Linea d'ombra - anno VI - n. 32 - novembre 1988

ILCONTUTO · Marce Longhe · Goffredo Fofi Discutiamo pure di nonviolenza, anche accanitamente, ma senza entusiasmarci ·per conversioni troppo facili o per la voga paciosa delle Marce della Pace. La Marcia della Pace Perugia-Assisi tenutasi il 2 ottobre era intesa a celebrare i vent'anni dalla morte di Aldo Capitini. Mentre nelle altre regioni nulla si è mai tentato per ricordarlo, in Umbria sono anni che si esagera: e Capitini è diventato l'unica bandiera di una sinistra corposamente insediata al potere, è diventato una sorta di facciata buona a coprire le più burocratiche e "normali" (cioè proprio come tutte le altre) delle amministrazioni pubbliche, una sorta di marchietto per nobilitare il quotidiano tran-tran, o cinismo, della politica. Quest'uso di Capitini si è trasferito al PCI romano, e ai giovani della FOCI, i quali già nel '61 avevano sostenuto Capitini nella prima Marcia, ma non da soli e ferma restando "l'egemonia" di Capitini stesso, cioè dei nonviolenti: avevano aderito, non avevano promosso. La differenza non è solo formale: significa un uso, oggi, molto più massiccio di quello di ieri. Vivo Togliatti, si guardava alla nonviolenza con molta ironia, ma la pace era una battaglia comune. Oggi, quella della pace è una parola d'ordine troppo generica nel pacifico mondo occidentale, e PCI e FOCI sembrano farsi sostenitori pieni della nonviolenza. Quanto convinti; c'è da dubitarne. La.Marcia era aperta da vecchie e giovani volpi della cosiddetta sinistra (Castellina, Occhetto, un bel mazzo di ingraiani destatisi da poco dal loro so~o, Pizzinato, l'attivissimo e superficialissimo Folena, e - nientepopodimenoche! - mister Manca della RaiTV e di tante altre organizzazioni ancor meno benefiche di quella ... ) ed era benedetta da un attivissimo padre Balducci che "sponsorizza" la nonviolenza come politica dell'incontro nord-sud e Usa-Urss, rallegrandosi oltremodo delle dichiarazioni "nonviolente" dei capi di stato, ·invero assai strumentali o, né più né meno di quelle dei capi della nostra sinistra, di suono e facciata. Tra tutti questi neo-convertiti ci sono certamente molte, ~i spera anzi moltissime, persone per bene, sincere non solo "a primo livello". Ma mi sembra un tantino preoccupante questa conversione generale, anche nei più giovani, perché vi ravviso una idea della nonviolenza come pacificazione, aconflittualità, rimozione delle contraddizioni, rifiuto di guardarsi a!Jo specchio. Credo, per intenderci, che la nonviolenza abbia fallito quanto la violenza, nei pochi paesi ed esempi in cui è diventata forza propulsiva di cambiamento, anche se continuo a vederne una dirompente possibilità. Temo che possa diven- - tare una sorta di verbale panacea, variante tra tante, risolvitrice di niente. Ma allo stesso tempo capisco - a voler essere, come occorre sempre di più nel mondo occidentale, non ''violenti" bensì "crudeli" nel senso di ricerca senza infingimenti di verità...__che la nonviolenza possa "far éomodo" come nuova ideologia della conciliazione. Quei giovani che marciavano da· Perugia ad Assisi, così soddisfatti di sé, si credevano davvero buoni e nonviolenti senza il bisogno di mettere in discussione nulla della loro "essenza" di occidentali sopraffattori e dalle lunghe zanne, di privilegiatissimi, di com22 plici di fatto di una situazione di potere sempre più radicata. Come le damine della San Vincenzo dei tempi del Cuore. Questa idea di nonviolenza, sono convinto, avrebbe respinto Capitini. E non so neanche quanti di loro, poi (tutti o quasi ignorantissimi del pensiero di Capitini, se non altro perché nessuno ristampa Capitini da decenni) conoscano lo stesso Gandhi. E ci abbiano ragionato su. Per esempio, Gandhi ritiene che si possa dire nonviolento solo chi crede in Dio e nell'innata'bontà del genere umano (ed ecco che tanfi vengono esclusi, a cominciare da chi scrive), mentre Capitini cerca aperture molto più articolate ed europee, che nel nome della nonviolenza possano tenere insieme tensioni umane e politiche diverse. Ma sorio distinzioni, per coloro di cui sopra, superflue, tanto essi sono attenti alla attualità di una moda che può rivelarsi meno costosa di altre, più consolatoria di altre. Una riapertura di discorso sulla nonviolenza dovrebbe po- · ter dire, insomma, la radicale rilettura del rapporto oppressori/ oppressi 'nel mondo contemporaneo (non dico: riella società, ché può venir inteso come problema nazionale quando le nazioni non ci sono più già da tempo, anche se si stenta ad accettarlo); la radicale rilettura del rapporto fine/mezzi Achille Occhetto dopo la Marcia della pace (foto _Giancarlo Papi/li Messaggero). Di fianco: Gandhi alla marcia del sale (marzo 1930).

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