Linea d'ombra - anno VI - n. 32 - novembre 1988

IL CONTESTO un'immagine di grande icasticità. Qui è il fiume con la sua nascita e morte, altrove - nei romanzi sulle catastrofi scritti negli anni '60 - erano il Deserto d'acqua, la Foresta di cristallo o la Terra bruciata: sempre pffigurazioni di una prorompente naturalità che prende il sopravvento sulle costruzioni della società umana in un trasparente messaggio critico verso i vari antropocentrismi. Immagini che valgono innanzi tutto per il loro intrinseco fascino figurativo e archetipico (simboli difficili la cui interpretazione è lasciata a chi legge in un dialogo fortemente personalizzato), immagini - poi - che hanno la funzione di terreno di prova. Parlare dell'oggi attraverso uno spaesamento radicale è uno dei cardini della logica narrativa del genere fantascientifico e una necessità tipicamente ballardiana. Il mutamento del paesaggio, la trasformazione dell'ambiente diventano una specie di reagente, di lente d'ingrandimento per portare alla luce ~ senza cadere nella claustrofobia delle analisi interiori - la psicologia e il fondamentale atteggiamento verso la realtà dei personaggi. Così la società contemporanea è sorpresa e ritratta nel momento della sua fine. È chiamata a giudicarsi per una capacità di durare sui tempi lunghi della natura che non può possedere, con uno sguardo dall'esterno che smaschera ogni illusione prospettica di continuità progressiva. In questo orizzonte dove è stata "alterata profondamente ogni dimensione temporale e sensoriale" (p. 91) emergono le sagome dei relitti e dei detriti, vero motivo centrale dell'immaginario ballardiano. Le sue opere ce ne offrono una notevole galleria: dal bianco hotel abbandonato al limitare della foresta cristallina, fino al traghetto di questo romanzo: "il Salammbo (... ) era giunto al suo ulti_moe definitivo approdo al centro di un fantasmagorica discarica di rifiuti: frigoriferi, stoviglie smaltate, timoni di code d'aerei, antenne radio, insomma una sorta di depòsito morenico di tecnologia moderna" (p. 259). Il relitto è una figurazione complessa nella quale si intrecciano le diverse spinte dell'atteggiamento di Ballard: un desiderio di rigenerazione e di recupero d'armonia (suggerito qui con evidenza dal fiume) strettamente legato alla consapevolezza che quella rigenerazione implica di necessità la cancellazione del mondo precedente, col quale peraltro è impossibile recidere del tutto i legami del ricordo e del sentimento. Sono immagini notevoli e spesso cariche di un pathos sobrio e intenso. Decontestualizzati e privati della loro funzionalità, gli oggetti tecnologici vivono infatti un destino di disfacimento che li assimila a quello proprio dell'esistenza umana che richiamano nelle sue tension,i, pretese e fallimenti. Tra gli oggetti della tecnologia Ballard - nel romanzo, e più in generale in tutta la lunga ultima fase della sua produzione - dedica particolare attenzione a quelli che governano l'immagine e la comunicazione. E anche qui il suo discorso non semplifica. La critica feroce all'inautenticità delle co28 municazioni di massa non è unilaterale: l'imbonitore televisivo Sanger, teorico della necessità di "neutralizzare 1a realtà trasformandola in spettacolo" (p. 194), diviene ~ con le sue illusioni, la sua semicecità e la sua cinepresa rotta - indispensabile a Mallory per terminare il suo viaggio. La civiltà delle immagini produce senso sul vuoto, ma le sue menzogne corrispondono in fondo a un bisogno antropologico di difesa a un autoinganno spesso indispensabile alla sopravvivenza psicologica individuale. A questo contesto non è estranea neanche la straordinaria ed enigmatica figura della ragazzina Nooh, amante-madre-figlia. Immagine della natura, anima e ninfa custode di questo fiume sgorgato dal nulla, ma altrettanto - con la sua irresistibile attrazione per i monitor, i registratori e le videocassette - immagine delle contraddizioni modernissime di "un nuovo tipo di coscienza alimentata, e al contempo amputata, dalle limitazioni del piccolo schermo" (p. 156). Una figura in cui l'utopia di un nuovo inizio non dimentica mai il volto del tempo presente. CONFRONTI " Un'archeologia di Lucentini (quando, senza Fruttero, era un grande) Gianni Turchetta Circa un quarto di secolo dopo la prima edizione Feltrinelli (1964), la collana degli "Oscar Oro" ripropone i tre lunghi racconti che Franco Lucentini ha raccolto sotto il titolo dell'ultimo (per cronologia e posizione nel volume) di questi testi: Notizie degli scavi (peraltro già ristampato di recente, con altre cose di Fruttero e Lucentini, in Il colore del destino, Mondadori, 1987). Storia di un ometto senza qualità, di un ultra-dimesso anti-eroe debole, timido, incapace di inziative, quasi imbecille, o per lo . meno come tale trattato, che campa di piccoli servizi in una più che ambigua pensioncina romana (e che gli altri personaggi chiamano, non si sa se per antifrasi o in virtù di un passato meno squallido, "professore"), giustamente Notizie degli scavi (1964) dà il titolo al volume. La metafora archeologica infatti, con il concorso dell'ironica neutralità finto-accademica della dicitura; suggerisce con discre;ione una chiave di lettura del libro e una visione del mondo. Indecifrabili per l'incolto "professore" ("dentro parevano tazze e bottiglie rotte, chiodi, altri pezzi di ferro che non si capiva"), ma anche per gli archeologi e scrittori di guide ("Quello che era, invece, dice che chi lo sa. Dice che nemmeno loro lo sanno"), gli "scavi" non offrono certo il recupero di un passato, magari glorioso, che dia senso al presente, ma fanno emergere brandelli di un non-presente le cui vestigia scombiccherate sono, proprio per la loro illeggibilità, immagine fedele dell'oggi. Va subito detto però che il racconto non si riduce assolutamente ai suoi significati più astratti, altrimenti lo si potrebbe confondere con tanta rinsecchita letteratura della negatività di oggi. Qui invece ogni personaggio e ogni passaggio della narrazione ha una corposità, un'evidenza rappresentativa tali da far perfino nascere il sospetto che in fondo all'autore importasse soltanto la resa "realistica" dei "fatti". · Ma d'altra parte la forza di questo come degli altri racconti del libro sta nel fatto che l'esattezza dell'ambientazione si sposa sempre con uno spessore simbolico che scongiura il pericolo di un legame troppo vincolante con un momento storico preciso: il che significa anche che queste storie appaiono, a non piccola distanza di tempo, assai resistenti all'usura. Uno dei congegni vincenti ·di Lucentini è sicuramente la costruzione in prima persona del racconto (costante, anche se forse particolarmente coerente in Notizie degli scaFoto Barzacchi o Longanesi ( 1956).

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