Linea d'ombra - anno VI - n. 31 - ottobre 1988

STORIE/SWln Highgate con la sua tinta cadente, l'umidità alle pareti e il vasellame incrinato, e soltanto i brontolii di Mrs Murdoch, la domestica, a rompere la monotonia. Mi si deve biasimare per essermi sottratto a quella sepoltura rifugiandomi tra le braccia di una maestrina passionale, intelligente, prosperosamente attraente, che, a 35 anni, era invece preoccupata per il trascorrere degli anni? Ma qui covavano, ahimé, i germi della catastrofe coniugale. Il nonno aveva visto giusto. Un vero Krepski, legittimo custode dell'Orologio, avrebbe dovuto sposare, se proprio doveva farlo, una moglie stupida, insignificante, e sterile. Tutto il contrario di Deborah: che era un fenomeno mutevole, toccato all'improvviso, ad un'età pericolosa per una donna, dalla prospettiva di soddisfare la propria femminilità. D'evo descrivere la nostra come una pura e semplice unione coniugale? Oppure offrire di me l'immagine della figura discreta, posata, semipaterna (avevo otto anni più di lei) che prende sotto la propria ala protettiva una creatura un po' fragile e spaurita? No: quei primi mesi furono un turbine, un vortice in cui fui risucchiato, piano.dapprima e, poi, con voracità crescente e disinibita. Le pareti del nostro appartamento al primo piano vibravano agli assalti furibondi della passione femminile e rimandavano l'eco delle grida di Deborah (poiché al culmine dell'estasi Deborah gridava in modo assordante). Ed io, strumento inconsapevole e passivo al principio, figura d'argilla in cui la vita viene soffiata e modellata in fretta, mi resi alljimprovviso conto che da trent'anni la mia vita era regolata da orologi; che per coloro che non son.odei Krepski, il Tempo non è un servo ma un antico ed implacabile nemico. A loro è concesso soltanto un periodo di tempo limitato su questa .terra e vogliono perciò vivere, aver vissuto. E quando gliene viene offerta la possibilità l'afferrano con .furia vorace. Deborah, come tutto avrebbe potuto essere più semplice se non fossi stato un Krepski. Talvolta, in quei giorni lontani, mi svegliavo amorosamente stretto dal corpo sempre disponibile di mia moglie e gli anni di Goswell Road parevano cancellati. Ero di nuovo il ragazzo di·quell'intrepida sera d'estate a Highgate, allettato dall'abbraccio del mondo. Ma poi, in un attimo, mi tornava alla mente il nonno; già al lavoro al suo tavolo, con il Grande Orologio ticchettante nel taschino, l'orologeria, il sangue che, asservendo il tempo, scorreva nelle mie e nelle sue vene. Quanto sarebbe facile la scelta se la passione fosse infinita e illimitata. Ma non lo è, questo è il problema; deve essere conservata e bisogna conferirle stabilità. Tutti si deve stipulare un patto con la storia. La marea equinoziale del matrimonio rifluisce, è noto, assumendo ritmi più efficaci, sani, lenti; l'incandescenza s'attenua propagandosi, ma non va perduta. Tutto questo fa parte del corso naturale delle cose ed ha il suo naturale e giusto fine. Fu qui invece·che le nostre strade si divisero. A volte, attraverso l'inferriata arrugginita del campo da gioco della scuola dove ci incontravamo per il pranzo, osservavomia moglie. Aveva sulle guance una luce salutare e delicata. Chi avrebbe potuto immaginare la provenienza di quella luce? Chi avrebbe potuto immaginare di quali abbandoni fosse capace questa rispettabilis0 78 sima creatura nell'intimità della sua stanza. E tuttavia quell'abbandono non fu più assecondato; fu raffrenato, negato (avevo imparato a goderne) e sarebbe stato offerto liberamente solo in cambio di un. più durevole dono. E come non capire di quale dono si trattasse a vederla lì, nel cortile della scuola, con il fischietto appeso al collo, in mezzo a quei bambini urlanti, accarezzare ora il capo di un battagliero ragazzino con le ginocchia sbµcciate ora una bimba giamaicana con le treccine, come a non lasciar dubbi sulla sua intenzione, ben sapendo che la osservavo. Le avevo forse detto in tutti quegli anni del Grande Orologio? O che avrei probabilmente potuto sopravviverle di un secolo e che la nostra vita insieme - che era tutto per lei - sarebbe potuta divenire (com'è, ahimé, accaduto) soltanto una semplice oasi nel deserto della memoria? CJ;1eil nonno, che lei considerava un gagliardo settantacinquenne, aveva in realtà il doppio di quegli anni? E che, infine, in noi Krepski, ogni istinto di paternità è spento? Che non abbiamo bisogno di figli che portino la nostra immagine nel futuro a rappresentare un frusto baluardo contro l'estinzione. No. Non le avevo detto niente di tutto questo. Tacevo nella sciocca - ingannevole? - convinzione di poter essere preso per un comune mortale. Se glielo avessi detto - questo mi rassicurava - non m'avrebbe forse considerato pazzo? Ma poi, perché. non respingere gli scrupoli lasciatimi in eredità e dare un figlio a questa donna con cui avevo, anche solo per poco, esplorato il regno della passione? Eravamo al quarto anno di matrimonio. I suoi quarant'anni si approssimavano minacciosi. Io ne avevo 47, un momento in cui altri riconoscono i segni dell'età mentre io-sentivo soltanto la corazza protettiva dell'Orologio stringermi, l'immunità dei Krepski opprimermi come uno strumento di tortura. Caro Padre Stefan, pregavo fiducioso. Ma dai freddi abissi dello Skaggerak o di Heligoland Bight non venne alcuna risposta. Mi parve d'udire invece un sospiro spettrale provenire dalla lontana Polonia; e un mormorio rabbioso, forse, più vicino al rivoltarsi del bisnonno Stanislaw nella sua tomba di Highgate. Ogni giorno guardavo negli occhi del nonno che mi rimproveravano muti. Fra me e Deborah fu la guerra. Bisticci, liti, minacce. E infine, gettandomi alle spalle ogni sotterfugio, glielo dissi. Non pensò che fossi pazzo. Qualcosa nella voce, nel mio atteggiamento, le disse che non si trattava di pazzia. Se fosse stata pazzia, forse sarebbe stato più facile da sopportare. Sbiancò. · Il suo universo, coh un unico tratto crudele, veniva sconvolto. La sua riserva d'amore, la sua carne bramosa, il suo grembo vuoto erano scherniti e sminuiti. Mi guardò come fossi stato un mostro con due teste e una coda di pesce. Il giorno dopo fuggì - dire che "mi lasciò" non rende l'idea-, e piuttosto che vivere un'ora di più con la mia indefinita riserva d'anni, ritornò da sua madre che, poveretta, era malata, bisognosa di cure e che sarebbe, di lì a poco, morta. · (traduzione di Giovanni Pillonca e Giovanna Cimino) Copyright Graham Swift 1988. La fine al prossimo numero.

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