SAGGI/GAETA memoria storica e scopre le tracce profondamente iscritte in un sapere - la Grecia, la Bibbia, l'India, le cosiddette culture primitive, l'universo della fiaba -, che non è archeologico se si è in grado di liberarne l'energia nascosta. La str~ordinaria avventura dei Quaderni è soprattutto questo scavo; non per contrapporre un passato remoto alla modernità, neppure per proporre un altro ambiguo. Rinascimento o un qualche sincretismo religioso,. ma per reintegrare la modernità dei caratteri originari della cultura occidentale, a partire dalla sua più remota culla orientale. Ben inteso, si tratta poi di sapere se noi avvertiamo il bisogno del nutrimento che può venirci da queste nostre radici storiche, o se oramai riteniamo la distanza così abissale, il mutamento così radicale da costituire noi stessi, questa nostra modernità, come principio ed origine, con tutti i caratteri che le sono 'propri. Non sembri un'alternativa manichea; il fatto è che il tempo dell'ambiguità sta·esaurendosi e solo le complicazioni del gioco politico-sociale fa velo all'urgenza di questa presa di coscienza; che si preferisce diluire il più possibile, disquisendo di scienza e di etica, di nuovi mondi tecnologici, di un nuovo dominio dell'uomo sulla natura che, certo, potrebbe nascondere risvolti negativi, ma che è in sé positivo, che anzi è peculiare della nostra civiltà giudaico-cristiaria, del nostro irresistibile impulso a progredire e dominare per ilbene di tutta l'umanità. Ma quando il velo sarà caduto, ci troveremo di fronte a dei fatti - e molti sono già ben visibili -, ben più potenti delle parole, di fronte ai quali la nostra cultura etica e religiosa potrà solo ammutolire .come è di già ammutolita quarant'anni fa di fronte ai lager e all'atomica. Ma quale nutrimento può venirci dalle nostre origini storiche, secondo Simone Weil? Il discorso è complesso, ma vorrei cogliere almeno un aspetto del suo pensiero al riguardo, un aspetto che ci riporta al tema della forza. L'Iliade, l'Iliade riletta da Simone Weil, è "una cosa miracolosa" perché il poeta è stato capace di sottrarsi al dominio della forza nell'atto stesso di rappresentarla. E questo non può certo accadere per caso, occorrono delle condizioni soggettive e storiche, occorre una cultura in cui non si dia separazione dell'etica dalla politica, ed occorre all'interno di essa un'educazione a "leggere" la condizione uma.na da una molteplicità di punti di vista. Vale a dire un'antropologia rovesciata rispetto a quella di cui ci siamo nutriti fino alla nausea, secondo la quale tutto è letto essenzialmente dal nostro . punto di vista, quello dell'interesse personale o di parte, che si tratti di un partito o di una chiesa, ovvero della democrazia, del socialismQ, del progresso e di quante altre nozioni ci torna comodo usare. Dalla Grecia Simone Weil ha imparato che "c'è un ordine del mondo a misura di ciascuno", che "il nostro universo altro non è che uno spaccato nell'universo, praticato in un punto che corrisponde alle dimensioni e alla struttura del nostro corpo" <5>, e che pertanto il mondo, per noi, è "un testo a più. significati" <6 l a seconda della prospettiva da cui 60 ciascun individuo lo legge, e che ogni lettura è vera. Se è così, ed è proprio la nostra più autentica coscienza moderna a confermarci che è così, allora si tratta di scegliere tra il negare, esplicitamente o di fatto, ogni altra prospettiva per affermare la propria o porsi al di fuori della prospettiva, vincere la prospettiva che è in noi assumendo un punto di vista trascendente, affinché il mondo appaia reale, nella sua concretezza fisica, per cui sempre, in ogni circostanza, qualunque cosa accada, almeno una piccola parte di me sia in grado di percepire il bisogno dell'altro, che è comunque un desiderio di bene o un grido di dolore soffocato, per il male incomprensibile che deve subire. Occorre allora cercare, per usare una sua immagine sorprendente, "un ordine senza forma né nome" (7), che dunque rifiuta di sottoporre l'universo alla logica del vero e del falso, a quella logica binaria che vuole schematizzare la realtà dandone una lettura unidimensionale, sulla quale è stato costruito tutto l'edificio della cultura moderna. Un ordine che è, al contrario, pura capacità di relazione tra le infinite letture dell'universo che ciascuno di noi rappresenta con il proprio corpo, la propria intelligenza, la propria storia, la propria volontà. Relazione che non si può nominare, ma:solo rendere sensibile attraverso la forma dell'opera, come nel- !' Iliade, o meglio attraverso la forma della vita, personale e sociale. Simone Weil ha creduto di ritrovare quest'ordine trascendente negli affreschi francescani di Giotto, poiché in essi, scrive, "san Francesco, il padre, il vescovo, il giardiniere esistono allo stesso titolo nello spazio" <B>; allo stesso titolo, né più né meno .. Naturalmente questo è puro pensiero cristiano, è l'ispirazione profonda del Vangelo, quale si esprime nella parola di Gesù continuamente ripresa da Simone Weil: "Siate perfetti come è perfetto il vostro padre celeste", il quale "fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" < 9>_ Un'ispirazione che milleduecento anni più tardi ritroviamo intatta nella trasfigurazione pòetica del Cantico delle ·creature. Guardar.e l'universo con gli occhi di Dio, cioè spogliati da ogni forma di provvidenzialismo <10>; vivere nel mondo caricati del sentimento della miseria umana; questo è quanto ci è richiesto, né più né meno, affinché la giustizia e l'amore siano possibili quaggiù. Questo è, per Simone Weil, "l'ordine senza forma né nome"; un ordine nel quale la forza non è certo abolita, ma alla quale è posto un limite nella misura in cui siamo in grado di arrestarci, di impedire all'azione di svilupparsi ciecamente - è l'insegnamento che ci viene soprattutto dall'India-, di rendere attiva in noi la coscienza che gli altri esistono, che l'universo esiste, realmente e non come nostra proiezione o come ostacolo alla realizzazione della nostra volontà di potere, personale o sociale che sia. Ora, ciascuno di noi è più o meno consapevole di queste verità, perché esse sono parte essenziale, per quanto offuscate o rimosse, della nostra cultura storica, e seppure le si nega
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