STORIE/SWln Teneva gli occhi chiusi; credo che rimasero chiusi fino al termine dell'intera operazione. Ma i miei si aprirono sempre di più davanti a ciò che forse oessun Krepski aveva mai visto o, per lo meno, osservato con tanta a,tterrita attenzione. La madre - era quello che indubbiamente st~va per diventare - inarcò la schiena, sollevò il venire mostruoso· e sembrò offrire tutto il corpo perché si squarciasse dal centro delle cosce in su; con gli occhi sempre più dilatati, vidi un oggetto luccicante, umido con screziature paonazze, come un sasso di marmo raggrinzito, apparire là dove aveva inizio lo squarcio. Il sasso continuò a crescere diventando inverosimilmente grande per la stretta apertura su cui sembrava deciso ad incastrarsi. E infatti, per un intero minuto.vi rimase bloccato, mentre la madre urlava, come se si trattasse della sua destinazione finale. E poi, all'improvviso, cessò d'essere un sasso. Era un grumo di carne contratta e informe, cosparso .di sangue, consapevole della pericolosità della posizione. La madre ansimò: il grumo divenne una testa di burattino, grinzosa e malconcia. La madre ansimò di nuovo, questa volta con giubilo e sollievo evidenti: non si trattava più soltanto di una testa, ma di una creatura completa, con braccia e gambe e piccole manine brancolanti; non più trattenuto in quella terribile costrizione, all'improvviso scivolò fuori con facilità, come da un barattolo di salamoia, seguito da un viscido liquido salmastro. E non era ancora tutto. Rapidamente, come se nori fosse di per sé straordinario che una cosa così grossa uscisse da una fessura così stretta, fece seguito un flusso indescrivibile, multicolore, simile per aspetto e conformazione al corallo liquido, a gelatina, a mirtilli cotti ... Da quale ragù mai è messa insieme una vita. Ed io, cosa facevo mentre aveva luogo questa spettacolare rappresentazione? Avevo gli occhi fuori dalle orbite, le ginocchia mi cedevano e nella mano destra stringevo, quasi a schiacciarlo, il Grande Orologio. Ma adesso, davanti a quell'esserino che si agitav<1l-entamente·sulle lenzuola imbrattate di sangue, ai gemiti di sollievo della madre che cominciavano a tingersi.di una nuova angoscia, capii che in questo dramma m'era stata assegnata una parte inevitabile. Una volta, a Highgate, avevo visto alla televisione - nauseato, ma anche affascinato - un programma sul parto. Sapevo che molto dipendeva da quel tubo di carne avvoltolato come un serpente tra madre e bambino. Anche la madre ne era consapevole, perché, fa.cencioappello alle sue ultime energie, indicò un cassettone sul lato opposto della stanza. In un cassetto trovai un paio di forbici da cucina ... Nell'istante stesso della nascita, diventa possibile l'omicidio. Le mie mani inesperte fecero quel .che potevano mentre lo stomaco tratteneva maree montanti, non solo di nausea, ma di una strana, crescente, paura. Come il chirurgo in TV, sollevai quell'essere viscido e con mano esitante lo sèulacciai. Storse debolmente la bocca emettendo quel suono - un rantolo fioco di sofferenza che significa, si dice, che la vita ha· attecchito. Ma a me pareva misero e malato. Lo posai sul materasso, a fianco della madre, come se qualche influsso materno potesse operare l'incantesimo a me precluso. Ci guar78 · dammo, lei e io, con lo sguardo supplichevole di veri amanti, veri genitori che avessero messo insieme la loro carne in una sola speranza. Deborah ... col tuo fischietto nel cortile. Avevo udito .l'espressione "la vita è appesa a un filo". Sapevo che si riferiva a quei momenti di tensione in sale operatorie o in celle di condannati quando è ancora possibile che giunga la sospensiùne di una sentenza, ·ma non avevo mai capito cosa significasse - abituato com'ero a considerare la vita come una faccenda dal lento svolgersi che poteva abbracciare secoli. E soltanto ora so quali immense concentrazioni· di tempo, quali smisurate forze contrarie di anni, decenni, secoli accumulati, entrano in gioco nei momenti in cui il piatto della bilancia potrebbe pendere da una parte o dall'altra. Guardavamo quel povero bimbo. Le grinze del suo viso cieco, le mani che si agitavano. Era evidente che aveva le ore contate. La madre cominciò a piagnucolare, aggiungendo ancora altro liquido alle altre sue innominabili fuoriuscite. Io sentii il cuore gonfiarmisi dentro, il mio ticchettante cuore di orologiaio. Mi sfuggì involontariamente una preghiera silenziosa. E all'improvviso fecero la loro ricomparsa. Stanislaw e Feliks e Stefan: m'avevano raggiunto in volo, per chissà quale arcano fenqmeno, portando con sé l'essenza mistenosa degli elem'ei1tiche li avevano accolti e decomposti. Il bisnonno dalla sua tomba di Highgate, il nonno dalla sua urna, e mio padre dalle grigie profondità dove era stato sbocconcellato dai pesci e, ormai da tanto, corroso e disperso dalle correnti. Terra, acqua e fuoco. Si riuniv.ano, uscendo dalle viscere della Natura. E con loro giunsero Stanislaw senior, Kasimierz, Tadeusz, e tutti gli altri di éui non ricordo il nome; e persino i mitici Krepf di Norimberga e di Praga. Poggiavo la mano sul magico Orologio evocatore di spiriti. Fu allora che compresi che il Tempo non.è qualcosa che esiste fuori di noi perché sia annesso corne un territorio. Cosa siamo noi tutti se non la quintessenza di tutto il tempo? Cos'è ciascuno di noi se non l'essenza di tutto il tempo che l'ha preceduto? · Il torace del neonato tremava debolmente; le mani ancora brancolavano; il viso grinzoso si faceva cianotico. Tenevo'Ìn mano il Grande Orologio di Stanislaw. Con la catena d'oro, lo lasciai oscillare pi,mo al di sopra delle minuscole dita del neonato. Si dice che quello di afferrare sia il primo_istinto di un bambino. Egli toccò il capolavoro ticchettante che era stato creato a Lublino ai tempi del Granducato di Varsavia. Un indice e un pollice minuscoli afferrarono con la forza d'una · piuma la cassa d'oro finerflente cesellata e il vetro spesso e ingiallito. Trascorse un secondo: un'eternità. E poi, il torace, che s'éra quasi fermato, cominciò a sollevarsi vigorosamente. Il viso si contrasse per emettere un Vagito roco e incerto che sembrava contenere riel timbro l'accenno a un riso soffocato. Gli occhi in lacrime della madre si illuminarono. In quello stesso istante, sentii dentro di me un rinnovato fremito di paura. No, non proprio di paura, ma come lo scorrere via di qualcosa, la rivelazione di un'impostura come se non avessi alèun di~
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