LAPO Monica Sarsini M io fratello era biondo, aveva un ciuffo di capelli biondi sul volto morbido, occhi azzurri e una bocca carnosa. Aveva paura di morire e appena gli usciva il sangue dal naso oppure cadeva, chiamava la nonna e si chiudeva con lei in bagno dove cercava di arginare quella ferita con una paura che adesso mi dà l'impressione di un accadimento contro cui lottasse e a cui alla fine si è arreso pur di farla finita. Tornava tardi da scuola perché si fermava nella piazza con gli amici per giocare a pallone. I suo.iamici avevano soltanto un anno più di me, mi facevano timidamente la corte e mio fratello ne andava fiero. Dormivamo nella stessa camera, dove dicevamo insieme ad alta voce le preghiere, aggiungendovi raccomandazioni particolari, come quella di non farci trovare spilli sul cammino e che i nostri genitori smettessero di litigare. Andavamo nella stessa scuola, sul pullman con cui venivano a prenderci scambiavamo con gli altri bambini le figurine dell'album. Io ero brava a scuola, lui disegnava bene, specialmente i fumetti, con cui decorava la tovaglia di plastica che la nonna metteva sul tavolo quando andavamo da lei per fare i compiti. Lapo raccontava alla nostra sorella più piccola fiabe per farla mangiare. Quando a tredici anni ebbe la sua camera, mi prendeva sulle ginocchia e mi raccontava dei suoi amori, dei suoi desideri per le ragazze. Io ne ero gelosa, non mi piacevano i suoi tipi di donna, erano bionde e superbiose, amiche anche mie c)1e mi facevano sentire debole. Quando uscivamo insieme il pomeriggio per andare al cinema, mi arrabbiavo con lui perché sputava per terra o comunque si comportava in un modo che nonostante il suo aspetto di principe mi sembrava potesse farci fare delle brutte figure. Eravamo cresciuti in campagna, a eccezione dei periodi scolastici abitavamo in campagna nella.casa dei nonni, oppure al mare, dove me lo ricordo tra le cabine, sulla sabbia polverosa, in bicicletta nelle pinete dove si nascondeva per fumare. Me lo ricordo la sera in camera nei nostri letti alti tra cui una volta mi sembrò di veder apparire u.n folletto che rideva, e sullo sportello dell'armadio un lupo che cacciai con una linguaccia, dove controllavo se sotto le coperte non si fossero annidate in mia assenza famiglie di serpenti intrecciati, dove i vestiti appesi alla finestra mi sembravano assassini, dove prima di dormire salutavo i tappeti e pretendevo ordine, dove bisbigliavamo provocandoci, dove si faceva vedere· nudo e inventavamo storie d'amore, dove prima di addormentarmi immaginavo l'inferno, castelli pieni di stanze di tortura nelle quali dovevo stare attenta a non precipitare tra le fiamme e camminavo aggrappata alle pietre lungo corridoi stretti che si affacciavano su incandescenti IUoghi di dolore. Lapo insieme al nostro cugino ammazzava le galline con· l'arco e le frecce, mia sorella i gatti affogandoli nella conca dell'orto dopo averli chiusi in un sacco. Il cane, che ammazzava i gatti dopo averli rincorsi tra la palma, le rose e i fiori di loto nella vasca di pietra, una volta staccò un orecchio alla capra, e la contadina che veniva una volta l'anno a piedi da un paese vicino, si sedeva su un gradino della porta verde del granaio e castrava i galletti, tenendoli stretti tra le ginocchia. I contadini verso il tramonto andavano al balzello, .da cui tornavano spesso con delle belle lepri. Crescendo anche Lorenzo, figlio del pastore, divenne bravissimo a centrare gli animali e riusciva a colpire una lepre anche a sassate. Lapo andava pazzo per i fagiani. Io in Casentino, dove andavamo per comprare il maiale e la ricotta e dove ci fermavamo per cogliere nei boschi fragole e lamponi, una volta presi con le mani una trota in un ruscello e la Lidia, che stava dietro alla nostra sorella quando era anemica, ce la cosse in padella. La Lidia ci faceva anche gli spumoni con il bianco d'uovo e lo zucche'ro, e polpette.che si sbriciolavano nella teglia. Le mangiavamo in cucina prima dei nostri genitori, Laura su un seggiolone bianco che serviva anche per giocare ai palombari. Lapo spesso spiava dal buco délla serratura della porta del salotto per vedere la televisione. Lapo non cantava, fischiava e portava il suo pointer a correre lungo i poggi con un cappello sulla cui falda ondeggiavano lunghe penne di fagiano. Si metteva le dita nel naso e mangiava a merenda sfilatini con il tonno, aveva un odore particolare, ed eravamo insieme a cercare la legna q_uando nacque nostra sorella. Avevo quattro anni e Lapo uno più di me, eravamo con nostro padre, che doveva avere meno di trent'anni, e tornammo a Firenze nella casa dei nonni, dove nel letto davanti il uno specchio ci appàrve per la prima volta Laura, una femmina sensuale con ùn neo nel lobo dell'orecchio sinistro. Lapo ha vissuto il suo primo anno di vita senza di me. Se non avesse voluto punirmi per questo, non mi avrebbe fatto il dispetto di morire così presto. Il giorno prima di Natale venne in cucina dove stavamo preparando gli addobbi, mi chiese dove fossero le cartucce, gli risposi di andarsene e di non farsi vedere. Uscì con Lorenzo, si diressero .verso i campi sotto le finestre della cucina, dovevano essere le quattro dei pomeriggio, Laura e io eravamo nella stanza del caminetto dove era stato trasportato l'abete quando udimmo un grido, e credendo che la mamma avèsse preso la scossa decorando il lampadario del salotto, corremmo verso di lei, che era in piedi sulla porta dell'ingresso e guardava fuori, dove un contadino portava in braccio Lapo salendo dal campo. Lapo aveva gli occhi rivolti verso d(me, ma io emulando la mamma mi misi a gridare e voltai la faccia per non vedere la sua, coperta di sangue. Lorenzo dopo qualche giorno mi raccontò che Lapo cadendo aveva detto che quella volta sarebbe morto davvero. Lo portarono all'ospedale, Laura e io rimanemmo in casa dei contadini affacciate alla finestra sperando che tornassero subito. Inveèe vennero a prenderci e ci portarono in città dai nonni; dove per tutta la notte sentii la nonna che parlava al telefono. La mattina di Natale andai sulle ginocchia del nonno per chiedergli di dirmi la verità, se Lapo era morto, e alla fine piangendo mi rispose di sì. Ho odiato anche lui, perché non mi sono sentita meno sola quando mi ha risposto. Lapo era elegante, si divertiva con i suoi amici, era sempre intorno a me dato che dormivamo insieme. Possedeva una collezione di soldatini, un giradischi azzurro con cui mi 67
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