Linea d'ombra - anno VI - n. 33 - dicembre 1988

Se a Parigi il Sessantotto rimette in discussione il mondo, anche a Lima si verificano cambiamenti radicali: l'ascesa al potere dell' aprista generale Velàzquez Alvarado significa al tempo stesso un grande rinnovamento per il paese ma anche la nazionalizzazione delle banche, , comprese quella di famiglia e il conseguente drastico cambiamento del suo destino. Ma quelli, come la vita di Alfredo, erano anni esagerati: la banca di famiglia viene, è vero confiscata, ma al giovane rampollo transfuga viene offerto il Premio Nazionale di Letteratura per Un mundo para Julius (tradotto anche in italiano presso Feltrinelli) che il Generale Velàzquez consegna nelle mani della signora sua madre, sufficientemente spiritosa da sapersi adeguare ai nuovi, duri tempi. Siamo nel 71, e il nostro è ormai uno scrittore consacrato: a Perugia, dove se ne era andato a studiare le lingue, aveva scritto il suo primo libro, Huerto cerado (1968) che gli era valso una menzione al Premio Cas~ de las Américas, e con Un mundo para Julius si era trasformato nello scrittore giovane più rappresentativo di una generazione spietatamente critica nei confronti di una borghesia ipocrita e decadente. Incapace di sopportare il ruolo di personaggio, Bryce, che comincia a scoprire i piaceri del- !' alcol, si rifugia ·a Montpellier in una sorta di curioso isolaIJ1ento, dedicandosi all'insegnamento, che in realtà detesta, e spezzando la solitudine grazie a fitte corrispondenze che intreccia con gli amici (pubblica però in questi anni un delizioso libro di racconti, La felicidad, ja, ja 1974). Si salverà dalla nevrastenia di Montpellier lasciando l'u- -niversità e andandosene a vivere a Barcellona, ma soprattuto trasferendo tutti i suoi "tics" e le sue."esagerazioni" in una esilarante trilogia, Y:antasveces Pedro (1977), La vida exageradade Martfn Romana (1981) e El hombre que hablaba de Octavia de Cadiz (I 985) dove ha dimostrato di essere capace di scrivere dei romanzi che altro non sono se non il monologo di un pazzo drammaticamente simpatico. A Cuba, dove ha soggiornato per qualche mese ( "così ho potuto spendere i miei diritti d'autore") ha cominciato un altro romanzo su cui ha continuato a lavorare a Barcellona, La ultima mudanza de Felipe Carrii/o, ma l'autore non ama parlarne; sa che non appena terminato passerà nelle abili mani della sua agente letteraria, la terribile e temuta Carmen Balcellsalle cui cure è affidata gran parte della narrativa latinoamericana. Schivo nel parlare, esitante al principio, in realtà Bryce Eche-· nique non perde mai il filo del discorso e il suo senso dell'humor non vienemai meno. Intuire dalle sue parole dove finisce lo scherzo e dove comincia la realtà non è facile ma non è neanche difficile capire, anche attraverso le sue esagerazioni, che vi sono alcuni argomenti tèrribilmente seri. Uno di questi è la "latinoamericanità", se così si può dire, nell~ sua variante peruviana, una condizione dell'animo dalla quale non è possibile liberarsi e che egli ha scoperto solamente dopo essere andato via, una condizi~ne, quindi, che può essere sperimentata anche, come nel suo caso, vivendo lontano ("Henry James si è perfino naturalizzato inglese, eppure nessuno ha saputo trovare, come lui, la quintessenza della nordamericanità'') e· che egli descrive come un insie- . me di timidezza e di fatalismo che conduce quasi inevitabilmente alla frustrazione ("come la nostra nazionale di calcio - dice - che gioca divinamente, chefa divertire ilpubblico con le sua diavolerie, che è capace di sconfiggere il Brasile, ma che poi perde irrimediabilmente contro la Bolivia''). Un altro argomento terribilmente serio per questo enfant terrible con qualche capello bianco, con gli occhialetti rotondi da studente diligente e le giacche sempre un po' corte di maniche, è il suo impegno nel misurarsi con la scommessa che ha fatto con la scrittura di riuscire a tradurre in segni grafici l'oralità del linguaggio, di riuscire a lavorare sul linguaggio del riso, di spezzare gli schemi consueti per dare al linguaggio scritto tutta la sua possibilelibertà. Su questo cammino devemolto - e lo ripete più volte - a Julio Cortazar che ha conosciuto e letto dopo aver scritto il suo primo libro, a lui deve la grande lezione che uno stile si inventa e non si copia e che in letteratura tutto è permesso ( "Cortdzar mi ha insegnato a scrivere l'oralità''). C'è poi l'amicizia, anche questo un argomento sul quale non si può scherzare, che è sacra e che lo lega prima di tutto agli scrittori peruviani, Julio Ramòn RiIL CONTESTO MUSICA Festa iazz, Sine Die. per finire con Nina Simone Marcello Lorrai Nina Simone in una foto di Paola Bensi. Steve Coleman, Greg Osby, razione nelle realizzazioni discoGeri Allen, Cassandra Wilson, grafiche individuali, mentre artiTerri Lyne Carrington, sono tra sticamente, nello stesso momento gli esponenti di maggiore spicco in cui mostra un'amorevole condella nuova generazione jazzisti- siderazione del patrimonio jazzic ca: venti-trentenni, di varia pro- stico e ne pratica in maniera viva venienza geografica (rispettiva- e a volte toccante la continuità, mente Chicago, St. Louis, De- manifesta anche una forte inclitroit, Jackson, Boston), fanno nazione all'eclettismo. parte di un'area di giovani jazz- Per esempio la batterista Termen neroamericani (con una for0 ry Lyne Carrington, ventitreente presenza di personalità ne (ormai affermata a livello femminili) che fa base a Brook- internazionale per la sua partecilyn, dove ha fra l'altro occasioni paziçmeal gruppo di un nome del di rapporto con la vivace intelli- calibro di Wayne Shorter), che ghenzia black che vi risiede. Al- accompagna la vocalist Cassanla competizione questo giro di dra Wilson in un album a base · musicisti preferisce un atteggia- di standard, Blue Skies (Polydor mento solidale, di .scambio di giapponese, il quarto sotto proesperienze e vicendevolecollabo- prio nome nella discografia delbero, Antonio Cisneros, Hinostrosa, Gregorio Martinez, ma poi anche ai mostri sacri, da Carlos Fuentes e Gabriel Garcia Màrquez e perfino ( "è un mio grande amico'') a Mario Vargas Uosa, suo indimenticabile professore all'università e attualn'I nte su linee politiche molto diverse dalle sue. Quanto al Perù, altro argomento serissimo, c'è appena stato e ne ha ricavato un'impressione penosa di abbandono ( "un progetto che si sta disintegrando''), un senso di impotenza nei leaders politici che ormai dichiarano apertamente che in quel paese non c'è niente da fare, e il peso implacabile del debito che frusta ogni tentativo di ripresa. Ma di questo ha scritto sulle pagine di "El Pais", con notevole acume. 29

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