STORIE/MORENO le aveva risposto. - E dov'è costui? - Oh, non si preoccupi, verrà a cercarla domani mattina. L'aveva detto pacatamente, senza la minima intenzione di risultare impertinente, ma piuttosto con un triste fatalismo nella voce. Il fatalismo era una malattia tipica dei negri, e ìn questo si rivelava il sangue negro di Musiù. I negri, pensò, non li aveva mai capiti: potevano passare in un attimo dal giubilo alla malinconia. Comunque ora era lei la proprietaria della fattoria, perché la nonna gliela aveva lasciata in eredità nel testamento e aveva quindi dei doveri verso di loro. Quella fattoria era sempre stata posseduta da donne, fin da quando i suoi avi erano giunti a Barlovento; al tempo degli schiavi era ·servita da rifugio ai negri che fuggivano nella selva ed era stata la pietra dello scandalo per gli altri proprietari terrieri della zona: a Las Camelias, infatti, non si usavano fruste né catenç, era una questione di principio. Appena li portavano lì da Carùpano, si spiegava ai negri la situazione: potevano fuggire nella selva - e molti lo facevano - oppure lavorare in cambio di un salario decente. Contro ogni aspettativa, Las Camelias aveva sempre reso più delle altre fattorie della regione. La decisione che la nonna aveva preso quando l'aveva avuta in eredità era stata giudicata stramba dai più: i guadagni della fattoria sarebbero stati divisi, in parti uguali tra i peones alla fine di ogni anno. Dentro di sé !sabei pensava che non era servito a molto: invece di migliorare le proprie condizioni di vita e di mandare a scuola i figli, quei negri pigri preferivano spendere i soldi che ricevevano in liquori e feste libertine. Ma la nonna non aveva mai voluto sentire ragioni. "Quello che produce Las Camelias - le aveva detto un giorno - è frutto del sudore e del sangue dei negri; è mio dovere renderglielo senza domandare che ne faranno". Per questa e altre ragioni la nonna le era sempre sembrata formidabile; e proprio per questo trovava indecente che un negro, forse an- _cheuno dei suoi protetti, avesse potuto buttare le sue spoglie nel fiume infestato dai caimani. I sabei si svegliò con l'impressione di aver trascorso la notte in bianco. Eppure era mezzogiorno. Faceva cal{;ioe sentiva il proprio corpo tanto pesante e inerte che per colazione si limitò a bere un succo di tamarindo e si ridistese subito su un'amaca in terrazza, i,n attensa della visita ·del Mandinga. Avrebbe potuto restare lì per il resto della sua vita, pensò scoraggiata, ascoltando tra il rumore dei tamburi il monotono canto dei grilli e, in lontananza, l'andirivieni delle onde sulla spiaggia. Nonostante si fosse strofinata bene lavandosi, le sue . ascelle emanavano un odore acre, lo stesso che aveva respirato con tanto piacere molto tempo addietro, quando aveva avuto la prima mestruazione. Anche il pube era caldo e madido di sudore, ma preferiva attribuire quell'umidità al calore che avvolgeva l'aria come una cortina spessa, inalterabile. Il suo tailleur di lino bianco comprato a Parigi il mese prima le pareva un lenzuolo funebre e se lo sarebbe tolta volentieri per 50 rimanere nuda. Cosa.avrebbe detto Juan Antonio? .La prima e unièa volta che avevano fatto l'amore nell'appartamento che i genitori di lui' possedevano in Avenue Foch, aveva spento la luce e le aveva sollevato la camicia da notte solo fino alla vita: lei aveva provato un dolore terribile e tanta vergogna. Ma erano fidanzati da tempo e decisi a sposarsi. Anche lui si era poi sentito in colpa ed erano andati a c.onfessarsi insieme: usciti di chiesa le aveva promesso di rispettarla fino al matrimonio. "Non si sporca l'acqua che poi si deve bere", le aveva detto. Quei piccoli gesti di cui Juan Antonio era capace la commuovevano, glielo facevano amare di più, anche se a volte provava una rabbia assurda nei suoi confronti. Un odore di pachulì a buon mercato venne a distrarla dalle sue riflessioni: accanto.a lei c'era una vecchietta negra che la guardava fissa. - Sono venuta a prenderla, disse. E vedéndola alzarsi dal1'amaca aggiunse: - Quelle scarpe, meglio che si metta gli stivali che usava sua nonna. Musiù, che era comparso·sulla terrazza, si affrettò a dire: · - Glieli porto subito, signorina !sabei. E così Isabei si ritrovò a camminare dietro alla vecchia per· quella selva inospitale, piena di alberi secolari e di serpenti dal morso mortale, in cui nessun bianco osava entrare. Tranne la nonna, pensava lsabel stupita, osservando di tanto in tanto i propri stivali imbrattati di fango e il vestito bianco strappato qua e là da foglie simili a lame. I tamburi rullavano senza so~ta coprendo il canto lugubre degli aguaitacaminos. La selva umida e calda pareva richiudersi dietro di loro man mano che avanzavano e, più che dalla fatica, !sabei era tormentata dalla mancanza di luce. In mezzo a quella vegetazione intricata non si intravedeva nemmeno l'ombra di un sentiero, ma la vecchia camminava sicura, in silenzio. lsabel, di solito serena, era sull'orlo della disperazione: camminavano già da più di un'ora, le zanzare la assalivano e dal fango e dalle foglie marce saliva un odore di febbre; era terrorizzata all'idea di perdere di vista la vecchia e di ritrovarsi sola nella tenebrosa profondità della selva. Giunsero finalmente alla capanna del Mandinga, se quel miserabile rifugio di rami e foglie di banana poteva chiamarsi tale. A !sabei sembrò di averlo già visto. Era un uomo slanciato, senza età, dai muscoli disegnati con elastica saldezza sotto la pelle liscia, color del cacao. Non parlò subito: si limitò a indicarle con un gesto la stuoia su cui poteva sedersi e continuò a squartare il maiale selvatico che probabilmente sarebbe stato il suo pasto: - Bianca, questi monti ti hanno stancato, disse dopo pochi minuti. Qui vicino c'è un ruscello (e di nuovo fece un cenno per indicarle la direzione). Bagnati, non ti vedrà nessuno. · - Tutto quello che chiedo è un po' d'acqua da bere e qualche spiegazione sulla scomparsa: di mia nonna. - Ogni cosa a suo tempo, bianca. Bevi l'acqua. Lì c'è un'anfora. E abbi fiducia. Il Mandinga si chiama Barlovento. - Voglio sapere cos'è successo al cadavere della nonna. Il Mandinga non le rispose, ma vedendo il suo scoramento, si alzò, tolse dell'acqua dall'anfora con un mestolo, la versò
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