comincia con I'uccidere un amico per sostituirsi a lui e vivere una vita di privilegio, e finisce col trovarsi di volta in volta "costretto" ad uccidere per non veder fallire il proprio progetto esistenziale, che è poi quello delle migliaia di giovani che lasciano gli Stati Uniti, i i paesi europei, dove la società è più opprimente, e partono per il viaggio d'avventura? O nei protagonisti di The Two Faces of JaTU4ary,Thoese Who WalkAwa,,ATimefortheLiving, A Suspénsion of Mercy, tutti romanzi non ancora tradotti in italiano i cui per~onaggi si spostanoJ,eguendo gli itinerari classici dell ',espatriato di professione, trascitlati dagli acèadim.enti avventurosi che i fedeli lettori della Highsmith si limitavano a sognare, nelle loro case coloniche riadattate alla meglio, come quella in cui vive la scrittrice. Che ritiene l'omicidio il peggiore dei crimini possibili, ma passa la vita a fantasticare su di esso e su chi lo commette. La spiegazione che la Highsmith dà di'questa scelta è molto semplice, e costituisce la chiave di lettura per la maggior parte dei suoi romanzi. Highsmith è interessata al senso di colpa, ai suoi risvolti, alle sue conseguenze, al posto che occupa nella vita dell'individuo e a come la influenza. C'è un'espressione idiomatica, in inglese, "to get away with murder", che significa, letteralmente, "ammazzare qualcuno e farla franca", e in senso traslato "riuscire a farla sempre franca grazie alla propria faccia tosta", che calza a pennello, riferita ai personaggi della Highsmith. I suoi assassini, quelli che la fanno franca, almeno, e non sono pochi, riescono a darla a bere a polizia, amici e parenti grazie a un'ammirevole sicurezza di sé che deriva dalla convinzione di essere nel giusto, o da un totale, patologico disprezzo per la loro vittima, dall'assenza di senso di colpa, in definitiva. C'è Tom Ripley, naturalmente. Ma anche il protagonista di A Suspension of Mercy, un giovane scrittore che prima simula l'assassinio della moglie lasciando una quantità di tracce, per meglio capire cosa si prova a essere braccati dalla polizia e servirsi dell'esperienza in un romanzo, e finisce poi con l'assassinare davvero l'uomo con cui la moglie se n'è andata, colpe~ vole, secondo lui, dell 'intempestivo suicidio della medesima. Sydney, paradossalmente, si sente in colpa per la simulazione, ma non per la realtà, particolarmente efferata, anche, dell'omicidio del povero Tilbury, reo, in definitiva, soltanto di un comportamento vile. E la fa franca. Mentre il protagonista di Vicolo cieco, Walter, che ha desiderato con tutte le sue forze la morte della moglie, fa di tutto per sembrare colpevole, quando questa si suicida, e finisce col morire per mano di un vero assassino, infuriato per il suo insensato comportamento che ha messo la polizia anche sulle sue, di tracce. Il vero assassino è in preda a un delirio di onnipotenza e superiorità che lo mette al sicuro da passi falsi, il falso assassino si sente in colpa anche solo per averla desiderata, la morte della moglie, e finisce col "fabbricarle", le prove che non esistono. La Highsmith, nel delineare la personalità di questi e molti altri assassini, nei suoi libri, si astiene accuratamente da qualsiasi giudizio morale, prende in considerazione soltanto lo stato mentale dei suoi personaggi, e dimostra con precisione, con meticolosità, quasi, come sia la loro particolare forma mentale, assolutamente "normale", almeno nei meccanismi, a metterli al sicuro da ogni punizione. Non è un caso che molti dei registi che hanno tratto dei film dai libri della Highsmith, Hitchcock per primo, ne abbiano cambiato il finale in modo drastico. In Delitto per delitto, tratto da Sconosciuti in treno, Guy non arriva a commettere l'omicidio che dovrebbe compensarequelloche Bnmohacommesso "per lui", e la storia si risolve con la morte dell'unico colpevole, nella migliore tradizione hollywoodiana. Nel libro, invece, Guy, più debole anche se più "sano" di Bruno, si lascia convincere al delitto, e finisce col commettere un'imprudenza che lo consegna dritto alla punizione, spinto da un irreprimibilesensodicolpa.In Delitto inpieno sole, il Ripley francese interpretato da Alain Delon viene smascherato, alla fine. In Diario di Edith, del tedesco Schlossendorf, nemmeno la bravissima Angela Winklerriescearialzarele ANTOLOGIA IL CONTHTO sorti di un film giocato sul piano della devianza e della follia. Fol!e è anche la Edith del libro, e deviante il Cliffie autore dell'unico, ineffabile omicidio del racconto, senza dubbio, ma lo sceneggiatore del film ha completamente perso di vista la leggerezza, lo humor col quale sono descritte le vicende dei due personaggi. E in realtà, oltre agli sceneggiatori, sono molti i lettori occasionali dellaHighsmith che restano perplessi davanti ai suoi personaggi, difficili da capire perché così "normali" e al tempo stesso capaci di dare la morte. Si potrebbe azzardare un'ipotesi di bassa psicologia: i lettori abituati a pensare a se stessi come a individui assolutamente incapaci di violenza sono quelli che "rifiutano" i romanzi della Highsmith, irritati dalle ossessive descrizioni di esistenze normali che piombano inevitabilmente nel delitto; quelli capaci di fare i conti con la propria ambiguità reggono impavidi i lenti e progressivi slittamenti della normalità verso la patologia. Decalogodel perfetto autore di racconti HoracioQuiroga 1) Credi nel maestro - Poe, Maupassant, Kipling, Cechov - come in Dio stesso. 2) Credi nell'arte come a una vetta inaccessibile. Non pensare di poterla dominare. Quando sarai in grado di farlo, ci riuscirai senza accorgertene. 3) Resisti più che puoi all'imitazione, ma imita, se l'influenza è troppo forte. Lo sviluppo della personalità è, più di ogni altra cosa, una lunga pazienza. 4) Abbi cieca fiducia non nelle tue capacità di trionfare, ma nell'ardore con cui desideri farlo. Ama la tua arte come la tua sposa, dandole tutto il tuo cuore. 5) Non cominciare a scrivere se non sai sin dalla prima parola dove ti stai dirigendo. In un racconto ben riuscito le prime tre righe hanno quasi la stessa importanza delle tre ultime. 6) Se vuoi esprimere con esattezza questa circostanza: "Dal fiume spirava un vento gelido", sappi che in nesswta lingua umana ci sono più parole di queste per esprimerla. Unavoltapadronedelleparole, non preoccuparti di osservare se producono effetti di consonanza o di assonanza. 7) Non ricorrere ad aggettivi non necessari. Tutte le code che vorrai aggiungere a un sostantivo debole saranno inutili. Se sarai preciso, solo questo avrà un colore incomparabile.Ma bisognariuscirci. 8) Prendi per mano i personaggi e portali fermamente fino alla fine senza veder altro che il sentiero che hai tracciato per loro. Non distrarti vedendo tu ciò che loro non possono vedere e che non hanno nessun interesse a vedere. Non abusare del lettore. Un racconto è un romanzo depurato dalle parole superflue. Assumi questa dichiarazione come una verità assoluta, anche se non dovesse esserlo. 9) Non scrivere sotto il dominio dell'emozione. Lasciala morire e poi evocala. Se sarai capace di riviverla così come l'hai provata, sarai arrivato, in arte, alla metà del cammino. 1 O) Scrivendo non pensare agli amici né ali' impressione che la tua storia susciterà. Raccontacomese il racconto dovesse avere interesse solo per il piccolo ambiente dei tuoi personaggi, uno dei quali avresti potuto anche essere tu. Non è altrimenti che si ottiene in un racconto la vita. (1927, a cura di Luisa Esposito) 27
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