IL CONTESTO scevismo né del secolare spirito russo, ma osservandolo come incontro di onde lunghe e fenomeni di breve periodo, luogo privilegiato in cui rintracciare il nuovci fenomeno rappresentato dal sistema sovietico e le radici ·immerse in un passato più lontano che continuano però a produrre i loro effetti. Fenomeno storico autonomo dal bolscevismo, e anzi in qualche modo suo affossatore, lo stalinismo costituisce per Lewin un laboratorio d'indubbia complessità. L'asse privilegiato attorno a cui sono costruiti la maggior _parte dei saggi, quello che permette questo continuo raccordo tra storia e politica, tra strutture profonde e scelte immediate, è costituito da quello che Lewin chiama "il nesso rurale''. Due rivoluzioni e una guerra civile sconvolsero l'intera rete dei rapporti sociali e politici russi, e contribuirono anche a far vanificare un polo di quel nesso rurale, quello rappresentato dai nobili, dai proprietari terrieri, dalla corte zarista. L'altro polo non fu invece destinato a scomparire tanto facilmente: "fino a tutti gli anni Venti, e anche oltre, i contadini russi hanno conservato intatto il loro aspetto, le loro abitudini, la loro lingua, la loro cultura, le loro credenze e quel fondo di antichissima saggezza espresso nell'immenso tesoro collettivo dei proverbi. Si trattava insomma di un· mondo a parte, che viveva in un tempo diverso dal nostro. Un mondo assai più capace di quello urbano di sopravvivere a disastri d'ogni sorta, di ricostruire daccapo i suoi villaggi e di riprendere ogni-volta la vita di sempre, qualunque fosse l'invasore e dopo qualsiasi calamità" (p.15). La ruralizzazione della società, l'influsso e i mutamenti della vita religiosa, il rapporto col potere e la burocrazia, le idee di giustizia e il riscatto della tradizione contadina e il ridimensionamento materiale del patriarcato rurale, sono tutti fenomeni che permettono a Lewin di cogliere alcuni tratti salienti della crisi dello zarismo e del successo della rivoluzione; tratti che, in parte modificati, costituirono un retaggio ineliminabile della vita degli anni Trenta più profondo di quanto si comprendesse e supponesse. La deurbanizzazione del paese durante la guerra civile accompagnò così la crescita di nuove istituzioni e strutture politiche e l'indebolimento, invece; del sistema sociale ed economico. Il permanere, e anzi il rafforzarsi della ruralizzazione, fa da sfondo alla scelta il cui "prezzo pagato fu esbrbitante" compiuta da Stalin di industrializzare rapidamente il paese. Se il ''nesso rurale" è ormai scomparso e superato, furono i contadini, ricorda Lewin, a fornire il materiale umano all'industrializzazione: "nessuno chiese loro cosa fare o come farlo. Tra- · scinati nel processo industriale essi contribuiròno però in maniera decisiva, magari per vie traverse ad esempio facendo pagare a caro prezzo la rottura del loro guscio rurale al clima culturale degli anni Trenta, e a tutto ciò che in quel clima maturò" (p. 22). Il modo in cui l'occidente ha giudicato "il grande balzo in avanti sovietico", appare a Lewin frutto delle immagini · distorte e dei miti che trovano fertile terreno nei complessi di inferiorità o superiorità tipici dei rapporti tra paesi emergenti e paesi sviluppati. Egli sottolinea comunque le interazioni che fin dal '17 intercorsero tra gli aspetti propulsivi e riformatori dell'economia sovietica e il concomitante sviluppo economico occidentale, auspicando una più equilibrata visione, da parte dell'occidente, dei processi in corso in Unione Sovietica. Sbaglierebbe, comunque, chi accusasse Lewin di trincerarsi dietro il lungo periodo per evitare di affrontare i temi scottanti della realt~ politica e istituzionale iniziata nel '17 e poi modificatasi a più riprese drammatiche e spesso tragiche. 20 Incisione di Vladimir Kozlinski. I rapporti tra soviet e partito, l'organizzazione e la vita interna a quest'ultimo, la cultura politica esistente, le tentazioni e implicazi0ni militaristiche e autoritarie, sono tutti temi affrontati con la maggior acutezza e rigore. È però l'intreccio tra dittatura e nazionalismo che costituisce lo sfondo più significativo di quella "autocrazia nel senso pieno del termine" che fu lo stalinismo: un'autocrazia che fu capace di distruggere lo stesso strato sociale che ne aveva permessa la vittoria e la stessa nuova organizzazione amministrativa che aveva soppiantato il bolscevismo delle origini; ma un'autocrazia anche, dove si riprodussero continuamente come fu chiaro dopo la morte di Stalin "anticorpi che adombravano un altro modello di là da venire" (p. 33). Il tentativo sovietico di muoversi in una direzione economica non capitalistica, l'enorme potere attribuito alla burocrazia dalla pianificazione, la costruzione di un Leviatano · sovietico incomparabile con le costruzioni statuali dell'occidente, Feconomicizzazione dell'intera società, trovarono negli anni Trenta il loro terreno privilegiato. La grande mobilità sociale, l'urbanizzazione continua e sfrenata, l'alfabetizzazione e l'acculturamento di masse sempre più larghe, portò a nuovi privilegi, nuove forme di potere, di consenso; la struttura che ne derivò divenne però "tanto oppressiva da compromettere il senso di emancipazione che pure la contemporanea abilità verticale avrebbe dovuto comportare" (p.44). L'abbandono della precedente politica ed etica rivoluzionaria portò ad una "regressione estrema" in ogni settore della vita civile, regressione che fece riapparire in superficie aspetti della tradizione nazionale che sembravano per sempre abbandonati. Non furono solo la repressione e il terrore a caratterizzare questi anni. La campagna per lo stachanovismo, per esempio, riecheggiò gli appelli "alla tradizione di un popolo contadino, educato dal lavoro nei campi a fornire prestazioni straordinariamente intense per periodi di breve durata''; un modello comportamentale incongruente alla nuova fase industriale ma strettamente inserito in una tradizione culturale e psicologica ancora presente, poteva così affermarsi e non sempre coercitivamente creando tuttavia più problemi di quelli che era intenzionato a risolvere. L'autocrazia staliniana fu l'incarnazione dello squilibrio
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