Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

INMARGINE Non porgere l'altra guancia Grazia Cherchi Succede di tanto in tanto (spesso?) che qualcuno che nei giovani anni militò nella "nuova sinistra", decida di chiudere definitivamente con questa fase della sua vita e magari ci scriva su anche un libro, essendo di professione giornalista. Fatti suoi, sostanzialmente. Ma i compagni cui è stato detto "addio" (e verba manent) dovrebbero prenderne atto e a loro · volta congedarsi da lui. Se ad esempio questo ex compagno si rifà vivo per motivi professionali, chiedendo, che so, un'intervista a un tuttorà compagno su un caso delicatissimo che riguarda il passato politico che li coinvolse entrambi, che cosa si fa? Non avrei dubbi:.gli si nega l'intervista .. Bisogna tralaltro reimparare l'arte di dire di no: "Lo'. de a chi chiude la porta ali'amico che si è lasciato andare!" ha scritto Bertolt Brecht. li lamento del cianciologo_ L'essenziale, si sa, è esserci, mostrarsi, esibirsi, dir la propria su tutto. Non impor-• tano più un accidenti il posto, il pulpito, le idee: sono tutte cose intercambiabili. Fondamentale è girare di qua e di là, portando avanti e _indietro, in su e giù, come vivandiere, i propri cibi precotti, alias gli interventi già confezionati, con incluse le varianti a seconda del tema del convegno. La cosa più insopportabile di questi cianciologi è quando si effondono in lamenti via stampa sul loro esser richiesti dappertutto. Ah, l'assillo del telefono! Ah, i quintali di inviti che ottundono la cassetta delle lettere! Ah, l'auto per l'aeroporto sempre pronta sotto casa! E giù a compatirsi: non abbiamo il dono dell'ubiquità! Eppure è proprio lo stesso nome e cognome che strilla dalle locandine di Benevento, che è pazientemente atteso da una Mercedes alla Malpensa o da una Mercedes alla stazione di Brescia per la tavola rotonda di Gargnano. Chi ci sarà a Benevento? Una controfigura? E alla Malpensa? Un facsimile? E a Brescia? Un gemello, un mutante, un sosia? Un aneddoto personale di antipresenzialista, peraltro senza fatica alcuna, data la scarsità-assenza di richieste. L'anno scorso ero stata invitata, dalla locale "Festa dell'Unità", a un dibattito sul libro di Elsa Morante Pro o contro la bomba atomica, insieme a Berardinelli e a Fofi. Dato che i due amici nella sostanza avrebbero detto le mie stesse cose, e per di più meglio, e di tutto quindi si sarebbe trattato fuorché di un dibattito, avevo gettato la spugna, prègando Berardinelii, se richiesto, di scusarmi. "Non è stata notata la.tua assenza", mi rassicurò il giorno dopo Berardinelli, "ma neanche la nostra presenza". Nello stand accanto a loro c'era infatti un complesso rock: non era possibile una competizione leale da parte di voci umane con quegli ululanti selvaggi. Passa una settimana e ricevo una lettera dagli organizzatori della "Festa" che mi ringraziano calorosamente per il mio intervento. L'importante è non partecipare. Siparietto contro le auto (da Ennio Flaiano) "Automobile. Due o più poltrone sistemate su un telaio d'acciaio ·e mosse da un motore a scoppio. Da mezzo di locomozione a simbolo di prestigio, tutta una carriera che ha trasformato la società del rispàrmio e dei buoni del tesoro nella società dei consumi. Ormai, come il vino nuovo negli otri vecchi, ha sconvolto le nostre città, contribuisce coi suoi gas di scarico a inquinare l'atmosfera e coi suoi rumori ad avviarci verso la demenza. Procura al suo utente le massime soddisfazioni; se usata a lungo nelle città sovraccariche di traffico predispone all'infarto del miocardio, se usata di domenica fuori- città favorisce la morte violenta del guidatore, o nel migliore dei casi di chi gli siede accanto". "Autostop. Autostop di bella ragazza dtira poco. Temibili gli autostoppisti agricoli; che portano sacchi di sementi o falci appena arrotate. Attenzione ai campeggiatori, a meno che la vostra macchina non sia ventilata. Non prendere a bordo rapinatori vestiti da monache: sono i peggiori". "Precedenza. Ricordarsi che la più grande tragedia di tutti i tempi, la tragedia esem- _plare, quella che secondo Freud ci riguarda personalmente, comincia con un ingorgo, ad un incrocio; a quell'incrocio dove Edipo, per una questione non risolta di precedenza, uccise il padre, il re Laio" (Ennio Flaiano, L'uovo di Marx, Scheiwiller). Gens insana Chissà se dopo la pausa estiva riprenderanno a imperversare, alla Tv e sulle gazzette, le polemiche prefabbricate che ci accompagnano all'incirca da un anno, quelle - ricorderete - a base di stroncature, torte in faccia, insulti, lazzi e sberleffi. La gente mi sembrava cominciasse a dar segni di stanchezza, avendo più o meno capito che era tutto "fatto in casa", nel senso che allo sgambetto compiuto in diretta sarebbe seguita una_stretta di mano, a un colpo basso un brindisi con calici di champagne (e ci fu un giorno un eloquente infortunio: una telecamera birichina inquadrò non prevista due di questi presunti schermitori che, dopo esILCONTESTO sersi infilzati, si stavano congratulando l'un l'altro con grandi pacche). Non so se riprenderanno, ma temo di sì. Ho di recente letto un pezzullo dell'incontenibile Giuliano Ferrara dal titolo Gens sana. Ferrara mette in guardia la gente che ha la tendenza a starsene da sola, che non vuole socializzare più che tanto, e magari preferisce rimanersene a casa piuttosto che imbrancarsi in una compagnia "malvagia e scempia". E lo fa con la solita autorevolezza, citando gli Usa (inchiniamoci) e un loro _rapporto (il "rapporto Ho use": boh !) ad opera di ricercatori dell'università del Michigan. Dopo aver studiato per una dozzina d'anni un campione di 37 .000 persone, i ricercatori hanno cosi concluso (cito da Ferrara): "L'isolamento sociale è tanto pernicioso per la salute quanto il fumo, la pressione alta, un tasso spropositato di colesterolo, l'obesità e la vita totalmente sedentaria". Non solo, rpa "coloro i quali hanno relazioni sociali deboli o inesistenti si assumono un rischio di malattia e di morte doppio rispetto a quello di quanti coltivano con intensità tali rapporti". Ferrara, che pensa sempre al nostro bene, ci invita quindi a darci ad abbuffate di frequentazioni, di cui ci offre un'immagine allettante: "Stabiliamo le convenzioni necessarie, sociali e mondane per avere ciascuno, cannibalescamente, un pezzo dell'altro. Magari per sbranarlo, per farne uno scalpo, un trofeo delle giornate più intimamente cattive e.aggressive della nostra personal!tà". Il commercio umano ci è indispensabile, ora, grazie al rapporto americano, anche per motivi di salute. Vorrei ricordare a Ferrara che siamo tutti condannati a morte, chi prima e chi poi. E che forse una delle poche cose che personalmente posso ancora permettermi, nel pezzo o pezzullo di vita che mi resta, è di non andare a cena ton certi "amici" che lui così ben descrive ("Tutti o quasi tutti vanno a cena con amici sempre più odiandosi un poco, e odiandoli. Un gioco che si ripete, ammiccamenti simili gli uni agli altri, discorsi oltraggiosamente noiosi ... "), e se sto sola in casa (e una malattia funesta inevitabilmente seguirà) di evitare la compagnia di Minoli o Bagnasco o Arbore o Ferrara, ecc: ecc... Per poco, trovo sempre qualcosa di meglio da fare piuttosto che guardare la Tv. E pazienza se Ferrara vivrà il doppio di me. 7

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