CONfRONTI La 11 vita~romanzo'' di Strindberg, lo sgradevole. e aggressivo Strindberg. Fulvio Ferrari Chi voglia conoscere le vicende dell'uomo August Strindberg; saperne di più sulla sua evoluzìone intellettuale, frugare tra le sue letture, i suoi interessi, i suoi studi, si trova di fronte a un singolare ostacolo: una massa sterminata di materiale autobiografico. Nessuno scrittore moderno, cred·o, è stato tanto prodigo di notizie·su se stesso: le quattro parti del Figlio della serva, l'Autodifesa di un folle, la trilogia d'Inferno, il Diario occulto, i quindici corposi volumi finorà pubblicati delle sue lettere (a coprire il. periodo fino al 1907, cinque anni prima della sua morte) formano già un corpus eccezionale, cui bisogna aggiungere i continui riferimenti alla propria esperienza disseminati.in tutta quanta la sua produzione. Ma questo impressionante processo di trasmutazione della vita vissuta in letteratura ha come risultato, per l'appunto, letteratura: Aggirandosi tra le migliaia di pagine che Strindberg ha scritto su se stesso, non bisogna mai scordarsi che si ,tratta di creazione letteraria, di un'immagine di sé che lo scrittore ripropone alla Jet- - tura propria e del suo pubblico. "Strindberg - scrive Olof Lagercrantz nella sua fondamentale biografia pubblicata in Svezia nel 1979 e annunciata da Marietti in traduzione italiana - ha deciso per ogni fase della propria vita come doveva essere inteso, ha dato _ase stesso nome e carattere. Una gran parte della sua produzione viene considerata autobiografica, spesso a torto. Il suo talento di farci credere quel che vuole lui è straordinario''. Possiamo quindi comprendere le difficoltà che si è trovato a dover superare lo scrittore svedese Per Olov Enquist (August Strindberg: Una vita, Iperborea, pp. 282, L. 26.000) quando la televisione del suo paese gli ha affidato il compito di scrivere la sceneggiatura per una serie di sei puntate dedicate alla vita di Strindberg. Sugli schermi italiani quella trasmissione non è mai arrivata, ora però la casa editrice Iperborea - appena fondata, e specializzata in letterature della Scandinavia - ci propone nella traduzione di Andrea Mazza, e con un'introduzione di Franco Perrelli, il "romanzo televisivo" che Enquist ha tratto da quel lavo- · Strindberg nel 1897 (da August Strindberg, Mazzotta 1970). IL CONTESTO ro, un libro che conserva il carattere di sequenza d'immagini pur arricchendosi di commenti, annotazioni, interrogativi che ci fanno sentire la voce dello scrittore Enquist mentre compone il collage della vita dello scrittore Strindberg. Il risultato è affascinante: la scrittura nitida, lineare (e a volte, in svedese, d'una brutalità che il testo italiano quasi pudicamente, ed elegantemente, appanna),· la vicenda drammatica e intensa. La narrazione è un succedersi di quadri, di situazioni che con una tecnica che diremmo impressionistica si uniscono a formare la storia dell'uomo e dell'epoca. Naturalmente, giunti alla fine del libro, è saggio richiamare alla mente che si tratta di un'opera letteraria e non di una biografia "scientifica". Enquist ha dovuto operare una severa selezione del suo materiale, l'ha combinato e arricchito liberamente: alcuni dialoghi sono costruiti con citazioni tratte dalle opere strindberghiane (così la sequela d'insulti al pittore Cari Larsson la si ritrova uguale uguale, con tutta la sua veemente malignità, nel secondo volume del Libro azzurro), alcune situazioni sono inventate di sana pianta (come l'incontro con il giovane Freud), altre - quali l'avventura berlinese con Aspasia, alias Dagny Juel - sono ricostruite a partire da fonti assai incerte e contraddittorie. Mostrando notevoli doti di sapienza, in primo luogo letteraria, Enquist è sfuggito alla trappola costituita dall'alternativa agiografia-demonizzazione, alternativa spesso imposta dalla personalità tanto forte e stravagante di Strindberg. Nel primo capÙolo-puntata, Enquist non cede alla tentazione di seguire il protagonista nell'autocommiserazione profusa a piene mani nella pirma parte della sua· autobiografia Il figlio della serva. Anche gli accenni piuttosto insistiti sull'umile origine della madre sono bilanciati dalla sottolineafura dell'appartenenza di Strindberg - checché egli ne pensasse - alla dasse dei privilegiati. Altrove la tendenza all'identificazione con il personaggio si fa più forte, la descrizione dei nemici dell'intrattabile genio (e il loro nome è legione!) indulge a un'aggettivazione assai partigi_ana: Frank Wedekind è "mellifl_uo", Geijerstam "un imbecille". A Siri viene attribuito un atteggiamento un po' freddo e cinico - come quando scopre la tresca tra il primo marito e la cugina Sofie - che non trova riscontro nelle lettere di lei all'innamorato August. Alcuni episodi sono poi presentati espungendo i tratti più controproducenti per lo scrittore, così il viaggio-inchiesta tra i contadini francesi, nel 1886, vien visto quasi come conseguenza degli ardori socialisti, giovanili e un po' demodé, di Gustaf Steffen, giovanotto di cui Strindberg si libera presto e con una certa asprezza. In realtà si tratta qui di uno scoppio della mania di persecuzione che non lo abbandonerà più e che raggiungerà il suo culmine nella "crisi d'inferno" degli anni 1895-97; e nella sua collera contro Steffen, Strindberg dà sfogo a un sentimento antisemita che non rinnegherà mai e su cui normalmente si sorvola: un antisemitismo fiero 25
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