brio fra spinte·centrifughe e spinte ac~entratrici si era rotto: mentre 1~dinamica che portava il movimento studentesco dalla scuola alla società si accompagnava a un ritorno delle forme organizzative tradizionali, e prima di tutto al modello leninista del partito, l'unità originaria si frantumava (più lentamente, e con tempi molto diversi nei diversi paesi) sotto la pressione non solo delle scissioni 'di linea', ma anche dell'emergere di nuovi movimenti, che assumevano la parzialità di una condizione e di un'identità, etnica o di genere, come proprio principio fondante; e che esigevano di differenziarsi rispetto alle strutture politiche urtitarie della nuova sinistra, con la stessa intransigenza, e la stessa esigenza di totale autonomia, con cui la rivolta giovanile aveva praticato il suo esodo dalla società dominante". Cominciavano, insomma, i nùovi e più duri pe(corsi. Itinerari, e persone. La lettura del Saggio di Ortoleva lascia infine una sensazione duplice. Di completezza e di buona sintesi delle principali ragioni, fonti e dinamiche del movimento, ma anche di voglia inappagata di saperne di più e più a fondo, di seguire certi itinerari. Com'erano davvero quelle persone? Cosa volevano? E cosa,hanno fatto, dopo? E ora, invece, come ripensano ad allora e·cosa è vivo di quell'esperienza? Cosa può ancora dirci? È rintracciabile in segni concreti, in modalità riconoscibili e originali anche nei presenti anni di ~ariopinto e benestante conformismo? Immagino sia stata una curiosità, un'esigenza di questo tipo a motivare in Fabrizia Ramondino la decisione di scrivere un romanzo come Un IL CONTESTO giorno e mezzo, storia appunto di una riunione politica di un giorno del '69 e dei suoi protagonisti. La finzione, e il sortilegio, del romanzo consente di indagare zi:mealtrimenti annebbiate, sfuggenti alla ricostruzione storica e che pure si avvertono come essenziali. Anche l'Autoritratto di gruppo di Luisa Passerini sembra rispondere a questo bisogno. E un libro sospeso tra memoria (anche personale) e ricostruzione storica, un racconto corale costruito con interviste a protagonisti di base e a leader del movimento studentesco torinese (fra i quali Guido Viale). Non ha molto a che fare con l'aneddotica del megafono di Capanna, quanto con un tentativo, anche sofferto, certo problematico, di interrogare quegli anni lontani e il loro senso più vero attraverso le domande poste oggi a chi li ha vissuti. Va da sé che sòno anche domande sull'oggi, pur se in tutti questi libri (cioè pure iHOrtoleva e Ramondino) l'oggi sembra come venire allontanato. Di esso questi libri non parlano, malgrado suscitino dubbi e quesiti che riguardano in modo preciso il nostro presente. Un lontano, possibile modello di sintesi tra biografia, tra analisi storica e politica e indagine sul presente, citato anche da Ortoleva nella sua antologia finale di documenti, sono i Dati personali di Hans Jiirgen Krahl, tra i massimi leader del '68 tedesco, insieme soprattutto a Rudi Dutschke (pubblicato sui "Piacentini" e raccolto, con molti altri suoi importanti saggi nel volume Costituzione e lot(a di classe, edito in Italia da Jaca Book nel 1973, libro prezioso e purtroppo poco reperibile). "Vengo da un Land sottosviluppato della Bassa Sassonia" scrive Krahl, "impregnato dell'ideologia della terra" arretrata e "buia" come quella regione. Krahl descrive la sua "odissea tra le forme organizzative della classe dominante" (compresa l'iscrizione alla CbU) fino al distacco e al passaggio "al positivismo logico è, infine, alla dialettica marxist.a", all'adesione all'SDS (dove "ho imparato, per la prima volta, che cosa significa solidarietà: creare forme di relazione che si staccano dall'oppressione e dall'asservimen- • t9 alla classe dominante'') e alla stagione del movimento stu- . dentesco. . Krahl è morto giovanissimo nel 1970. Anche nel breve tempo avuto a disposizione, tuttavia, ha lavorato molto, impegnandosi in particolare nell'analisi delle forme attuali di dominio e di oppressione. Egli ha individuato nella "decadenza dell'individuo borghese una delle motivazioni essenziali della protesta antiautoritaria del movimento degli studenti". La sua ricerca punta decisa a una quova coscienza di classe, che oggi possiamo agevolmente ritenere un po' improbabile e comunque non esauriente. Ma è stata una ricerca precocemente interrotta, come si è detto. Rimangono comunque, sul piano dell'analisi,. degli spunti originali di riflessione, attualissimi ancora, in particolare nel rapporto tra sapere e potere, tra movimento e conoscenza scientifica. È anche, questo, il punto di arrivo di Ortoleva, che con molta efficacia conclude: "Nell'organizzazione sociale del sapere, nella condizione dell'intellettuale, nelle trasformazioni che si stavano verificando nel campo della scienza, gli studenti in rivolta non riconoscevano solo la fonte del proprio disagio e la sede della propria agitazione, e neppure semplicemente un nuovo importante terreno di scontro, ma molto di più ... Nella nuova organizzazione, socializzata e collettiva, del sapere, il '68 intravvedeva (almeno nelle sue espressioni più lucide) una potenzialità nuova di liberazione, non solo per lò strato privilegiato degli intellettuali, ma per tutta l'umanità, e al tempo stesso la possibilità di una oppressione senza precedenti, in cui il dissenso poteva essere soppresso fin nell'interno dell'individuo ... ". Questa problematica è stata poi abbandonata, afferma Ortoleva, man mano che ·pro7
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