POESIA/HUGHES le allodole non preoccupate di niente il prugnolo sicuro delle sue gemme e il profilo delle colline, dopo milioni di anni difficili, mollemente rilassato. 17 Febbraio Un agnello non riusciva a nascere. Un vento di ghiaccio, spirava da un'alba stracciata di pioggia. La madre : era in terra sull'erta fangosa. Smaniosa si alzava, .e quel gruppo nerastro le ballonzolava di dietro, sqtto la coda. Dopo alcune galoppate veloci un po' di manovre, molti sbattimenti di quella testa d'agnello che sporta di fuori guardava all'indietro, la ,catturai con la corda. La feci sdraiare, la testa a monte, e guardai meglio l'agnello. Un ematoma compresso sotto il suo feltro nero, la bocca schiacciata e storta, la .lingua nera di fuori, strangolato da sua madre. Palpai con la mano; oltre il cappio della carne materna, la galleria scivolosa di muscoli, cercando uno zoccolo dietro l'oblò · della· pelvi. Non c'era. Troppo presto aveva sporto la testa e i suoi piedi non riuscivano a uscire. Avrebbe dovuto tastare il terreno in punta di piedi, gli zoccoli giunti sotto il muso per un atterraggio sicuro. Così, stando in ginocchio, cominciai la mia lotta con le sue viscere. Ma la mano non riusciva a infilarsi più in là, oltre il collo dell'agnello per afferrarne un ginocchio. Misi una corda · intorno a quel collo e tirai finché la pecora urlò cercando di alzarsi. Allora capii che era inutile. Feci circa due miglia per l'iniezione e un r.asoio. Tagliai la gola all'agnello, feci leva con un coltello tra le vertebre e staccai via la testa a fissare la madre, le arterie poggiate sul fango, l'intera terra per corpo. Poi spinsi dentro il moncone, e mentre spingevo, spingeva anche lei. Lei urlava e spingeva, io spingevo e ansimavo. È la forza delle spinte del parto· e la spinta del mio pollice su quella vertebra traballante erano a un punto morto, di un'assoluta inutilità. Finché non forzai dentro una mano e afferrai un ginocchio. Poi, come per tirarmi su fino al soffitto con un dito 38 agganciato a un anello, ritmando i miei sforzi sul travaglio delle sue spinte, feci forza su quel cadavere che non voleva uscire. Finché venne fuori. E, dietro, l'atteso improvviso giallastro pacc;o di vit_a in uno scivolare fumante di succhi oleosi e sciroppi - e il corpo era nato, lì a terra, accanto _alla testa staccata. Nascita di Arcobaleno Della vasta azzurra chiarezza del cielo di Marzo stamani restava soltanto una violenta burrasca d'aria, e una mano · di fresco sul mondo, assorbita per tutta la notte. Il vento dal Sud, come un rasoio affilato e tagliente, giù dalla brughiera innevata, giù dai serroni spolverati di neve. I solchi allagati tremolavano, dentro le impronte le pozze facevano specchio. Una margherita ingessata di fango liberò la sua testa dal fango. La vacca bianca e nera era immobile alla base dell'arcobaleno sulla cresta piv alta di tutto il crinale. A testa bassa leccav~ qi.alcosa, nel pieno di quel tormento del vento che l'arcobaleno, nei suoi vapori nebbiosi, ignorava. Leccava il vitello che, nero e goffo, ancora bagnato, le era appena caduto dal grembo, e ora strizzava gli occhi al sole basso e abbagliante del mattino lavato. Era nero, bagnato come un collie uscito dal fiume, · mentre lei lo leccava scoprendone gli odori, imparandone l'essere particolare. Una bandiera di tessuto sanguigno le pendeva da dietro. Dispiegata e brillante, di carne viva e rosata, si attorcigliava e sbatteva nel vento impietoso. Turbata, mentre noi arrivavamo, si mise in posizione con un lieve nervoso . movimento dei piedi .sul tappeto del prato arato d'impronte e allagato. Sottovoce, inquieta, muggiva e anche suo figlio - le sclere sgranate - modulava a voce piena e chiara la nota dei vitelli, pura come da uno strumento ·a fiato. Cercava di alzarsi, di mettere in moto le articolate leve delle sue zampe Tirò su le spalle, si alzò sulle ginocchia, sollevò il posteriore e vacillò in avanti anteriori. sulle ginocchia e caviglie cedevoli, scivolando nel fango
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