Linea d'ombra - anno VI - n. 32 - novembre 1988

IL CONTESTO CONFRONTI Angoscia e visioni .. nella Storia-al-presente di Rosetta Loy Bruno Pischedda Ci sono aspetti non secondari, nell'ultimo e fortunato romanzo di Rosetta Loy (Le . strade di polvere, Einaudi, pp. 241, L. 20.000), che inevitabilmente riportano all_a memoria le pagine dei Souvernirs pieux, di Marguerite Yourcenar. Spingendosi a ritroso sino alle soglie del XIV secolo fiammingo, la scrittrice belga intendeva recuperare le radici genealogiche più oscure d~lla propria identità autobiografica. Nel caso della Loy siamo invece in presenza di un curioso; ma risoluto rifiuto, di implicare dichiaratamente se stessa nel testo. Ciò a cui mira, con maggiore distacco, è piuttosto la libera rappresentazione del succedersi di tre generazioni monferrine, sullo sfondo di una civiltà contadina e patriarcale, che sembra trovare definitivo suggello nell'ultimo scorcio dell'800. Ma analoga è nei due romanzi la tecnica di ricerca familiare e documentaria; identico soprattutto il desiderio di restituire quelle immagini di destino, quelle fissazioni emblematiche e poetiche, che ogni personaggio sottratto ai rottami del tempo lascia difficilmente intravec;lere al proprio biografo. Per ottenere ciò, la Loy profonde una creatività che diremmo ricostruttiva, o meglio ancora induttiva. Il suo è il problema tipico del genere biografia romanzesca: quello per cui si accetta di partire da concreti elementi memorialistici e documentari, per poi farli "cantare" n_arrativamente, ben al di là del loro frammentario particolarismo informativo. Si guardi per un istante a uno dei personaggi più significativi del romanzo, a quel Pidrèn-Sacarlott partito soldato e tornato anni dopo senza nemmeno le parole per de.scrivere i momentì più duri della sua av- . ventura. Il punto di avvio, l'appoggio crea- : tivo concreto, potrebbe essere benissimo · individuato in queste poche righe: "il ritratto che lo mostra appoggiato al velluto di una poltrona con la catena d'oro che gli attraversa il panciotto, non porta nessuna traccia dei suoi trascorsi napoleonici". È da qui, da un dato iconografico, che l'autrice parte per ottenere una più ampia verità narrativa del personaggio. Da qui scaturisce l'uomo martoriato, che appena tornato dalla steppa russa dorme "tre giorni di fila con una pagnotta stretta al petto". E l'uomo disilluso che vuole rinchiudere la propria vita "come in un'arena", senza lasciare più che i desideri "vadano oltre i campi e la casa". Lo stesso uo"moche nel delirio dell'agonia riporta ancora sotto le pupille cieche 1a visione terrifica dei Cosacchi all'assalto "tra le tende immobili nell'alba". Sono ìmmagini asciutte e potenti, che 30 battono a lungo nella fantasia del lettore. Ma sono anche immagini che si susseguono concitate e febbrili, assegnando al testo un vìsionarismo peculiare, quasi ossessivo. Il fatto è che, a differenza della Yourcenar, la Loy è tutta tesa a occultare, a cancellare ogni traccia del lavoro di documentazione biografico-n:iemoriale; vuole nascondersi in quanto narratrice, e lo fa riducendo la di~ stanza temporale tramite un presente assoluto che campeggia allucinato sulla pagina. Il colore dialettale, le canzoni ricorrenti, le pennellate paesistiche e i ritmi stagionali: tutto ciò solo incidentalmente produce un effetto acquarellistico e favoloso, talvolta puranche manierato. In realtà ciò che domina è la visione. Una visione in cui scarnite parabole esistenziali si consumano nello scontro tra grande Storia e micromondo familiare. Ma, anche qui, sarebbe impossibile raccogliere tale contrasto sotto indici tipo negativo/positivo, dispersione/autenticità. Il piano della grande Storia, delle guerre, della politica tende certo a trascolorare nell'evanescenza: indistinto brusio di date e fragori lontani. È lo spazio tutto maschile a cui si volgono di volta in volta i delusi d'amore (Pidrèn), i colRosetta Loy in una foto di Giovanni Giovannetti. piti dalle tragedie familiari (Luìs), i giovanotti in crisi di identità (Pietro Giuseppe). Dall'altro lato non meno inquietante è quanto ci dice la Loy a proposito della famiglia, della casa. Sicuramente è lo spazio di intimità privata in cui il singolo ha modo, sentimentalmente e formativamente, di costituirsi in quanto individuo. E tu'ttavia è anche il luogo in cui particolarmente la donna si confronta quotidianamente col nulla, la consumazione, il silenzio. Di111ensioned'angoscia in cui ciascuno può persino restare sconosciuto a se stesso e agli altri per una vita intera; o fissato in un attimo di verità, come la Luison, come la Teresa, solamente sul limite estremo della morte. Raramente ci era capitata una ricostruzione genealogica così febbrile e potente, e così sconfortata. Raramente l'istituto familiare contadino e patriarcale èra risultato così umanamente poetico ma insufficiente, e angosciato. Il suo problematico superamento, il rimescolamento dei rapporti pubblici e privati in senso modernamente borghese è.dietro l'angolo della: Storia. Nasce però sotto il segno di un oscuro desiderio trasgressivo, di cui si fa portavoce Pietro Giuseppe nel suo incestuoso rapporto con la sorellastra.

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