Linea d'ombra - anno VI - n. 32 - novembre 1988

NARRARE. LA SCIENZA/CHARGAFF per non spegnere l'ottimismo dei genitori, che è altrettanto necessario alla riuscita quanto la loro volontà di fare sacrifici molto grandi. Inoltre, penso che ti stia agitando troppo per un fenomeno che socialmente o demograficamente è poco rilevante. EC: Ma anche la volontà deve essere riconosciuta. Tamen est laudanda voluntas. Inoltre, ogni abominio nel nostro mondo è iniziato come piccola cosa. Prima, convince quelli che lo eseguono, poi cattura un piccolo gruppo di spettatori che persuadono se stessi e poi gli altri che questa è la cosa più grande che sia mai esistita. E improvvisamente, in un giorno soleggiato o cupo, il mondo intero comincia a chiedersi come ha potuto esistere senza quella cosa, quella cosa meravigliosa. Un paio di decenni dopo e nessuno sa più neppure come si pronuncia quella cosa. Però, anch'essa ha contribuito al definitivo e irreversibile abbrutimento dell'umanità. Proprio come le torture inflitte dalla Santa Inquisizione o dalla giustizia cinese del Medio Evo, che sopravvivono ancora come minuscoli riflessi nelle menti di noi tutti. È in questo modo semplice che ogni brutta azione, ogni atto umano viene accreditato all'umanità, passata e presente. È una specie di progresso in negativo, una entropizzazione delle nostre anime viventi. EE: Entropizzazione è un'espressione sciocca, anche se capisco cosa vuoi dire. Questo non implica, naturalmente, che io sia d'accordo con te. Sembri suggerire che i progressi delle scienze, pure e applicate, stanno rendendo il nostro mondo e le nostre vite più caotiche, più disordinate. Mi ricordo che da qualche parte dicevi che bisognava andare verso il massimo di entropia morale, parlavi del/' "imperativo entropico", e così via. Secondo me, sono cose senza senso. La termodinamica e l'etica non si sposano bene. La confusione delle categorie è una cosa che lo scienziato dovrebbe evitare. Da parte mia, io sostengo che si deve sempre desiderare ogni ulteriore progresso della scienza e della tecnologia, che l'umanità non può che trarne beneficio e chef avorire tali progressi è lo scopo principale della civiltà. La professione medica, col suo compito di curare gli ammalati, costituisce una parte di quella civiltà di cui si deve essere orgogliosi. Se una malattia è curabile deve essere curata. E che una coppia sia condannata a non avere figli, non è forse unq malattia? EC: Cominci ad annoiarmi e adesso ti volterò le spalle. Quello che ora dirò non è più rivolto a te, ma ai venti e al tempo. (EC volta le spalle a EE che durante l'arringa a un certo momento scompare attraverso una botola). Alcuni paradossi rimasti insoluti Conosco pochi passi della letteratura in cui uno dei paradossi che l'umanità deve affrontare sia espresso con maggio- .re chiarezza e immediatezza kirkegardiana, dei versi che citerò ora. Sono tratti dall'ultimo coro, il coro dei sacerdoti, che chiude la tragedia Mustafà di Folke Greville (stampata nel 1609): 36 O dell'uomo gravosa condizione: nato sotto una legge e a un'altra soggetto, vanamente generato, e pur da vanità impédito, nato infermo e costretto a essere sano. "Nato infermo", è l'infermità che porta alla morte? "Costretto a essere sano": è il medico a cui viene trasmesso l'ordine, che ha l'obbligo di curare quella infermità fino alla morte? L'uomo, il balocco dell'eternità, è visto sospeso fra l'assenza di tempo del Paradiso e la putrefascente estinzione della Valle di lacrime? Di là vaga Geremia, strappandosi le vesti, ponendo continue domande, che non avrebbe posto se non ne conoscesse già le risposte. Ma le risposte sono andate perdute da tempo. Nato sotto la legge del Cre.atore, soggetto al dominio - qualcuno direbbe al capriccio - della Provvidenza. Il sacrilegio è sempre stato impedito dalla debolezza dell'uomo. Persino i suoi utensili e le sue tecniche potrebbero difficilmente raggiungere domini più elevati. L'uomo restava muto davanti all'inconcepibile. Ci sono voluti migliaia di anni prima che ci si rendesse conto che l'inconcepibile non era necessariamente l'inesplicabile. E allora nacquero le scienze.esplicative; solo alcuni ammettono che c'è un profondo abisso fra il capire e lo spiegare. Lo spiegare resterà sempre provvisorio in assenza di verifica da parte di un'autorità superiore. Il fascino, l'attrazione delle scienze naturali si trova, infatti, nel loro caleidoscopico provando e riprovando. Quando alcune di loro diventano normative, cambiano carattere. La medicina dei miei tempi ha attuato questo cambiamento. Ampliando enormemente la definizione di cura, è diventata uno dei capi nella lotta contro il destino dell'uomo. Qualcuno direbbe che era questo il compito della scienza e della tecnologia sin dall'inizio. Può darsi che in un certo senso sia vero, ma c'è una grande differenza fra la lotta contro la malattia e la morte prematura e la lotta contro.il destino dell'uomo, in cui è compresa la morte finale. Finché i medici non potevano fare molto di più che torcersi dottamente le mani, la questione non si poneva in tutta la sua paurosa urgenza. Nel passato, furono indubbiamente salvate intere popolazioni grazie ai progressi compiuti nella salute pubblica; singoli organi danneggiati (o che funzionavano male) vennero spesso curati, o perlomeno si riuscì ad alleviarne le conseguenze; si combatterono gli invasori patogeni del corpo e se ne regolarono le deficienze, e in tutto questo la chemioterapia fu molto utile; si perfezionò a tal punto la chirurgia che le generazioni precedenti ne sarebbero rimaste sbalordite. Tutto ciò, naturalmente, non sarebbe avvenuto senza la ricerca, durata molti anni, di fisiologi, chimici, biochimici, farmacologi, immunologhi ecc. · Man mano che gli strumenti si raffinavano e che il campo del possibile si allargava a dismisura, era impossibile non ren-

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