Linea d'ombra - anno VI - n. 33 - dicembre 1988

- Lo seppelliranno oggi pomeriggio. - Non seppelliranno nessuno. Mio padre non può essere un morto. Morirà dopo di noi. La sua vita non è fatta di miseria come la nostra, né di avanzi come la nostra ... _:_Non vai a vederlo? Alzati e vieni a vederlo prima che arrivino quelli che l'hanno amato o conosciuto. - Mio padre non è morto. Tù mi odi. Sei venuto a svegliarmi perché mi odi. Lasciami finire il mio sogno. - Come vuoi, però dopo mezzogiorno lo seppelliranno. - Spegni la luce. Spegni quella luce e vattene. Perché ridi se dici che mio padre è morto? Vattene. Ho qui un cerbiattino addormentato. Non svegliarlo. So chi sei. So che solo il demonio si alza presto per spaventare quelli che dormono. Non è morto, è pura menzogna. È la_menzogna pura. Vattene! E il mio pianto divenne acqua come il sangue. E quando sentivo laggiù lontano il pianto di mia madre, il mio sangue divenne come l'acqua. STORIE/RULFO DOPO LA MORTE · lo sono morto poco fa. Sono morto ieri. Vuol dire dieci anni fa, per voi. Per me, solo qualche ora. La morte è inalterabile nello spazio e nel tempo. È solo la morte, senza contraddizione alcuna, senza contrapposizione col nulla né col tutto. È un posto dove non esiste la vita. Tutto quel che nasce da me è la trasformazione di me stesso. I vermi che hanno roso la mia carne, che hanno trapanato le mie ossa, che camminano per i buchi dei miei occhi e per gli incavi della mia bocca e masticano il filo dei miei denti, sono morti e hanno creato altri vermi dentro il loro éorpo, hanno mangiato la mia carne diventata fetore e il fetore si è trasformato per l'eternità in frantumi di vita, nella lenta morte della vita. Ma la morte non ha avanzato. Sono qui, assediato dalla terra, nello stesso posto dove mi hanno sepolto per sempre. Non ho sentimenti. Solo ricordi. Brutti ticordi. Quel poco che in me c'era di buono, è andato in cielo con la mia anima, nell'ultima lacrima dei miei occhi. Voglio darvi un consiglio. Quando starete per morire, piangete. Cercate in qualunque modo di forzare il pianto, fosse anche una goccia. Questa è la strada dell'anima. Fatelo per cacciar fuori l'anima dal corpo, perché altrimenti patirete tutto il dolore più duro e insopportabile che sia dato all'uomo. Ho conosciuto poco fa un morto che imprigionò la sua anima. Mi raccontò che l'avevano sepolto vivo, morto a metà. Gli toccò agonizzare dentro la tomba, stravolto dall'odio, furioso, contorcendosi nella disperazione, sentendo come il sangue gli schizzava dagli occhi, accecato di sangue e terrc1re. Restò con la sua anima, nell'.oscurità della morte. - Credetti di stare all'inferno, _:_mi disse lui. - Entrai in agonia come se stessi entrando nell'inferno, nel fuoco intenso ed eterno di cui ci parlano sulla terra. Ogni insignificante poro della miacarne ardeva nella propria fiamma. Divennero cenere le mie ossa e io continuavo ad agonizzare, cosciente della vita corporale, capendo il mio processo distruttivo, ma continuando a vivere come vive un essere umano. Una forza interna mi doleva, si acuiva e batteva contro le pareti già sfatte, e caddi esausto, esanime, come se avessi finalmente trovato il riposo. Ma il riposo dell'anima è all'inferno o nel cielo, ma non nel corpo umano. Quello che per gli umani è il purgatorio, è solo l'anima imprigionata nel corpo. Finché l'acqua dei miei occhi divenne finalmente pianto. li dolore mi fece piangere, o forse nemmeno mi resi più conto del dolore, tanto era intensa la mia agonia. So soltanto che riposai. Non ho più l'anima che mi fece soffrire. Ora sto in pace. Questo mi disse qudl'uomo. E un'altra cosa. Non· fate piangere gli altri. È una condanna che perdura e pesa sui morti stessi. Nei vivi sparisce; ma nei morti perman~ perché la morte è permanente. (traduzione di Gabriella Donetta) Copyright Eredi Rulfo 1988. 65

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==