STOiHE/SARSINI aiutava a imparare le canzoni a memoria, aveva un amico albino, uno il cui padre era proprietario di una rosticceria, uno con cui durante le gare di corsa facevo di tutto per perdere perché mi sembrava impossibile che una bambina potesse vincere contro un maschio. Aveva un amico che per Carnevale mi gettò sul vestito un inchiostro che a contatto dell'aria diventava trasparente, e uno che si chiamava Bruno e che fu il primo a baciarmi, sotto un cespuglio di asparagina. La mamma mi passava i vestiti di Lapo quando per lui diventavano piccoli, poi venivano passati a Laura, che si arrabbiava perché non aveva mai la possibilità di indossare un abito nuovo. Era vanitosa, la domenica si metteva in piedi sul tavolo e tra i resti del pranzo ballava imitando le ballerine della televisione. Lapo era un bel nome. Me lo ricordo mentre chiacchierava con il babbo, seduti sulla stessa poltrona vicino al tavolo da pranzo. Andavano a caccia insieme e fu con mio padre che Lapo vide per l'ultima volta il mare, a Bari, dove il babbo aveva un'amica della cui figlia credo che mio fratello si fosse innamorato. Ho.alcime fotografie bellissime di Lapo tra i trulli, a ridosso di uno scoglio con un asciugamano l} pois scoloriti contro la schiena nuda. Ho molte fotografie di me con Lapo a scuola durante la mia Comunione, a tavola in campagna, vestiti in maschera, nei giardini di qualche matrimonio, nella sua camera in città, una stanza asettica con .cui non riesco a collegarlo e che la mamma ha trasportato in una stanza della cantina senza togliere i vestiti dall'armadio, i quaderni dai cassetti. Una volta ci portarono al mare, eravamo piccoli e Lapo aveva paura di nuotare. Così mi buttai da uno scoglio e attirando su.di me l'attenzione si dimenticarono di lui e lo lasciarono stare a ripararsi. Dormiva composto, al mattino svegliandomi trovavo le mie coperte in fondo al letto, Lapo invece dormiva immobile, a lungo, a causa sua arrivavamo in ritardo a scuola. Ricordo la forma carnosa delle sue labbra, i denti larghi e bianchi, il suo profumo particolare, i quadri che dipingeva. Il babbo lo aiutò a farsi un autoritratto che è in camera della zia, e che sarei felice di sottrarle se fosse stata meno buona con noi, meno compagna di giochi. Con lei andavamo a traversare i torrenti, avevamo una tenda da indiani, e una volta ci portò a fare una gita ai laghi, dove nel pullman cantavano tutti. Lapo era un bambino elegante, raffinato. Mescolava la gentilezza a una paura e una passione che mi rendono comprensibile l'ipotesi che io lo proteggessi. Voleva bene alla nonna, forse perché si spmigliàvano fisicamente, ed era preoccupato per i nostri genitori perché litigavano. Una volta prendemmo dei coltelli da cucina e dichiarammo in corridoio che ci saremmo uccisi se non smettevano di gridare. Non si può dire che lo abbia ascoltato, ho agito con lui dentro un gioco di combinazioni e di compensazioni che mi impediscono di ricordarmi di lui senza di me. Qualche volta in campagna dormivamo nella camera degli os·piti, ci mettevamo uno con la testa in cima e l'altro con la 68 testa in fondo allo stesso letto. Era come se i nostri corpi fossero ancora più vicini, ancora più unit~. Quando faceva freddo mettevamo uno scaldino sotto le coperte, dentro cui ci vestivamo quando ci svegliavano presto per partire per le vacanze. La mattina di Natale mi svegliavo all'alba dopo che il babbo la sera precedente era passato sotto le finestre suonando delle campanelle per fingere che si trattasse della slitta di Babbo Natale. Svegliavo Laura e Lapo, scendevamo in punta di piedi le scale e andavamo a vedere i regali. Laura inzuppava il pane nel vino e all'insaputa di tutti si prendeva delle ubriacature tremende. · Lapo corre qua e là nella mia memoria con una fionda, una balestra, l'arco e le frecce. Quando ho avuto trent'anni ho saputo che nella nuca di mio fratello eranci. stati trovati numerosi pallini di una cartuccia. Forse si è alzato davanti a Lorenzo mentre lui sparava. Lorenzo tornato dal campo andò a ripararsi verso la vasca in cui le donne lavavano i panni. Piangeva tenendo le mani sul voltò e diceva di non averlo fatto apposta. Lui e la sua famiglia se ne andarono e tornarono a vivere m:lla periferia della città. Mi è capitato di incontrare suo nonno che camminava spaesato o più spesso stava fermo nelle strade asfaltate in discesa, o a un crocevia. Dove Lapo è morto il nonno ha collocato tre arnie, le api che ronzano intorno a un fico piantato lì accanto una volta mi rincorsero lungo la viottola, dandomi l'opportunità di gridare come una che non ne possa più. Lapo aveva una piccola macchia rossa all'attaccatura dei capelli, che gli sfioravano il collo. Se fosse cresciuto sarebbe scomparsa, come è accaduto a quella di mia sorella. Non sono andata al suo funerale, raramente a visitare la sua tomba, la mamma l'ha addobbata come un comodino con angeli di legno, fiori, candele. Vorrei che mio fratello riapparisse, vorrei riconoscerlo tra altri. Mi ricordo di un giorno in primavera in cui feci una gita in bicicletta con i figli dell'amica del babbo. Arrivati nei pressi del cimitero, che si trova alla periferia della città e segna il confine tra le ultime case di cemento e le colline coltivate a ulivi, scendemmo dalle biciclette e ci riempimmo le braccia di un fascio di margherite gialle che portammo a Lapo. Io non manifestavo la mia commozione perché non credevo che se mio fratello avesse potuto vedermi sarebbe stato contento di rendersi conto attraverso i miei gesti che accettavo la sua condizione di scomparso. E poi mio fratello aveva assunto i conrtotati di quello che aveva pagato per altri, come se il suo messaggio di bene venisse sopportato a fatica dalla nostra famiglia e fosse necessario toglierlo di mezzo per disintegrarla una volta per tutte, come effettivamente è successo già da quando all'ospedale davanti alla sala di rianimazione i miei genitori come uccelli rotti dovevano muoversi intorno a lui, chi facendo voti alla Madonna e chi telefonando agli amici perché le parole da narrare avessero più presa sulla realtà della realtà stessa, silenziosa e incorruttibile. Avevamo soltanto un bagno, la cui porta come quella di tutte le altre stanze si apriva su un corridofo. La mattina fa-
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