INCONTRI/ ADORNO "Il principio dello scambio universale non prende in considerazione le qualità dei beni da scambiare, le forme di lavoro specifiche dei produttori, i bisogni specifici di chi riceve questi beni. In ciò si annida il momento del livellamento." ... Eccome . . . .ma nemmeno in modo eccessivo. Direi però che non dovremmo soffermarci troppo su questo argomento perché ci porta un po' lontano dal nostro tema. Vorrei comunquè dire che rispetto al tipo del romanzo illustrato e al modo in cui esso plasma le coscienze i pezzi di Beckett non hanno di certo la ·stessa incidenza. Questo, in tutta modestia, vorrei proprio dirlo. Sicuramente. Voglio dire che bisogna pure porre delle limitazioni. Sì. Per il resto sarebbe d'accordo sul fatto che la direzione del progresso o il trend del progresso ha un carattere automatico? Voglio dire, tutti sono anche... Forse, ·proprio per il fatto di avere un carattere automatico, non è ancora un vero progresso. C'è una bella frase di Kafka: "Ancòra non si è avuto alcun progresso". Credo - e in questo saremmo d'accordo - che il progresso - e Benjamin ha formulato questo concetto per primo nelle tesi di filosofia della storia - che il progresso - per quanto oggi si possà parlare di un progresso - sia essenzialmente un progresso nelle tecniche del dominio della natura e nelle conoscenze indirizzate al dominio della natura. Questo significa quindi che si tratta, se si vuole, di un progresso particolare, il che non significa affatto che l'umanità sia divenuta con ciò padrona di sé, che l'umanità sia divenuta maggiorenne. E il progresso comincerebbe soltanto dal momento in cui questa maggiore età, questa umanità, si potrebbe dire, si costituisse come soggetto complessivo, in luogo di persistere ;mcora - nonostante il moltiplicarsi di queste arti e di· queste capacità - in uno stato di cecità, cioè in uno stato in cui è consegnata a processi· ciechi, anonimi; non autoconsapevoli. E proprio questo è il motivo per cui io prima, in modo alquanto paradossale, ho detto che proprio il fatto che il progresso si compia automaticamente, cioè che gli uomini si lascino afferrare ciecamente da questo progresso tecnologico-scientifico, senza costituirsi in alcun modo come soggetti e sehza rendersi padroni di se stessi, è probabilmente la ragione per cui il progresso non è ancora un vero progresso, vale a dire che esso è accoppiato in ogni istante alla possibilità della catastrofe totale. · · Un momento. Non drammatizziamo. Mi è venuta in mente una cosa... Le rammento i giorni passati insieme a Miinster, quando davvero non sapevamo se, un attimo dopo, sarebbe successo qualcosa. Sì, sì. Mi è venuta in mente una cosa: sul fatto che il progresso sia auspicabile sembra esserci accordo tra tutte le nazioni e tutti i continenti. Questo significa che oggi ci sono parole d'ordine che valgono da New York a Pechino: Uguaglianza, sviluppo, progresso. Credo, signor Adorno, che sia anche la prima volta che simili formule dogmatiche non incontrino opposizione, non abbiano nemici. I greci si differenziano dai barbari, i cristiani dai pagani, gli illuministi dagli oscurantisti. Ma tutti sono per l'uguaglianza, tutti sono per il progresso, tutti sono per lo sviluppo. Sì, e persino quando si critica una qualche categoria che sia connessa a ciò ci si è già spinti troppo oltre sul terreno di queste categorie onnipresenti. Già, ma questa è proprio una cosa strana, non le pare? È estremamente singolare. Alla luce del sole, quindi, mangiano tutti dallo stessopiatto ma sotto al tavolo tutti si pestano i piedi. Possiamo dire così, sì. Posso ritornare ancora su un punto, signor Gehlen, a cui prima avevo già fatto cenno e da cui ci siamo totalmente allontanati, e che riguarda l'intero complesso "società industriale, for:z;eproduttive, rapporti di produzione". Nei suoi libri lei ha più volte fatto riferimento al fenomeno della "de-formazione", cioè al fenomeno per cui i momenti qualitativi all'interno della società, quindi, semplicemente, le differenze qualitative - non parlo affatto del giudizio di valore -, questi momenti qualitativi vengono smussati rispetto a una quantificazione crescente. Questo fenomeno è già stato osservato più volte. Questa per me la lezione di Scheler. L'opera di Scheler si intitola: Der Mensch im Zeitalter des Ausgleichs. [L'uomo nell'epoca del livellamento: si tratta probabilmente del saggio Der Mensch im Weltalter des Ausgleichs pubblicato postumo nel 1929; N.d. T.] "L'uomo nell'epoca del livellamento": è proprio questo il titolo ..Ora, direi, che questa tendenza non è insita nella tecnica in quanto tale o nella scienza in quanto tale, bensì essenzialmente in un principio specificamente sociale, cioè in un principio connesso all'ordine dei rapporti della società, vale a dire al principio dello scambio. Il principio dello scambio universale - ed è proprio questo a dominare in una misura che finora non si era mai data al mondo, perlomeno àl nostro mondo, il mondo occidentale - questo principio dello scambio non prende in considerazione le qualità, le proprietà specifiche dei beni da scambiare, e con ciò anche le forme di lavoro specifiche dei produttori e i bisogni specifici di chi riceve [questi beni]. In ciò si annida il momento del livellamento. Quello che ora intendo, se mi è lecito aggiungere ancora qualcosa, un esperimento mentale, è questo: se ci si figura una società in cui non avvenissero più scambi, cioè dove gli uomini ricevessero i beni non più tramite il mercato, ma dove si producesse secondo i bisogni degli uomini, allora cadrebbe anche questo momento dell'assoluta comparabilità e insieme il momento livellante. Ci si potrebbe quindi immaginare che il qualitativo, e con lui tutti i momenti della forma, che sembrano sommersi dalla società contemporanea, tornino a riprodursi e a ricrearsi a livelli più alti. Direi quindi: la "de-formazione". è piuttosto - se posso esprimermi in modo quanto mai rozzo - un fenomeno della società borghese che non un fenomeno che in sé sia necessariamente da equi57
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