IL CONTESTO Maggio '68 a Parigi (foto Reporters Associés, da Foto Reporter sehen die Welt, Verlag Th. Martens & Co. 1969). trollo sociale. L'inopinato ritorno dell'affare Calabresi ha reso fosca l'estate del ventennale, e ha fatto sentire più viva quell'esig·enza. Tra le (finora) poche risposte di livello e tono adeguati è giunto tempestivamente il libro di Peppino Ortoleva, Saggio sui movimenti del 1968 in Europa e in America (Editori Riuniti, p. 304, lire 24.000), che riconnette i.fatti (anzi "la trama di eventi pressoché simultanei" accaduti nel mondo in quell'anno) al loro contesto più adeguato e al loro più vasto significato storico. Il '68 è stato dunque per Ortoleva, che vi ha preso direttamente parte, "un evento storico", di natura "irriducibilmente ambivalente; un punto d'incontro fra molti piani temporali, e fra molte dimensioni differenti". Ortoleva spiega uno dei tratti più sorprendenti e nuovi del movimento - la sua diffusione planetaria - con il ravvicinarsi delle distanze, e il ridursi del mondo a un unico villaggio. Diverse sono state le motivazioni della rivolta, .sostiene, specie tra Est e Ovest, ma sono giunte simultaneamente a maturazione in un processo che tendeva a unificare la rete delle comunicazioni (la "mondovisione") e, in prospettiva, a omologare sempre più le esperienze. Il '68 è impregnato di questo fervore comunicativo, almeno quanto si distingue per il rifiuto di ogni dimensione "geopolitica", come la chiama Ortoleva. "L'idea che il territorio, le sue caratteristiche fisiche, la sua collocazione, potesse contribuire a definire, non diciamo l'identità personale, ma anche la situazione storico,politica di un popolo non poteva che apparire frutto di una logica di tipo positivistico, falsamente scientifico, la razionalizzazione dell'ordine dominante ·con argomenti solo apparentemente 'neutri'.'' ·u rifiuto dei "blocchi militari e politici", la solidarietà verso pÒpoli e Paesi lontani ma sentìti come "fratelli" sono aspetti centrali di questo approccio. E anche l'ambivalente atteggiamento verso le "appartenenze" nazionali o regionali. Il rifiuto del nazionalismo, all'Ovest, era molto forte (di esso erano portatori soprattutto i settori e 1~culture tradizionali, gerarchiche, se non militariste o apertamente reazionarie), e tuttavia si sapeva bene che la ricerca di una dignità e identità e autonomia nazionale era al centro delle (ivendicazioni di popoli a cui il movimento guardava con ammirazione (il Vietnam, soprattutto). In questo sfuggire comunque alla connotazione nazionale, e al sentimento nazionalista, Ortoleva nota l'emergere di una iniziale "identità di specie", forse forzando un poco, con l'ottica di adesso, gli elementi autentici di· quell'esperienza. È forse più appropriata la definizione di identità o consapevolezza generazionale, intendendo una generazione dai confini temporali molto ampi e, in prospettiva, sempre meno legata al solo fattore biologico e anagrafico e sempre più agli stili di vita e ai valori. In realtà, l'idea di generazione e la "scelta di classe" rappresentarono i cardini attorno ai quali · fondare la critica e i tentativi di contrapposizione concreta al "sistema". Era molto, ma non era forse ancora abbastanza, anche perché, ben presto, è stato il secondo fattore - il richiamo alla classe - a imporsi quasi esclusivamente. Quel6 lo del '68, e Ortolevii lo sottolinea, era un movimento di intellettuali che partivano dal disagio della loro condizione e un movimento di giovani, "con l'urgenza di edificare proprie comunità separate e autonome rispetto al mondo adulto". Questi tratti, però, il movimento ha finito per negarseli: li ha confinati ai margini di sé, ed erano invece fondamentali, costitutivi. Si è perciò negato anche una piena esperienza e coscienza di sé. Quel senso di estraneazione che penetrerà nella più parte dei militanti pochi anni dopo - pochi, febbrili, tempestosi anni dopo - fino a confonderli e a smarrirli, ha a che fare con questa rimozione di sé. Nella sua prima e più felice stagione, il movimento del '77 cercherà di riannodare creativamente i fili dell'esperienza politica e dell'identità sociale con la soggettività e la ricerca di un sé generazionale è radicalmente altro rispetto ai modelli dominanti (egemoni anche, nella dimensione del privato e della vita quotidiana, in quel "popolo della sinistra", in quella classe; cui il movimento continuava a riferirsi politicamente e idealmente). Ma è durata poco. Anche in questo caso, il precipitare dello scontro politico, !°'asprezza della repressione, la ricerca della massima efficacia organizzativa sul piano interno, hanno imposto ritmi e modalità di sviluppo al movimento che ne hanno inaridito rapidamente la vena più originale. Di nuovo, e presto, tutto si è fatto politica, ideologia, militanza, quando non militarizzazione. Ma era già la ripetizione, insieme farsesca e tragica, di quanto era accaduto poco dopo il '68. "A partire dalla primavera del 1968, in America, dall'autunno-inverno successivo, in Europa, il delicato equili-
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